Laici Missionari Comboniani

XVIII Capitolo Generale dei Missionari Comboniani

Capitulo MCCJ

E’ iniziato ufficialmente, con la messa di inaugurazione, il XVIII Capitolo Generale dei Missionari Comboniani.

I membri del Capitolo hanno avuto tempo una settimana per prepararsi al capitolo.

Il Capito terminerà il prossimo 4 ottobre. Durante questo periodo, restiamo in preghiera per il buon progresso dell’incontro, il bene della Famiglia comboniana e della missione alla quale siamo chiamati.

Per avere informazioni sul Capitolo, Vi invitiamo a visitare il sito ufficiale dell’istituto maschile dei religiosi “www.comboni.org“, dove oltre alle notizie di tutti i giorni, troverete una serie di video denominati “Voci del Capitolo” dove i partecipanti al capitolo illustrano alcuni fra gli argomenti importanti trattati e lo svolgimento delle sessioni e degli incontri.

Restiamo uniti nella preghiera.

Capitulo MCCJ

Messaggio di P. Enrique per la festa del Sacro Cuore

Sagrado Corazon

“Chiediamo la grazia di diventare dei consacrati gioiosi e felici perché portatori nel cuore del tesoro di quell’amore che sgorga dal Cuore trafitto del Signore che san Daniele Comboni scoprì come fondamento su cui costruire la sua missione e al quale si affidò senza mettere limiti. La fiducia nel Cuore di Gesù diventi anche per noi sorgente perenne di un amore che ci aiuti a vivere la nostra consacrazione come il dono più bello che ci sia stato concesso. Buona festa del Sacro Cuore”. P. Enrique Sánchez G. mccj, Superiore Generale.

 

Consacrati nel Cuore di Gesù

Le parole consacrazione e consacrati, con tutti i loro sinonimi, hanno la possibilità di essere approfondite e integrate nella nostra vita, in modo particolare durante quest’anno destinato alla vita religiosa o consacrata, nella misura in cui ci concediamo un momento per la riflessione e, forse, ancora di più, per il ringraziamento per questo dono.

Allo stesso tempo, queste parole rischiano di svuotarsi del loro significato e della ricchezza di cui sono portatrici, se non le confrontiamo con l’esperienza della nostra vita; se non diamo, con la nostra vita, un senso autentico a quello che affermiamo con le parole.

Siamo consacrati. Basta poco per fare quest’affermazione che, però, non appare così evidente quando chiediamo alla nostra testimonianza di vita di esprimere il contenuto di quella che è stata la scelta della nostra vita.

Anche se va detto subito che ci sono esempi estraordinari, molto vicini a noi, di persone che della consacrazione hanno fatto un tesoro e la cui vita si è trasformata in una luce capace di penetrare le tenebre più oscure, oggi abbiamo bisogno di fermarci e chiederci quanto la nostra consacrazione a Dio definisce e caratterizza la nostra identità e il nostro agire.

Riflettere sulla nostra consacrazione può diventare un’occasione straordinaria per appropriarci meglio di ciò che vogliamo dire quando ci riconosciamo persone consacrate a Dio per la missione.

 

La nostra consacrazione missionaria

Come aiuto per la nostra riflessione, in particolare in occasione della festa del Sacro Cuore, mi piacerebbe condividere con voi alcuni brevi pensieri che possano essere delle provocazioni a chiederci quanto e come stiamo vivendo la nostra consacrazione religiosa e missionaria.

Papa Francesco ci ha invitato a fare un esercizio di memoria, per riconoscere nel passato il dono della nostra chiamata, del nostro carisma, lasciando scaturire dal profondo del nostro cuore la gratitudine, la riconoscenza per questo dono. Ci ha raccomandato di contemplare il presente della nostra consacrazione per viverla con passione, senza fare calcoli, con la generosità e l’entusiasmo del primo momento, quando nel silenzio complice di Dio abbiamo sentito pronunciare il nostro nome e sognato una missione senza frontiere.

Il Papa ci ha chiesto di guardare al futuro con speranza, che vuol dire fiducia in Dio, nella sua vicinanza, nella certezza che Lui continua a custodire nel suo cuore un progetto per l’umanità che nessuno potrà impedire, perché sarà sempre un progetto d’amore e l’amore non si ferma di fronte agli ostacoli.

Vivere la nostra consacrazione missionaria in questo modo ci porta a riscoprire, a fare di nuovo l’esperienza della gioia del primo momento della nostra chiamata, e a dire con semplicità, Signore, quanto sei stato grande fissando il tuo sguardo su di me! Non potevi farmi un dono più straordinario.

Essere missionario è stata la scelta migliore che hai fatto per me; grazie, perché sei rimasto fedele e perché quello che mi è accaduto tanti anni fa continua a mantenere la sua freschezza.

Grazie per un presente missionario che ci sfida. La tua chiamata a volte rischia di essere oscurata da tanti ostacoli che troviamo sul nostro cammino. Ci manca la tua passione, il tuo ardore, il tuo coraggio per non lasciarci vincere dall’indifferenza del nostro tempo, dal consumismo che ci circonda, dall’edonismo superficiale che ci assale con le sue trappole, che fanno crescere l’egoismo e la superficialità.

Abbiamo bisogno di passione missionaria, prima di tutto per credere in te con tutto il nostro cuore, per scoprirti presente nel fratello che soffre, nella sorella che è maltrattata, nel giovane condannato a vivere senza la possibilità di sognare un futuro degno, per uscire dalle nostre sicurezze e dalle nostre comodità.

Signore, ci fa bene riconoscere con umiltà e semplicità che ci manca la passione che non ha paura del sacrificio, della rinuncia, dell’abbandono, quella passione che permette di lasciare tutto per fare di te e della tua missione il tutto della nostra vita.

Ci hai dato una vocazione che fa di noi dei privilegiati, perché hai scelto per noi, come luogo per incontrarti, i più poveri, i lontani, quelli che non contano agli occhi dei nostri contemporanei.

“La speranza di cui parliamo – dice il Papa – non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia” (2Tm 1,12).

E noi vogliamo vivere nella speranza, non possiamo non farlo, quando siamo stati testimoni della tua fedeltà, della tua fiducia, della tua premura verso di noi. Non ci spaventa il domani perché sappiamo che tu ci hai preceduto e hai preparato un domani che sarà completamente diverso da quello che avremmo potuto costruire con le nostre forze e con le nostre risorse.

Non abbiamo paura di diminuire, di morire, perché siamo convinti che dove sei presente la vita non può che vincere e che sarai sempre tu a scrivere la bella storia della missione che diventerà anche la nostra.

 

Una consacrazione nei piccoli e grandi dettagli

Quando si parla di consacrazione, mi piace dire che ci riferiamo ad un’esperienza, a una vita che portiamo avanti nei piccoli e grandi dettagli della nostra esistenza, nel quotidiano del nostro agire e nel realizzare il sogno che portiamo nel cuore come ideale che ci spinge ad andare sempre più lontano.

Mi piace dire che essere consacrati non è altro che accettare con gioia che la nostra vita è nelle mani di Colui che ci ha fatto vivere. È accettare che siamo proprietà del Signore, che siamo o stiamo diventando dono di Dio per l’umanità.

Quante volte abbiamo sentito dire che il consacrato o la consacrata sono persone che liberamente hanno accettato di rinunciare a tutto per permettere a Dio di realizzare il suo sogno di amore per l’umanità.

È bello pensare così, perché ci aiuta a capire che la consacrazione non è un’opera che nasce dalla nostra volontà o dalle nostre capacità, ma un’esperienza di grande libertà, di generosità e soprattutto di profonda docilità.

 

Che cosa vuol dire consacrarsi a Dio?

Consacrarsi a Dio vuol dire educare il nostro cuore a vivere sempre aperto e disponibile a quello che Lui vorrà fare di noi. In questo senso, consacrazione è sinonimo di abbandono, di obbedienza e di coraggio, perché con il Signore si sa dove comincia l’avventura, ma non si sa fino a dove ci condurrà.

Parlare di consacrazione significa entrare in un mondo in cui i nostri parametri non funzionano più, perché si entra nel mondo del mistero di Dio, che spezza tutte le nostre logiche e i nostri calcoli e capovolge tutto, diventando Lui il protagonista della nostra storia e il padrone della nostra esistenza.

E qui ci vengono in mente tante frasi del Vangelo: “Non siete voi che avete scelto me, sono io che vi ho chiamato”(Gv 15,16); “Questo è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3,17).

Quanta forza risuona nel messaggio di Paolo, quando ricorda com’è stato scelto e come, nel suo ministero di apostolo, ha potuto constatare che “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8,28).

Allora, la domanda che sorge spontanea è molto semplice: chi è, in fondo, colui che si consacra?

Quante volte, nella nostra vita, dovremo riconoscere che siamo andati avanti perché il Signore non si è tirato indietro? Quante volte ci accorgeremo che non sono le nostre qualità, i nostri meriti o le nostre virtù ad averci reso meritevoli del dono della scelta che il Signore ha fatto con noi?

Abbiamo una grande responsabilità di custodire e far crescere la grazia ricevuta dal giorno in cui abbiamo risposto di sì al Signore. Ci ricorderemo sempre che Dio chiama e non cambia parere col passare del tempo? A quale fedeltà ci sfida?

 

La testimonianza di san Daniele Comboni

“Avendo un estremo bisogno dell’aiuto del Sacro Cuore di Gesù, Sovrano dell’Africa Centrale e che è egli stesso la gioia, la speranza, la fortuna e il tutto dei suoi poveri Missionari, mi indirizzo a lei, amico, apostolo e fedele servitore di questo Cuore divino così pieno di carità per le anime, le più sfortunate e abbandonate della terra.

Oh, come sono felice di trascorrere una mezz’ora con lei, per raccomandare e confidare al Sacro Cuore gli interessi più preziosi della mia laboriosa e difficile missione, alla quale ho votato tutta la mia anima, il mio corpo, il mio sangue e la mia vita!” (Scritti 5255-56).

La consacrazione del comboniano, per essere vera e fonte di felicità, cercherà sempre di rispondere a questa chiara convinzione di Comboni, dovrà essere cioè consacrazione che nasce dall’esperienza dell’amore che sgorga dal Cuore di Gesù. Il Cuore di Dio che ha amato tanto l’umanità e che non ha avuto dubbi nel consegnarle suo figlio, l’unico, per amore.

È da questo amore che trae origine e si sostiene la nostra consacrazione. È e sarà sempre da questo Cuore aperto che potremo ricevere la luce e la forza per vivere soltanto per Dio e per la sua opera. È dal Cuore di Gesù che dovremo imparare come si diventa uomini di Dio, che trovano la loro gioia nel servire la missione con un cuore indiviso.

Sarà sempre il Cuore di Gesù che ci aiuterà a guardare al futuro senza cadere nello scoraggiamento, nella tristezza o nella delusione, perché dal Cuore di Dio nascono sempre cose nuove per il bene di tutti quelli che si aprono all’amore.

Come Comboni, dovremo imparare a non spaventarci di fronte alle difficoltà della missione che siamo chiamati a vivere. Sarà sempre un’opera laboriosa e difficile, ma non dobbiamo dimenticare che si tratta della missione di Dio e non della nostra. È la missione del Signore, nella quale noi siamo chiamati a diventare semplici collaboratori, mediazioni del suo amore.

Come il nostro santo fondatore, anche noi siamo invitati, chiamati a vivere fino in fondo il dono della vocazione missionaria accettando di consacrare tutta la nostra anima, diventando uomini di fede profonda, accettando con gioia di dare testimonianza attraverso la nostra povertà, la nostra castità e la nostra obbedienza, e cercando sempre di creare ambienti di profonda fraternità.

Anche per noi, la grande sfida della consacrazione sarà la disponibilità a vivere sacrificando tutto per gli altri, per quelli che incontreremo nella missione. Questo vuol dire anche accettazione del martirio, che ci chiederà di fecondare il cuore dei nostri fratelli con la nostra vita consegnata nel quotidiano dell’esistenza, nel servizio umile e nascosto, nell’accettazione gioiosa della rinuncia di noi stessi per permettere a Dio di manifestare il suo amore.

Solo educati a questa scuola di amore che è il Cuore di Gesù, saremo capaci di vivere in tutta libertà la scelta per i più poveri e di dare un volto all’amore di Dio, attraverso la costruzione di un mondo più giusto, più solidale, più rispettoso e capace di generare quella felicità che tutti portiamo nel cuore come l’unico vero anelito della nostra vita.

Chiediamo la grazia di diventare dei consacrati gioiosi e felici perché portatori nel cuore del tesoro di quell’amore che sgorga dal Cuore trafitto del Signore che san Daniele Comboni scoprì come fondamento su cui costruire la sua missione e al quale si affidò senza mettere limiti.

La fiducia nel Cuore di Gesù diventi anche per noi sorgente perenne di un amore che ci aiuti a vivere la nostra consacrazione come il dono più bello che ci sia stato concesso.

Buona festa del Sacro Cuore.
P. Enrique Sánchez G. mccj
Superiore Generale

Convegno in occasione dei 150 anni del “Piano per la rigenerazione per l’africa”

congreso RomaAFRICA, CONTINENTE IN CAMMINO.

Cari amici, partecipando al Convegno del 13-14-15 Marzo 2015, “Africa in cammino” organizzato in occasione dei 150 anni del “Piano per la rigenerazione dell’Africa” del nostro fondatore S. Daniele Comboni, vi offro come riflessione la sintesi conclusiva di Fulvio del Giorgi, che coglie la sostanza dei lavori di questi tre giorni, vissuti intensamente e gioiosamente nello scambio e nell’incontro di tutta la famiglia comboniana.

Il Convegno ha visto la sua conclusione con la celebrazione eucaristica, celebrata da S.E.R. Card. Fernando Filoni.

Ringraziamo la madre generale Luzia Premoli che ha aperto i lavori donandoci il benvenuto ed esponendoci il programma di questi giorni e ringraziamo anche il padre generale Enrique Sanchez González che ha chiuso i lavori con un invito a sviluppare nella nostra vita e nella nostra missione le riflessioni che sono emerse nel convegno. “Abbiamo fatto un cammino insieme come un’opportunità per ricevere un’aria nuova, fresca, un’aria che riconosciamo che stà cambiando l’umanità e non possiamo negarlo. Ora partendo con questa sensibilità nuova – dice p. Enrique- il sogno del Comboni si rivela bello, attuale e una grande sfida.

Ricordiamoci che l’Africa non ha bisogno di benefattori, perché è capace e sempre più consapevole di se stessa e i nostri missionari se ne rendono conto sul campo.

Non è accidentale che i nostri istituti si stanno rinvigorendo attraverso tanti fratelli che vengono dall’Africa e questo dimostra quanto è veritiero il “Piano” del Comboni. L’Africa deve diventare protagonista della sua storia.

congreso RomaIl dono ricevuto da Comboni è un dono, non tanto per lui ma per tutti quelli che dopo di lui ne vivono la forza dello Spirito in esso contenuto.

Perché l’Africa ha qualcosa che nessuno ha. Ha una vita propria, è un dono particolare, prezioso per tutta l’umanità. Non si può spiegare, deve essere vissuto; è un’esperienza d’amore. Quindi auguro a tutti di continuare questo cammino, di continuare questa esperienza d’amore con una nuova freschezza per una nuova giovinezza africana”.

Vi lascio dunque questa bella sintesi sui temi del Convegno curata da Fulvio De Giorgi e che ho portata a casa per condividerla con voi! Un saluto e buona missione a tutti.

Rosanna Braglia, LMC Italia

 

 

congreso Roma“Vedendo tutto questo, se Daniele Comboni, fosse qui avrebbe il cuore pieno di consolazione e gioia, vedere l’Africa cosi cresciuta. Vedere i figli e le figlie dei suoi istituti coinvolti in questo grande progetto.

Vedere il suo sogno, in parte compiuto con tanti frutti, anche e soprattutto nel laicato delle donne e in parte, pista per le intuizioni ancora da seguire nel futuro.

Questo il principale frutto del nostro convegno che continua a chiamarci ad una svolta. E’ fondamentale dirlo, che tutti hanno sottolineato, è che non ci deve mai più essere: uno sguardo negativo, catastrofico e triste, sull’Africa.

Papa Francesco ci ricorda che “Può essere missionario solo chi cerca la felicità del prossimo!”.

Partendo dal pensiero del Comboni che diceva “E’ il Sacro Cuore di Gesù che mi fa sormontare tutte le enormi difficoltà per realizzare il mio ‘Piano di rigenerazione della nigrizia con la nigrizia stessa!’.

Le parole chiave, sono due: “PIANO” e “CUORE”.

Prima parola “PIANO”. Cos’è un Piano? E’ un progetto che mette alla prova le capacità critiche di ciascuno e che impegna le volontà sorrette da una grande speranza.

Sono chiamati tutti da ogni continente a decolonizzare la nostra speranza, i nostri disegni, piani, sguardi, affidandoli ad una speranza che è più grande di noi e che ci sorregge nelle fatiche.

La decolonizzazione dello sguardo, rende limpido il nostro occhio e ci fa vedere un’Africa che continua a crescere, alla quale l’Europa può essere patners dei fattori positivi. Un giovane Rinascimento africano in atto.

L’Europa può cooperare, camminando insieme in amicizia.

L’Africa degli africani ci ha detto che vuole vivere in pienezza la sua vita, accanto a tutti i popoli.

Dunque decolonizzando lo sguardo e superando stereotipi, la diaspora e l’emigrazione trans-continentale in tutte le direzioni sono una risorsa, nonostante sia causata da squilibri interni al Paese a causa di grandi sofferenze.

Ma è importante non fissarle per sempre in un orizzonte negativo di morte, ma liberarle e rigenerarle come occasione, come chance per un mondo più plurale e più bello.

Ecco ‘più bello’, le mostre fotografiche esposte qui, le sculture, il films, la musica offerta in questo convegno, ci fanno constatare l’insieme di grande bellezza e di creatività estetica che ci viene dalla nuova arte, dalla nuova cinematografia. E la nostra speranza vede cosi meglio la tramatura positiva che si ricostruisce in un progetto, e in un piano che cresce intorno a noi.

“Piano”, richiama ancora l’appianare; cioè colmare le valli e abbassare i monti, mettere tutti sullo stesso “Piano”.

E qui il discorso richiama quello di Matteo, quello di Gesù sulla montagna; Luca chiama il discorso del ‘piano’ della pianura e Luca dice anche “Guai a voi ricchi…”.

Se siamo sullo stesso ‘piano’ ci guardiamo direttamente negli occhi, cosi le ingiustizia, le disuguaglianze, diventano intollerabili. “Rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili” è la dinamica del MAGNIFICAT.

Capiamo cosi come ci ha detto Samia Nkrumah (ministro nel suo Paese) che è giusto che gli africani possono controllare la loro economia a beneficio degli africani stessi e che ritrovano la via del Pan-africanesimo.

Appianare, significa colmare le valli o i baratri della corruzione delle liste di governo.

Riconoscere che il cammino della democrazia africana deve essere autonomo e nuovo e non nelle forme europee; certo sarà un cammino che presenta luce e ombre, di governi corrotti e dittatoriali che neanche un fallimento delle leadership africane, deve rallentare la coscientizzazione dei cittadini, per migliorare le dirigenze politiche che siano disinteressate per formare agenti di “trasformazione sociale” come diceva Efrem Tresoldi (Nigrizia), citando Pierli.

“Appianare” significa abbattere le montagne delle inimicizie e degli odi, delle guerre interne e montagne di armamenti come ci ha mostrato Maurizio Simoncelli (Archivio Disarmo); “cercando sempre la via appianata della pace e della stabilità” come ha osservato Alfredo Mantica (interventi dell’Italia in Africa).

E allora le Afriche al plurale, verso le quali continua il nostro cammino, sono l’ Africa della giustizia, l’ Africa della Pace, l’ Africa della salvaguardia del creato, l’ Africa dei diritti.

Ma “Piano” ci dice pure che è meglio andare ‘piano’. Chi conosce le lettere che scriveva Comboni ai suoi missionari, diceva che “Si, molti missionari hanno fretta, ma voi andate piano!”.

Elogio alla ‘lentezza’, se vuol dire “paziente perseveranza, ascolto e discernimento, camminare insieme senza lasciare indietro nessuno”. Significa dunque un piano ecclesiologico inclusivo e partecipativo e dal profilo femminile, come ha detto suor Luzia Premoli (generale comboniane) e suor Elisa Kidanè (ComboniFem), che si realizza nelle comunità di base, come ci ha detto il cardinale Peter Turkson.

Da più parti si è fatto notare l’importanza delle conoscenze storiche per superare le ferite delle discriminazioni passate e delle guerre civili più o meno recenti.

Tutti i Paesi e i Continenti le hanno vissute, ma tutti dobbiamo dirci che per andare avanti occorre parlarsi e cercare insieme una purificazione della memoria e una storia se non condivisa, almeno inclusiva da diversi punti di vista.

Ci vuole pazienza, ricerca non semplificazione sbrigative e sommarie.

Pazienza = andare piano. Anche come Chiesa che riconcilia e che vive come famiglia di Dio, abbiamo il compito di interrogarci sulla storia della salvezza che si dipana nell’oggi di Dio e sulle responsabilità alle quali siamo chiamati.

La seconda parola è “CUORE”. IL Cuore di Cristo. Il cuore ha due fondamentali movimenti di sistole e diastole.

Nel Cuore di Cristo questi due movimenti sono l’incarnazionismo e l’escatologismo.

Da una parte l’incarnazione. Il Vangelo entra e si fa carne in tutte le culture di oggi per farle fiorire alla liberazione e alla salvezza.

Un Vangelo che entra, assume su di se, si incultura, si incarna oggi nelle complessità culturali, nel pluralismo delle identità in evoluzione, nei confini intellettuali ed esistenziali, nelle culture scartate, nei crescenti meticciati culturali. Oggi il Vangelo ha un volto meticcio.

Questa incarnazione allora sa scoprire, accogliere e valorizzare, come ci ha detto (il teologo) Martin N’Kafu, tutti i segni del tempo, ovunque siano. Solo cosi, si avrà una teologia africana, non perché rielaborata in Africa, ma perché sa accogliere e far fiorire tutti i semi del Verbo sparsi nelle culture, religioni africane, senza escludere nessun tessuto culturale, geografico e umano.

Questa incarnazione come ci ha detto Cécile Kyengue (parlamentare europea), cerca il primato della vita e perciò si oppone e lotta contro il traffico degli esseri umani e contro la nuova schiavitù; cioè contro gli orizzonti di violenza e di morte in cui è Cristo stesso incarnato nei piccoli, che viene violentato e ucciso.

In questa inculturazione col passo dell’incarnazione, un grande ruolo e una grande responsabilità è affidato alla comunicazione, ai media, e al giornalismo. P. Giulio Albanese e Fabrizio Colombo hanno sottolineato questo aspetto, insieme agli ospiti della tavola rotonda.

Quindi una crescita in positivo della comunicazione dell’Africa nell’integrazione digitale e cartacea, corre sul filo della rete, ma sempre rendendo visibile e trasparente il positivo che cresce in lei, come “LA PERLA”, definita da suor Elisa Kidanè, nel rispetto profondo della persona.

Non si tratta come dice suor Elisa di dare voce a chi non ne ha, ma si tratta forse, di non darne ulteriore voce a chi ne ha troppa.

E perciò continuare a decolonizzare lo sguardo anche nella stampa missionaria comboniana.

Ma accanto al movimento dell’incarnazionismo, il Cuore di Cristo ha il movimento dell’escatologismo, cioè la capacità di staccarsi da ogni ingiustizia, da ogni idolo, da ogni orizzonte intra-mondano, tutti i cristiani di ogni continente, siamo tutti extra-comunitari in questo mondo. “Siamo nel mondo, ma non siamo del mondo”.

Françoise Kankindi ha detto “Mi sento a casa in tanti posti”. Ciò è bello ma possiamo dire di più. “Il Regno di cui siamo cittadini, la nostra vera patria, non è di questo mondo”.

Termino con un’affermazione del 12° secolo, diceva un grande mistico, Ugo da S. Vittore “Colui che trova dolce la sua patria, non è che un tenero principiante. Colui, per il quale ogni terra è la propria, è già una persona forte”.

“Ma solo è perfetto colui, per il quale tutto il mondo, non è che un Paese straniero”, io ho preso questa frase da un autore bulgaro vissuto in Francia, il quale l’ha preso in prestito da Eduard Said palestinese vissuto negli Stati Uniti, il quale l’ha preso a sua volta da un autore tedesco esule in Turchia! “

Fulvio De Giorgi

 

 

Non possiamo seppellire il nostro spirito missionario!

Brasil

Il 15 marzo, a Curitiba, abbiamo proseguito i nostri incontri con le persone interessate al tema della vocazione dei laici missionari comboniani di questa regione. A questo secondo incontro di approfondimento del tema sulla vocazione e sulla missione, abbiamo avuto l’opportunità e ci siamo impegnati a pregare insieme nel giorno della festa di compleanno di St. Daniele Comboni.
In unione con tutta la famiglia comboniana, abbiamo pregato e riflettuto sulla sua vita e sul nostro impegno missionario per l’umanità.

E’ fonte di grande ispirazione vedere che Comboni non misurava gli sforzi per incontrare Cristo nel volto dei Fratelli Africani, percorreva grandi distanze, era di sostegno e di incoraggiamento per la Chiesa e portava alla luce le situazioni dove la vita era minacciata. La sua testimonianza attraeva tanta gente, incontrava le persone, si metteva in cammino, utilizzava tutte le risorse disponibili a quel tempo e non temeva le difficoltà.

Per riflettere sull’importanza della chiamata missionaria, abbiamo anche visto insieme il documentario “Mission and ecclesial communion” (Missione e comunione ecclesiale) della Campagna Missionari del 2010.

Anche nei nostri giorni, la missione richiede una risposta urgente e coraggiosa. La missione oltre i nostri confini e l’animazione missionaria sono due elementi essenziali della vocazione di tutti i battezzati. Questi momenti sono importanti per ridare vita alla nostra chiamata alla missione e ci sostiene nella formazione di una consapevolezza missionaria nella chiesa, con la speranza che in molta gente si risvegli tale vocazione.

BrasilBrasil

Abbiamo anche discusso di quando si è formata l’organizzazione degli LMC in Brasile attraverso una breve cronistoria di questi 20 anni di esistenza. Non dimentichiamo che Papa Francesco ci raccomanda nel suo messaggio durante il mese missionario che “…resta la grande urgenza della missione ad gentes, alla quale sono chiamati tutti i membri della Chiesa, in quanto essa è per natura missionaria: la Chiesa è nata in “uscita”.

Proseguiamo il nostro cammino, continuiamo ad essere un piccolo segno che condivide la vita e che si pone in difesa della promozione della vita di ciascuno.

LMC Brasile

[Mozambico] Assemblea Annuale 2014 degli LMC del Mozambico

I Laici Missionari Comboniani in Mozambico si sono riuniti dal 21 al 23 Novembre presso il Centro Catechistico di Carapira per il nono incontro annuale; l’argomento trattato è stato: “i 150 anni del piano di Comboni e le sfide per gli LMC in Mozambico”.

mozambique mozambique

Abbiamo iniziato con un piccolo momento di riflessione basato sul testo biblico di Luca 16:24. Abbiamo approfondito la proposta di Cristo, “di rinunciare a se stessi”, invitandoci a riflettere su quali sono le cose cui  dobbiamo rinunciare per vivere pienamente la vocazione missionaria alla quale siamo stati chiamati come LMC all’interno della realtà in cui siamo presenti, consapevoli dei nostri pregiudizi, idee, punti di vista, pratiche, comportamenti, aspettative, ecc.

Imozambiquen seguito, abbiamo individuato quelle realtà che ci sfidano, che mettono in discussione la nostra presenza, e le abbiamo messe nelle mani di Dio, presentandole come preghiere, attraverso il tradizionale rito Macua di “Makeya” chiedendo l’intercessione dei nostri antenati, i santi della chiesa e anche i missionari che sono passati attraverso questa terra di Mozambico e che hanno dato la loro vita per questo popolo.

Quindi il lavoro è iniziato con la lettura del precedente verbale, con la valutazione delle attività proposte, le relazioni annuali sulle attività personali e l’analisi degli aspetti relativi alla formazione dei candidati LMC. Abbiamo concluso la serata con la celebrazione della Messa con il gruppo missionario presso la casa delle suore Comboniane. Dopo cena, abbiamo fissato i temi da seguire per la formazione permanente degli LMC del prossimo anno. A conclusione del 1° giorno del nostro incontro annuale, abbiamo chiesto l’intercessione di Maria, nel giorno in cui la Chiesa celebra la Sua Presentazione.

mozambiqueIl mattino del secondo giorno, abbiamo trattato gli aspetti economici, presentato i conteggi e definito le attività necessarie per raggiungere l’autonomia finanziaria del movimento LMC in Mozambico, tenendo in considerazione gli accordi raggiunti durante gli incontri internazionali. Abbiamo valutato le attività di animazione missionaria nel corso dell’anno e pensato alle attività future. Abbiamo concluso la giornata con l’elezione del coordinatore e la suddivisione delle responsabilità che sono state stabilite come segue: Villa, coordinatore; Marcia e Ancha, Segreteria e comunicazione; Margarida, Tesoriere; Beatriz, Martinho e Flavio, formazione e animazione missionaria. Si è conclusa la seconda giornata con la Santa Messa e dopo cena, abbiamo invitato il gruppo missionario per un momento di festa, prima condividendo il lavoro fatto durante l’assemblea e poi con musica, torte, popcorn, riso, acqua …

Lmozambiquea domenica mattina, abbiamo partecipato alla celebrazione con la comunità di Carapira, dove alla fine abbiamo presentato il gruppo LMC attraverso un video  della comunità e una testimonianza missionaria. In seguito ci siamo riuniti per definire le attività della nostra  opera missionaria per il mese di dicembre e fare la foto ufficiale. Abbiamo concluso con una preghiera di ringraziamento per il lavoro ben fatto.

mozambiqueIn comunione con tutto il movimento, chiediamo a Dio che l’esempio di S. Daniele Comboni continui a ispirare il nostro cammino! mozambiqueSiamo insieme! Uniti nella preghiera e nella missione!

LMC del Mozambico