Laici Missionari Comboniani

Riflessione teologica sulla trasformazione sociale

Kenya

1 – Preambolo

Kenya
  • Parlare di teologia, non dovrebbe portarci a pensare a tesi o ipotesi a livello astratto, ma sempre in termini di situazioni concrete, come una scienza che si china a guardara l’umanitá. Perché se fare teologia significa parlare di Dio, non ci sentiamo di non partire dalla consapevolezza che é una scienza a servizio dell’umanitá. Desiderimao parlare di un Dio che appunto si china a guardare e a rialzare l’umanitá. Anzi osiamo dire che bisogna re-inventare la teologia. Esempi emblematici abbiamo con la Telogia della Liberazione nata in America Latina, e con la Teologia di taglio Africano di un Jean Marc’Ela, o di un Lawrence Magesa giá contestualizzati a teologizzare a partire sia dalle situazioni concrete, sia dalla storia e dalla religiositá dei popoli e dalla loro esperienza di Dio. Davanti a fenomeni globali tanto complessi e dolorosi che stiamo vivendo che cosa dice Dio a noi, ai popoli, a nazioni in punto di rottura sociale e umanitaria?
  • La grande sfida é trovare un linguaggio che esprima la esperienza che la gente di oggi ha di Dio, nel 2021. Fare teologia con linguaggio a servizio della comunicazione in un villaggio globale. Fare teologia umilmente perché si tratta di esperienze profonde che i nostri contemporanei fanno del “Mistero di Dio”. E di quelle che anche noi facciamo. “Perché non si parla di ció che non si conosce.” Coscienti che tentiamo di scoprire un linguaggio per parlare di Dio, sí, a partire dalla “storia”, da quello che sentiamo dagli altri, ma da una storia che diventa parte della nostra esperienza.

Bisogna tenere conto che fino a cent’anni fa, il popolo dipendeva completamente dalla natura. Oggi siamo abituati a dominare la natura, con pro e contra, accettando un Dio che é Creatore e che crea un essere umano creatore-creativo, non inerte. L’essere umano ha le sue idee, i suoi pensieri, ma Dio ha le sue idee, i suoi pensieri. “I miei pensieri non sono in vostri pensieri.” (Isaia 55,8)  Davanti a cose terribili che accadono e delle quali noi non ci sentiamo reponsabili, c’é chi é tentato di fare Dio responsabile di tutto. Dall’altra parte, c’é stato un periodo in cui si parlava “della morte di Dio”, non in senso ontologico, ma piú pragmatico, come a dire: la tecnologia e la crescita intellettuale dell’essere umano non rendeva piú necessario Dio, né un intervento di Dio. Se cent’anni fa in molti paesi si diceva: “Hai mal di pancia, prega un Padre Nostro, o un’ Ave Maria e ti passa”, oggi quasi dappertutto si cerca subito l’intervento del medico e della medicina.

In tutte le esperienza umane del Mistero di Dio, in tutte le culture, si cercavano anche dei nomi descrittivi da dare alla Divinitá, perché si capiva che la Vita umana e tutto il Creato é al di lá di ogni nostra spiegazione. Chi lo nega adesso, vuol dire che non conosce la storia dell’umanitá. Sulla esperienza di Dio influiscono le condizioni geografiche, climatiche, delle creature che circondano il gruppo umano, sia per costituire il corpo di credenze, come quello del culto, della liturgia, dei rituali e di ogni espressione usata per entrare in rapporto con lui. Cosí come per i luoghi di culto per la simbologia e l’immaginifico, per i miti, per l’organizzazione socio-politica, per le relazioni umane, fino all’arte, la musica, ecc. Influisce se ci sono monti, o foreste, o fiumi. Influisce la forza del sole, come vedono gli astri, le fasi lunari, gli animali, ecc, se c’é deserto, o c’e’ l’oceano, ecc. Lo spazio, il posto, il tempo, i fatti vissuti, le gesta degli eroi, degli antenati, la tradizione orale, il ricordo, la Storia é luogo teologico, e vediamo come da sempre Iddio si é manifestato in persone e fatti storici concreti. Le esperienze di Dio sono molto diverse e quindi anche le espressioni sulla percezione dell’esperienze di Dio sono pluralistiche.

2 – Come l’umanitá esperimenta dio nel momento presente

Innanzitutto é cruciale prendere atto che oggi piú che mai l’umanitá é cosciente delle infinite trasformazioni che avvengono ogni giorno nell’universo. Oggi sappiamo che le trasformazioni sono una costante nella storia. Tramite i mezzi di comunicazione siamo informati anche sulla speditezza di codeste trasformazioni. Mai come oggi siamo stati al di dentro del ritmo delle trasformazioni, dal punto di vista della tecnologia e dal punto di vista dell’economia di mercato che stanno continuamente bombardandoci con nuove informazioni. Se la luce si muove a velocitá di 300,000 km per secondo e il suono a 40,000 km per secondo, é evidente che abbiamo l’ informazione importante o meno importante in tempo reale.

Succede peró che cosí come arriva la notizia di un avvenimento, arrivano anche le interpretazioni e le possibili manipolazioni che possono anche non soltanto essere distruttive della dignitá della persona umana: “Ed ‘Elohim creó  ha-‘adam = l’umano –  in sua immagine, in immagine di ‘Elohim lo creo, maschio e femmina li creó”;  “Dio creo l’umanitá a sua immagine, maschio e femmina, uomo e donna li creó”, (Genesi 1, 26-28), ma addirittura andare contro la libertá individuale e comunitaria di singoli e di gruppi umani.

Mai come oggi ci sono degli approfondimenti e studi sulla psiche umana per onorare la sacralitá di ogni essere umano, e mai come oggi si vedono calpestati i diritti di bambini, di donne e di uomini “scartati” dalla societá. Con abberrazioni incredibili fino al punto di trovare chi motiverebbe i giovani al suicidio e chi gli coadiuvarebbe a compierlo.

Mai s’era vista tanta partecipazione delle donne con posti di direzione nell’ambito politico, sociale, economico, ecologico, e religioso, per esempio nella chiesa cattolica, osserviamo come Papa Francesco ha chiamato e continua a chiamare donne consacrate, anche delle Laureate da noi a Tangaza, o laiche, a fare parte del governo della chiesa, con nomine che prima erano esclusive del clero, ed ora sono persino in diversi Dicasteri Vaticani. Pure nell’ambito scientifico: come una Chiara Marletta scienziata Italiana in Oxford che sta rivoluzionando con una nuova ipotesi, la teoria di Newton – Einstein – e la meccanica quantistica, per spiegare l’universo. Eppure mai come oggi si commettono tanti femminicidi in ogni parte del mondo.

Mai come oggi, tantissime aggruppazioni che gridano “libertá, libertá”, per la libertá dell’orientamento sessuale, per libertá di opinioni, per libertá di questo e di quello, ma poi tantissime pure le nuove schiavitú.

Mai cosí cresciuta con lo sviluppo la produzione dei beni di consumo, di servizi, peró mai tanto esagerato l’accumularsi delle ricchezze, dei beni della terra, che sono beni comuni globali perché creati per tutta l’intera umanitá che peró restano nelle mani di pochi. E dall’altra parte mai come ora le schiere di affamati, a calcoli di esperti nell’ultimo anno: un millione in piú sono coloro che vivono sotto la soglia della povertá estrema.

Massimo dello sfruttamento incommesurato della natura, “del creato e dell’essere umano”, e mai tanti aggruppamenti internazionali, interreligiosi intergenerazionali di protesta contro di esso e per la protezione dell’ambiente e dei diritti umani.

Piú violenza e crudeltá terribili tra i fondamentalisti, e piú criminalitá organizzata planetaria. Esplossione demografica in alcune nazioni, mancanza di prole in altre.

In mezzo poi ad una crisi sanitaria globale mai immaginata, col Covid 19, che peró a Papa Francesco fa esclamare: “Peggio di questa crisi, c’e´solo il dramma di sprecarla” (Dal suo discorso del 31 maggio 2020) parole che a noi fanno respirare l’aria fresca della sfida del possibile, perché noi siamo convinti che ogni crisi é una “opportunitá”.

Di fatto, sono germogliati, con lui e indipendentemente di lui, in ogni angolo del mondo, tra persone di diverse religioni e ideologie tanti lodevoli tentativi di solidaritá, di fratellanza, di coinvolgimento nella riflessione, nell’analisi, nel discernimento e nella ricerca di “possibile soluzioni”. Per esempio: di economia sociale, di economia di partecipazione, di economia civile come pure di imprenditoria sociale.

Costatiamo che pure in minoranza, sono molti coloro che danno voce ai senza voce: “Apre la bocca in favore del muto, per sostenere la causa di tutti gli infelici” (Proverbi 31, 8-9)

Non abbiamo inteso fare un’analisi accurata della realtá, abbiamo menzionato queste cose per “ascoltare” la domanda di chi grida: “Dio, dove sei tu?”, o per “ascoltare” la risposta di chi anche in situazione di: “Mio Dio, perché mi hai abbandonato?” si butta nelle braccia di un Padre Misericordioso che si china appunto a guardare e rialzare l’umanitá ferita. Dio é l’assente per certuni. Ma Dio é presente per parecchi altri. Troviamo entrambe le posizioni. Disperazione e rabbia, ma anche umiltá, speranza, impegno, come ci diceva un’amica con parole semplici ma sapienti: “Dio sta cercando la nostra collaborazione per sostenere la sua creazione”. La nostra collaborazione, il nostro Impegno. Perché cosa?

3 – Gesú e la manifestazione del regno di dio

Per Dio, non é facile essere percepito perché Dio é invisibile. Nella necessitá dei singoli e dei popoli di percepire la sua vicinanza, e per rendersi piú visibile, Dio ha voluto incarnarsi, letteralmente “farsi carne” per essere veduto, ascoltato, sentito, odorato, toccato, cosí, con tutte le dimensioni sensoriali del corpo umano, per un contatto fisico vero. L’ incarnazione di Gesú é la risposta “trasformante” del Padre per la forza e l’amore dello Spirito Santo che da sempre e per sempre é, e sará il protagonista, l’artefice di ogni nuova mediazione, di ogni ministero, di ogni trasformazione. Gesú ci insegnerá il modo di rapportarsi con Dio e il modo di relazionarsi con gli altri. Gesú é la risposta al bisogno, di piú comunione creatore-creature, che arriva al contatto corpo a corpo. Basti ricordare l’emorroissa il cui anelito era “toccare” fosse soltanto il suo mantello, per essere guarita (Marco 5, 25-34) Ecco Gesú che si fa presente. Salvatore, liberatore, redentore. Cosí fu per il cieco che ascoltando prima il rumore della folla e poi la sua voce, riprende il coraggio insieme alla sua dignitá, poi riprende anche la salute dei suoi occhi (Luca 18, 35-43) Cosí con il sordomuto: “Gesú pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccó la lingua” (Marco 7, 31’37) Eccolo Gesú, soprattutto davanti ai malati, egli non trascurava il contatto fisico. Gesú tocca e si lascia toccare anche da una donna, che gli lava i gli profuma i piedi in mezzo a comensali donne e uomini attoniti. “….Ella mi ha rigato i piedi di lacrime, li ha asciugati coi suoi capelli, gli ha baciati e unti con l’olio… “ (Luca 7, 36-50) Perché l’Annuncio del Regno di Gesú, non é quello di una realtá astratta, ma concreta, di un Regno di Dio che fa di tutti fratelli e sorelle.

La comunione e il contatto fisico é sempre trasformante, e incoraggiante, e dá forza, gioia, slancio. Quel Gesú presenza del Padre, “Sacramento del Padre “ segno e strumento (Schilleebecks) é la mediazione piú sublime e paradigma di tutte le susseguenti mediazioni. E’ cosí che la gente oggi esperimenta Dio. Senza “mediazioni” non si puó fare l’esperienza di Dio. Se si lamenta che la pandemia ha sconvolto la vita dell’umanitá, ha sconvolto di piú ancora, la vita e gli ultimi giorni dei malati in isolamento, moribondi in tremenda solitudine e che non potevano sentire la mano amica, la voce consolatrice, il respiro vicino dei loro cari. Se nella fede crediamo che “Maria, la mamma celeste era con ognuno, per fare compagnia, dare conforto e consolarlo como era al piede della Croce, col suo figlo Gesú”, come si é espresso il Papa Francesco, cosí pure dobbiamo credere che peró nella convivenza umana, nell’aspettativa antropologica, e dal punto di vista cristiano, questo non dovrebbe diventare prassi, perché appunto tutti siamo chiamati ad essere le mediazioni non riempiazzabili oggi, “Sacramenti” segni e strumenti della presenza del Dio invisibile, ed anche del Gesú invisibile.  

Nella nostra riflessione teologica sulla Trasformazione Sociale, noi puntiamo ad avere presente il Gesú storico, che va includendo donne e uomini, di diverse provenienze e religiositá, e dall’altra parte anche il mistero della Sua Risurrezione, non come dualismo, ma per non dimenticare, che si parte dalla vita umana concreta, poi si vive nel Mistero della Fede e poi si torna alla vita concreta come in un movimento di flusso e riflusso della vita di Dio. Splendido é il motto sullo stemma della nostra Universitá Tangaza, appunto: “TANGAZA FUMBO LA IMANI”,  che ha il signigicato dell’invio ad annunciare la Risurrezione, cioé “ANNUNCIA IL MISTERO DELLA FEDE”.

Nel considerare il Gesú storico, non possiamo non ricordare a San Paolo che scrive esplicitamente che “Gesú é nato da una donna, e nato sotto la legge” (Galati 4, 4), e ci domandiamo perché questa sua sottolineatura? Perché il Dio invisibile si fa visibile tramite mediazioni. Tramite Gesú unico Mediatore della Salvezza. “Egli é immagine del Dio invisibile…. per mezzo di lui furono create tutte le cose” (Coloss. 1, 15-20 ) che rivelano il Creatore; dal quale sgorgano tutte le altre mediazioni. Giá le donne, come prime missionarie inviate dal Gesú Risorto: “Andate ad annunciare ai miei fratelli” (Luca 4, 22) quella Buona Novella, in seguito a tutti i discepoli/e missionari/e  coll “Andate in tutto il mondo” ( Marco 16, 9-20), e fino a noi, nella logica dell’Incarnazione, di Ministri della Parola, Testimoni del Signore Risorto, mediazioni, incarnazioni fino ai nostri giorni.

4 – Teologia trinitaria della trasformazione sociale

Noi affermiamo una teologia Trinitaria della Trasformazione Sociale, nel rispetto proporzionale di riflessione biblica sul Gesú storico, di considerazioni giá teologiche anche nella Bibbia, soprattutto in Paolo, giá menzionato, e in Giovanni, che hanno giá una Cristologia, e una Pneumatologia, che peró non sono  mai separate dal Padre Creatore. In dinamica interrelazionalitá di comunione e di donazione reciproca. Dio é uno e trino, uno e multiple, di conseguenza, la nostra riflessione porta implicita, sia comunione sia pluralismo, sia unicitá sia diversitá. La comunione non significa livellamento, ma rispetto della diversitá. Cosí come il Regno di Dio che Gesú vive ed insegna, non é livellamento ma accoglienza e accettazione delle diversitá, perché Dio Padre crea la diversitá e perché lo Spirito Santo elargische e arricchische ogni persona, ogni popolo, ogni cultura, ogni religione, con la quantitá immensa dei suoi doni. Vediamo quindi nella Trinitá la donazione reciproca e d’insieme, sia per la cura dell’umanitá, sia per la cura di quanto esiste nel Cosmo, il Creato globale, creature conosciute o sconosciute, quel Tutto, con l’urgenza di essere vivificato, liberato, sostenuto, accompagnato dalla comunione e dal dinamismo creativo e trasformativo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Ecco il paradigma che si dispiega davanti a noi, come un modello per la nostra partecipazione, collaborazione all’azione di Dio, che é di trasformazione continua, che e’ di comunione ma anche di pluralismo sia nelle comunitá cristiane piccole, sia nelle chiese locali, sia nella chiesa universale, sia nel mondo pianeta terra “casa comune”, sia a livello cosmico. Al centro: Gesu Cristo Alfa e Omega che in modo mirabile il Padre fa risorgere dai morti per opera dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo, come colui che esercita il suo influsso nell’acquisto della sapienza. “Porró il mio spirito su di loro” (Ez. 37, 14)  “Effonderó su tutti il mio Spirito…” (Gioele 3, 1-5) “ Colui che gli ammaestrerá nella veritá” (Gv. 14, 16)

Dopo la Risurrezione di Gesú i discepoli erano “Perseveranti e concordi nella preghiera insieme ad alcune donne e a Maria la madre di Gesú….” (Atti 1, 14) …” Scese lo Spirito su di loro” (Atti 2, 1-17)  “I doni dello Spirito sono giustizia, pace e gioia” (Rom. 14, 17)  “Spirito che conferisce i carismi e molteplicitá di doni” (1 Cor. 12, 3) In questo modo lo Spirito gli abilita, e ci abilita, ci fa strumenti, ministri dell’evangelizzazione, perció della trasformazione.

Da quando col Concilio Vat. II si scoprí la figura determinante dello Spirito Santo, si sveló allora a noi misionari/e in misura piena, il significato di ció che narra l’evangelista Luca, quando Gesú nella sinagoga di Cafarnao prese il rotolo della Parola e lesse: “Lo Spirito del Signore é su di me, egli mi ha consacrato ed inviato ai poveri per annunciare loro la Buona Novella” (Luca 4, 16, ss) del Regno. Dal Concilio Vat. II in poi in ogni Documento – Enciclica – del Magistero o Dottrina Sociale della Chiesa porterá un capítolo sullo Spirito Santo. Ci é caro evocare l’insistenza di Papa Giovanni Paolo II, che in sue diverse Encicliche ci istruisce dicendo che “La Dottrina Sociale della Chiesa é parte integrante del messaggio del Vangelo da trasmettere, da portare in tutto il mondo”.

5 – Il ministero sociale e il senso escatologico della trasformazione sociale

Nuovi itinerari spirituali, nuovo dinamismi di fratellanza e nuove modalitá dell’Annuncio? Forse é questo il momento privilegiato della verifica della nostra ministerialitá missionaria?

  • Tutta la vita di Gesú é un esempio per noi su come vivere la ministerialitá, offrendosi e donandosi. “Passó beneficando, facendo il bene….” ( Atti 10, 38) . E’ cosí che noi vediamo i Ministeri Sociali. E li vediamo con l’esigenza di viverli con la spiritualitá di Gesú, coi “sentimenti che erano nel Cuore di Gesú… (Filipp. 2,5-11   ) e nella fratellanza universale che egli visse. Gesú, nella notte in cui fu tradito, nel contesto di un pasto fraterno coi suoi discepoli e discepole, e quando il suo donarsi raggiunge l’apice, nella coscienza piena del ministero per il quale fu chiamato dal Padre, ci insegna a “chinarci e lavare i piedi”, vuol dire al servizio totale e poi pronuncia il suo testamento “Questo é il mio Corpo offerto”, “Questo é il mio Sangue versato”.  Ma peró nei tempi dell’Annuncio della sua passione, soprattuto quando parla dell’offerta della sua vita “Cominció a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme, per venire ucciso e il terzo giorno risorgere” (Matteo 16, 21-23)
  • Il centro, il nucleo della nostra fede, é Gesu Cristo il Signore Risorto. Questo Gesu Cristo Risorto é il cuore del nostro Annuncio, e la ragione del nostro Ministero Trasformante. Il Signore Risorto. Il cui nome primo era Gesú che significa: “Il Signore é la salvezza”. E siamo anche interessati al ministero di Gesú, alla sua parola, buona novella del Regno, alle sue parabole del Regno, alla sua vita vissuta in “koinonia”, comunione, creando comunitá comunione, creando Regno, coi suoi discepoli, con le sue discepole, anticipando i beni divini della fratellanza universale, giá su questa terra, considerando come la destinazione finale quando la sua signoria sará confermata e il suo titolo di Kyrios arriverá alla pienezza. La salvezza, la liberazione che lui ottiene per il creato e per l’umanitá, mira alla parusia, é orientata verso la scatologia, e cioé alla realtá futura vera. La salvezza c’e “giá e non ancora”. La nostra preghiera é quella che Gesú ci ha insegnato: “Padre nostro…venga il tuo Regno” (Luca 11, 2-4).  Regno per il quale viviamo, che giá esperimentiamo, e ci adoperiamo a costruire, trasformando situazioni, lasciandoci trasformare da questo “giá quí” e “non ancora”. E’ questo che noi consideriamo la realtá scatologica alla quale mira la Trasformazione Sociale, culminando nella pienezza del Regno. La nostra speranza é grande perché guardiamo a questi beni escatologici con grande fiducia in Dio, cosí come con entusiasmo e gioia. La fede nella risurrezione di Gesú é ció che ci mantieni forti e slanciati pur nella situazione tribolata e turbolenta del mondo che pare sospeso nella sconfita della Croce. Ma crediamo nella Risurrezione. Il nostro Manifesto é che la Risurrezione é pegno della possibilitá necessitá della Trasformazione Sociale e della manifestazione della realizzazione piena del Regno di Dio negli ultimi tempi.  
  • Anche il nostro corpo umano é sottomesso a profondissime trasformazioni. Senza riferimento alle trasformazioni non potremo avere comprensione dell’essere umano nella sua realtá terrena. Quello che a noi sembra importante sottolineare prima di tutto é che il corpo é una realtá che passa per diversi stadi di trasformazione. “Giá dal seno materno.. “   …… (Salmo 138)   A livello fisico e a livello psichico. Gli stadi come infanzia, adolescenza, etá adulta si pensano spesso come passaggi ad una coscienza superiore e di risposta migliore alla chiamata all’essere. A parte possiamo ricordare che anche nelle cellule del nostro corpo come pure nel sangue che scorre per le nostre vene si vanno effettuando delle trasformazioni. Lo stadio finale del corpo é la risurrezione, quando assume la sua forma definitiva di essere accolto dopo aversi offerto e donato. “L’ umano” é delle persone umane quando le due dimensione sono insieme. La morte deve essere interpretata, é uno dei passaggi che dobbiamo attraversare, un grande momento che dobbiamo affrontare per arrivare alla pienezza della vita nel Regno di Dio, dove tutto il nostro essere sará nuovo e definitivo. Dobbiamo vedere la morte non come punizione del peccato e non come separazione che distrugge la persona, ma che la trasforma, che la configura meglio ad una nuova dimensione, ad uno stadio ulteriore di conoscenza e d’ amore da quando camminava nel corpo. Il rapporto tra anima e corpo si redifinisce, ma non noi come persone. Si entra nella realtá di Dio, in maniera definitiva, e in un incontro, in un rapporto nuovo con lui e col cosmo che non é piú quella realtá materiale del nostro piccolo corpo, ma ora é una relazione  nuova con tutto ció che esiste della realtá che riflette la persona: corpo e anima. L’ultima e definitiva trasformazione é quando tutti i corpi saranno risorti ed entreranno in comunione, e ci saranno “Cieli e terra nuova” ( Apocalisse 21, 1-7 ) Quando vita e morte diviene realtá preziosa nel divenire in pienezza una sola cosa con Dio, con gli altri, con tutto il Creato. “Benedetto sia Dio che ci ha benedetto con ogni benedizione spirituale in Crist, secondo il mistero della sua volontá di ricapitolare in Cristo tutte le cose” (Efesini 1, 3-10)

6 – Il senso sacramentale della creazione

Abbiamo parlato di Gesú come Sacramento del Padre e abbiamo espresso la certezza della nostra chiamata ad essere anche noi sacramenti – segni e strumenti – di questo Padre che ci ha creato per la comunione tra di noi e con tutto. Ancora una nostra considerazione sul Creato e su come vediamo in esso il Dio che ci si rivela Mistero al di lá delle nostre capacitá di comprensione.

Chi si propponga fare una riflessione teológica, passa necesariamente per una lettura di eventi e trasformazioni social, umane, come pure per un avvicinamento alle scienze per la lettura degli eventi che accadono nel cosmo, (macro e micro cosmo) perché in tutto c’é la presenza di Dio e perché tutto é di fondamentale importanza per l’essere umano. Tutto ció va contestualizzato secondo le persone o i gruppi umani che fanno questa lettura giá col proprio patrimonio genetico, storico, culturale.

Noi guardiamo il fascino e il mistero della creazione con occhio contemplativo, poetico, scientifico. Con occhio contemplativo perché il nostro é l’occhio di un credente che coglie la grandezza, la complessitá, l’armonia, la bellezza, e vede un Mistero irresistibile. Un mistero che ama, che si é investito tutto a fare questo “creato”. Che si é impegnato, s’impegna, ama, ha cura, ci accompagna noi figli e figlie, che si prende cura del nostro “habitat” e di noi, affinché ci sentiamo a casa nostra, come i teneri genitori che vogliono che i figli trovino un focolare, casa e amore. Ed é bello non soltanto sapere che Egli ha creato noi dal suo amore (Caterina da Siena), ma ha preparato ha creato, pure questo “habitat” dal suo amore, e per di pú con un profondo anelito della nostra collaborazione con lui. Dio non vuole consumatori soltanto, ma creatori. Perche siamo la sua famiglia, il suo popolo e vuole che godiamo questo focolare adorabile, vuole che lo rispettiamo e lo costruiamo insieme a lui. Egli stesso gioisce: Dopo ogni giorno di creazione descritta “Dio vide che era cosa buona… poi creó il sesto giorno l’essere umano, vide quanto aveva fatto e “Vide che era cosa molto buona” (Genesi 1, 1-31). Possiamo dopo vederlo questo Creato con occhio poetico che fa appunto scaturire dai nostri cuori poesie e lodi, come i Salmi: “Sei vestito di splendore maestá…. Quante sono numerose le tue opere Signore, tu le hai fatto tutte con sapienza, la terra é piena della tua ricchezza”(Salmo 104, 1 e 24) “Sopra i cieli si innalza la tua magnificenza” (Salmo 8,2) E’ sgorga in noi un ventaglio armonioso di sentimenti nobili nel volere costruire, co-creare con lui: Quindi atteggiamenti di contemplazione, di gioia, di apprezzamento, di valorizzazione, ecc. Anche se a volte critichiamo perché ci sono dei limiti nel Creato, essendo in evoluzione, tra colori, forme, movimenti concordati, a volte ci sono dei limiti delle trasformazioni e ne deriva un male per noi, come per esempio nei movimenti tellurici nell’interno della terra che provocano dei devastanti terremoti.

Comunque noi guardiamo la creazione anche con occhio scientifico. Oggi le scienze ci parlano del cosmo come di una realtá ordinata, con armonia, con relazioni, con visioni, con tempi e forme in concordanza, con coerenza con coesione. Ci parlano di una realtá grandiosa incommensurabile e non caotica ma portentosa, nella quale tutto é collegato, tutto interconnesso, tutto interdipendente. Dentro la quale noi ci siamo, e pur essendo creature meravigliose, siamo piccolissime, non altro che “polvere di stelle”.

Da sempre uomini e donne hanno guardato con interesse i fenomeni del cosmo, degli astri, ma oggi infinitamente di piú, coi cannocchiali piú grandi, piú specifici, piú raffinati, lo studio del cosmo si allarga e si puó osservare la sua espansione. Questo soltanto riguardo il macrocosmo, e tanto o piú sorprendente e stupefacente lo studio del microcosmo. Quanta realtá c’é in un quantum?! In un corpusculo di luce, in una onda di frequenza?! Coi microscopi piú minuscoli la scienza riesce a penetrare, ma non a delucidare completamente il mistero della realtá. Macro-  e micro- cosmo in ininterrotta trasformazione. Tutto questo capovolge i paradigma di ogni concezione precedente riguardo la realtá, dell’origine del cosmo e quindi dell’essere umano.

Quanta nostalgia del Mistero Divino deriva da tutti questi studi! E quanto é ammaliante che nuove ipotesi nascano e nuove formule, tentando di spiegarsi meglio, a prova e controprova. Per tanti di noi al mondo, tutto ció é motivo di grande gioia per i successi della conoscenza umana nello evolversi della sua storia. Per altri invece é quasi motivo di spavento e paura perché cadono delle certezze che sembravano eterne. E anche se tutto questo che si vede continuerá ad essere studiato, e anche si riuscissero a comprovare in pieno scientificamente tutte le ipotesi, il Dio Creatore non si vede. A Dio si arriva con la fede, non con le scienze. E’ soltanto nella fede, con l’occhio illuminato dalla fede, che si arriva al Dio Creatore. Sono deduzioni, costruzioni mentali a partire de ció che si vede. Ben ricordiamo ni nuovo le mediazione sopra nominate. Quindi la Creazione é anche lei un Sacramento, segno e strumento della manifestazione di Dio.

All’Universitá Tangaza, c’é un dipinto nato dalla Collaborazione Tangaza Universitá – e alcuni artisti di Korogocho, assai suggestiva, dove viene rappresentata la creazione in continua trasformazione ed evoluzione. E’ un’icona, un’ illustrazione da contemplare a lungo per la sua ricchezza e profonditá di contenuto: Spirituale, religioso, ecologico, sociologico, antropologico, teologico. “Una Cosmovisione, che mostra come  nel cosmo complessissimo, incantenvole, colorito, dinamico, ci siano ininterrotte trasformazioni, di nuovi scoperte de cometi, di stelle che appaiono e che poi spariscono. Uno spazio intergalattico, interstellare seducente che data da piú di 10 milliardi di anni di evoluzione. Dove l’essere umano emerge all’interno di questo cosmo infinito, come frutto dell’evoluzione, come frutto di tante realtá giá esistenti, dove peró lui emerge come originale, come capolavoro, come diverso, con una presa di coscienza della su esistenza, e con delle domande da dove veniamo e di ció che riceviamo. Dio ha messo in motto il processo della creazione. Non l’ha messo in motto per essere sempre lui da solo a continuare a creare. Lui é il perno della crezione, ma poi ha voluto altre mani. Dove dunque l’essere umano appare come attore, con la sua presenza con le sue mani. E’ sí, recipiente, ma é anche donante. Come essere intelligente che riflette, che si interroga, che analizza, che si pone degli obbiettivi, che puó valutare ció che é bene e ció che é male. Che puó entrare in relazione con l’Altro, col Trascendente, col Mistero, con Dio, come pure con gli altri essere umani e con tutto il Creato. Come colui che puó cogliere che ci sono energie trasformatrici fuori di lui, ma anche in lui. Vede che le leggi della natura influiscono su questo mondo, ma vede che anche lui puó influire e deve influire asseconda delle sue capacitá, nella diversitá personale e del suo gruppo umano. Anche lui é chiamato ad essere creatore-creativo secondo le sue caratteristiche frutto di una storia globale ma anche personale. Perché nella logica di Dio Creatore, nessuno é passivo, ma tutti sí recipienti frutti di una storia, ma allo stesso tempo chiamati ad essere attivi per migliorare, per correggere, per trasformare, per ribaltare in maniera creativa e dinamica queste energie trasformatrici. E mentre c’é il divenire, la trasformazione, la crescita nel dintorno, c’e´anche un auto- divenire, auto-trasformazione auto-crescita. Naturalmente viene sottolineata con la volontá esplicitata dall’arte,un’altra realtá, la presenza distinta ma in comunione di collaborazione del maschio e la femmina, che sono chiamati ad interagire, dell’uomo e della donna, in relazione di convivenza di amicizia di fratellanza, di amore ambidue non solo usufruendo del Creato ma co-creando. Quasi al centro dell’icona si mette molto in evidenza che la donna splendidamente sta “producendo”, lavorando. Ci fa pensare quanta realtá c’é in un seme, in uno stelo, in un fiore, in un frutto; in un grembo materno. Donna co- creatrice, “attore” di trasformazione. Questo é un fatto notevole ed eccezionale anche a Tangaza dove tantissime donne ricevono e offrono elevata educazione con una progettualitá giá orientata alla trasformazione sociale persino con l’imprenditoria sociale. La croce nell’angolo superiore destro dell’icona che inoltra in movenza discendente i suoi fasci luminosi, rappresenta allo stesso tempo Gesú Salvatore, Liberatore, tramite la sua croce, morte e risurrezione, ma anche l’amore e la tenerezza del Padre, che con la forza dello Spirito Santo accompagna, conforta, illumina, scalda, incoraggia, sia all’approfondimento e analisi del senso delle situazioni personali, comunitarie, globali, di crescita, di sviluppo, di trasformazioni, o di sofferenza, sia all’agire con responsabilitá creativa per insieme trovare soluzioni, strategie, modalitá, sia per la cura del Creato e sia per la cura dell’Umanitá, rappresentata dal globo terrestre.”“La Creazione sará anche ella liberata dalla schiavitú della corruzione per entrare nella gloria dei figli e delle figlie di Dio” (Rom. 8, 20-22)  (Questo dipinto é ispirazionale a fine della Trasformazione Sociale)

P. Francesco Pierli MCCJ     Sr. Teresita Cortés Aguirre CMS                       / Giugno 2021/

Laudato si’ e Ciranda insieme per valorizzare l’agricoltura familiare

Ciranda

Fonte: Vatican news

Ciranda
La cisterna completata col lavoro di squadra

Il Centro di Innovazione rurale e di Sviluppo agroecologico (Ciranda) offre formazione teorica e tecnica in agroecologia a 70 famiglie della città di Açailândia come alternativa economica alla catena mineraria e di agrobusiness della regione, che si trova proprio in mezzo alla ferrovia “Estrada de Ferro Carajás” (Efc). Secondo il coordinatore Xoán Couto, il progetto brasiliano si ispira alla Laudato si’ poiché percorre lo stesso cammino che unisce fede e scienza, in “risposta ai bisogni delle comunità, valorizzando anche le conoscenze tradizionali”

Andressa Collet – Città del Vaticano

La ciranda fa parte del patrimonio culturale della maggior parte dei bambini del Brasile. È una canzone, con una danza in cerchio, che ricorda le mogli dei pescatori del nord-est del Paese che cantavano aspettando il rientro dei mariti dal mare. Una danza comunitaria, sempre in attesa “dell’altro”, proprio come un progetto sviluppato nella città di Açailândia, nello Stato di Maranhão, in piena Amazzonia brasiliana.

Un gioco preso sul serio dal 2018. Ciranda, acronimo di Centro di Innovazione rurale e di Sviluppo agroecologico, ha deciso di scommettere sull’agroecologia come alternativa economica alla catena mineraria e all’agrobusiness della regione, che si trova proprio in mezzo alla ferrovia “Estrada de Ferro Carajás” (Efc), che collega la più grande miniera di ferro a cielo aperto del mondo, a Carajás, nel sud-est del Pará, al Porto di Ponta da Madeira, a São Luís, in Maranhão.

L’ecologia integrale emerge così come una possibilità reale affinché le famiglie non dipendano solo dall’estrazione, ma siano in grado di salvare l’economia locale, generando reddito in casa, con meno impatto sull’ambiente. Il coordinatore di Ciranda, Xoán Carlos Sanches Couto, missionario laico comboniano, è colui che spiega la relazione con la casa comune, che può essere adattata alla realtà di ciascuno: “Ciranda promuove tecnologie appropriate per gli agricoltori familiari e i contadini. Qui testiamo e applichiamo tecnologie e forme di produzione che si adattano bene alle dimensioni delle proprietà degli agricoltori familiari, alle loro conoscenze, alla forza lavoro che trovano all’interno delle loro famiglie e all’ambiente che abbiamo in questa regione”.

Ciranda
I giovani del progetto Ciranda in uno studio sul campo

Agroecologia ispirata alla Laudato si’

Xoán è un agronomo spagnolo, si trova in Brasile da 20 anni e lavora con le famiglie nella regione amazzonica del Maranhão. All’inizio, ha creato la “Casa Família Rural”, un tipo di scuola agricola comunitaria per migliorare la vita e l’educazione della gioventù rurale. Oggi, insieme a Ciranda, porta avanti due progetti che aiutano nella formazione teorica e tecnica 70 famiglie della regione.

Nei corsi offerti, i figli dei contadini imparano a familiarizzare con i modi di produrre colture agro ecologiche, con la possibilità di applicarle nelle loro proprietà. Si tratta di tecnologie adatte all’agricoltura familiare che, una volta apprese a scuola, vengono trasmesse alle famiglie e alle comunità in un flusso permanente di incentivi per non abbandonare l’ambiente rurale. Questo è uno dei buoni esempi provenienti dal Brasile, un’azione che non risolve i problemi globali, ma conferma “che l’essere umano è ancora capace di intervenire positivamente” per migliorare l’ambiente (Papa Francesco, Laudato si’, 58).

Questa idea di lavorare con l’agroecologia, afferma Xoán, “è molto ispirata dall’enciclica Laudato si’, un incrocio di scienza e fede, che ha cercato il meglio che la scienza ha prodotto per spiegare la crisi ambientale, per dare una risposta con la fede, ma anche con una base scientifica. Così anche il Centro Ciranda prende la stessa strada. Usiamo la conoscenza scientifica, abbiamo partnership con istituti di ricerca e università, ma allo stesso tempo la nostra risposta si basa sui bisogni delle comunità, valorizzando anche la conoscenza tradizionale”.

Xoán fornisce esempi delle tecniche insegnate, che vanno dalla bioedilizia, una forma tradizionale di costruzione ampiamente praticata nella regione con argilla e tegole fatte di materiale riciclato, alla produzione di biogas e alla raccolta di acqua piovana con cisterne. Ma si praticano anche l’avicoltura, la piscicoltura e l’apicoltura; si allevano maiali all’aperto e si incoraggiano sistemi agroforestali attraverso la piantagione di alberi da legno e da frutta e pure colture annuali che sono la base alimentare dei residenti, “come il mais, i fagioli, la manioca. Tutto questo è piantato insieme in una forma chiamata policoltura, dove non c’è monocoltura e una specie aiuta l’altra, in modo da avere un ambiente equilibrato: è molto difficile che un parassita o qualche insetto attacchi e causi danni economici. Quindi è un modo per ispirarsi alla natura, che ha anche la sua base scientifica”.

Ciranda
La tecnica della bioedilizia, con argilla e tegole in materiale riciclato

Le sfide di Ciranda: dagli incendi all’agrobusiness

Nonostante i buoni risultati, esistono delle sfide: è il caso degli incendi che provengono da altre proprietà vicine. Xoán dice che generalmente riescono a salvare le coltivazioni permanenti, ma le altre aree, con le loro esperienze di pascolo ecologico e riserve forestali, sono gravemente danneggiate dal fuoco, come è successo negli ultimi due anni: “questa è una sfida che ci porta a pensare come, per i prossimi anni, per superare questo problema si possano costruire barriere forestali meno suscettibili al fuoco. Anche così, comunque, i risultati sono già promettenti: vediamo nelle famiglie un entusiasmo e la volontà di continuare a lavorare la terra, sapendo che questa è una missione per fornire cibo all’umanità e che ciò può essere fatto conservando la nostra casa comune, senza degradare l’ambiente”.

L’alleanza con la natura è già molto presente nella vita della maggior parte dei contadini. Eppure non tutti hanno questa consapevolezza, perché l’agrobusiness è molto presente a livello locale, “trasformando economie, paesaggi e menti”. Come conferma il Papa nella Laudato si’ (54), “molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune” e ” qualunque tentativo delle organizzazioni sociali di modificare le cose sarà visto come un disturbo provocato da sognatori romantici”.

Ciranda
Xoán, al centro, con un gruppo di agricoltori familiari

Xoán è pienamente consapevole del fatto che Ciranda sia un’esperienza che “contraddice profondamente i fondamenti del mercato capitalista, dove chi ha di più e chi fa più soldi vale di più”. Per questo, molte volte, spiega, “le famiglie tendono a essere ridicolizzate, a essere minimizzate, a dire che questo non funziona, che questo non può nutrire l’umanità, quando abbiamo già diverse ricerche che dicono che, per esempio, un ettaro di agroforestazione – che è il metodo con cui lavoriamo, il sistema agroforestale – è più produttivo di un ettaro di monocoltura di soia. Questo in termini monetari, ma anche in termini ecologici. Quindi, smantellare questa ‘razionalità monetarista’ è una delle sfide che abbiamo e a cui lavoreremo nei prossimi anni”.

Ciranda
I giovani del progetto Ciranda in uno studio sul campo

*Foto e video prodotti prima delle ultime misure adottate per fronteggiare l’emergenza Covid-19

In cammino verso il Forum della ministerialità sociale

Forum

In preparazione al Forum della famiglia comboniana sulla ministerialità sociale, che si realizzerà a Roma il prossimo 3-7 luglio 2021, rimandato già due volte a causa della pandemia, è stato realizzato un webinar il 4 e il 5 di dicembre scorso,  una tappa importante, alla quale ne seguirà un’altra, fissata per il 5-6 marzo 2021 per raccogliere la ricchezza del cammino fatto, approfondire i contenuti e cominciare a tracciare linee operative per una missione sempre più attenta alle attese dei poveri e aperta al cambiamento di paradigma (AC 2015 n. 12).

Forum

Il cammino viene da lontano, soprattutto attraverso la partecipazione ai Forums sociali mondiali, dal 2007 a Nairobi, fino all’ultimo, realizzato a Salvador de Bahia in Brasile nel 2018. Fu in questo ultimo Forum che i 53 rappresentanti della Famiglia Comboniana decisero di dare forma al processo avviato prima di tutto raccogliendo le tracce dell’esperienza fatta e in seguito per condividerla con i giovani in formazione e con tutti i confratelli e consorelle, consacrati e laici.

I Responsabili della famiglia comboniana hanno accolto la proposta ed  hanno nominato una commissione, indicando loro alcuni compiti: pubblicare dei testi  sia per mettere in luce le motivazioni  e i fondamenti biblici-teologici-missionari che spingono i comboniani e le comboniane a vivere la ministerialità sociale nella quotidianità della missione; ma anche raccogliere le esperienze di vita vissuta nei vari continenti, insieme ad una mappatura a largo raggio, dando la possibilità a tutti i membri della famiglia comboniana di esprimere le scelte, i metodi, le motivazioni, la collaborazione, gli ostacoli, i risultati e la spiritualità che li spinge ad assumere questo servizio con e tra i poveri e abbandonati.

La commissione ha pubblicato 2 testi: il primo nel 2018: “Siate il cambiamento che volete vedere nel Mondo”, esplicitando in esso le motivazioni, bibliche, teologiche e pastorali della ministerialità sociale. Il secondo volume, pubblicato nel 2020, dal titolo “Noi siamo missione: Testimoni di ministerialità sociale” raccoglie una trentina di esperienze di vita dei consacrati e laici comboniani nell’impegno sociale nei vari continenti.

Questo lavoro sostiene il processo di cambiamento su due binari particolari; il primo quello di passare da esperienze di vita a modelli di vita e di impegno sul territorio, aiutando a creare rete e sinergia  di alcuni ambiti prioritari nella ministerialità, come per esempio la cura delle persone, la lettura popolare della Bibbia , l’educazione,  la comunicazione e i MEDIA, il dialogo ecumenico e la risoluzione dei conflitti, l’impegno ecologico e i nuovi stili di vita, la necessità di creare una economia alternativa a quella del mercato, a partire dal coinvolgimento degli stessi poveri; le scuole e i foyers, la cultura della giustizia, pace e fraternità universale… In secondo luogo vivere l’appartenenza alla famiglia comboniana come forza  di trasformazione della realtà e alternativa alla cultura che crea esclusione di miliardi di poveri,  considerandoli  “scarti”, aprendosi sempre di più alla collaborazione con movimenti sociali culturali e ecclesiali e contaminare tutti con i valori del Vangelo del Regno.

Il Webinar del 4-5 dicembre scorso ha visto una partecipazione consistente e veramente incoraggiante di comboniani e comboniane. La pandemia ci ha obbligati ad entrare sempre più in questa forma di comunicazione digitalizzata. L’interesse e la partecipazione fatta in questa nuova forma hanno permesso di raggiungere persone e situazioni impensabili, e il lavoro dei gruppi è stato molto ricco e ha manifestato la vitalità del carisma comboniano nel mondo.

Per il giorno 4 dicembre sono stati invitati due laici, Marco Moscatelli, biblista e Stella Morra, teologa, i quali a partire dalla loro ricerca e dal loro ruolo nella comunità accademica, pastorale ed ecclesiale, hanno indicato in maniera magistrale il luogo da cui partire e l’obiettivo da raggiungere per una ministerialità sociale.

Per Luca Moscatelli, è necessario partire da coloro che sono “fuori”, dal mondo come luogo teologico, dove cogliere la presenza dello Spirito di Gesù che è all’opera.  È dal di fuori che arrivano le sorprese e da dove ci arriva la salvezza. È quello che sta fuori che modella l’identità di coloro che sono dentro la comunità ecclesiale. La missione ha sempre sottolineato l’importanza di “andare verso” enfatizzando il “NOI”; forse è necessario sottolineare anche il “partire da” “LORO”: dalle periferie esistenziali direbbe Papa Francesco; dai più poveri e abbandonati diremmo noi nella tradizione della famiglia comboniana;  altri direbbero dai margini; L’importante è mettersi in ascolto, vivere l’incontro e la prossimità e scoprire il profetismo di chi già vive le Beatitudini e ci apre e ci stimola a percorrere strade nuove di cambiamento.

Attraverso un excursus biblico e il richiamo di molti personaggi, Luca Moscatelli ci ha fatto comprendere che anche Gesù si è lasciato toccare da persone che non facevano parte del popolo di Israele, come il centurione romano che chiede la guarigione di un suo servo (Lc 7, 1-10) e su di lui dice “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande”. E la donna siro-fenicia che chiede le briciole che cadono dalla tavola degli eletti (Mc 7, 24-30), cambiando la prospettiva di Gesù fino a condurlo ad esclamare dinanzi ai discepoli: “Io ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25-27).

La teologa Stella Morra, ci ha spiegato che nell’incontro con l’altro è importante articolare bene la trilogia: fede, cultura e chiesa. Nel compito dell’evangelizzazione difatti è necessario prendere a cuore la cultura dell’altro come ci insegna il magistero della chiesa (EG 115 e GS 53).

Nell’incontro del Vangelo con i popoli è necessario adottare un nuovo paradigma, che Stella Morra indica: una nuova coraggiosa rivoluzione culturale. La Morra ha sottolineato che per la ministerialità sociale, è necessario porre atti culturali come processi, spesso muti, che diventano espressivi e performativi. Ha inoltre indicato alcuni strumenti che aiutano a rendere efficace il ministero sociale: prima di tutto rompere la rigidità contenutista-identitaria e recuperare la dimensione compensativa. Recuperare una sintassi simbolica e praticare la complessità e l’inclusività come stile di vita. In una parola per una rivoluzione culturale, la chiave di efficacia nell’incontro con l’altro è la Misericordia, come spesso insiste papa Francesco.

Tra i rischi che un missionario può correre nella ministerialità sociale, la Morra ha sottolineato che si può incorrere nel rischio della inesattezza, in quello della debolezza, quello di esagerare, ma ha anche ricordato che non possiamo né dobbiamo correre il rischio dello gnosticismo, del pelagianesimo né quello di sfigurare il significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice. Si può correre il rischio di offrire la misericordia senza condizioni; ma non possiamo correre il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita di ogni persona.

Il Webinar si è concluso dandoci l’arrivederci al prossimo mese di marzo 2021, con il compito di approfondire il due testi pubblicati; l’approfondimento degli interrogativi che i due invitati, Moscatelli e Morra hanno lasciato per proseguire il cammino. Riprendere la ricchezza espressa dal lavoro di gruppo dei 282 iscritti e allargare lo sguardo sulla mappatura di oltre duecento esperienze di vita di missionarie e missionarie impegnati nei vari continenti nella ministerialità sociale.
P. Fernando Zolli, mccj

Verso il Forum sociale comboniano sulla ministerialità sociale 2021

Forum

COMMISSIONE FAMIGLIA COMBONIANA MINISTERIALITA’ SOCIALE

VERSO IL FORUM SOCIALE COMBONIANO 2021

ROMA EUR, 3 – 7 LUGLIO 2021

Cari confratelli, consorelle, secolari e laici comboniani! Pace a voi!

Forum

Sappiamo da tempo che state aspettando il semaforo verde per indicare i nomi dei rappresentanti delle vostre province che dovevano partecipare al Forum di ministerialità Sociale. Vi ringraziamo per la vostra pazienza e disponibilità.

Purtroppo in considerazione della situazione di stallo venutasi a creare con la pandemia del COVID-19, non è stato possibile riunire il Forum Sociale Comboniano a luglio 2020 come programmato ed anche l’ipotesi di ritrovarsi a dicembre 2020 è tramontata visto una seconda ondata di questi ultimi tempi. Ci spiace ancora una volta di dover posporre questo importante evento come famiglia Comboniana ma la situazione ci chiede saggiamente di riorganizzarci per tempi migliori.

L’EVENTO È DUNQUE RINVIATO AL 3-7 LUGLIO 2021.

Tuttavia, per valorizzare questo tempo che ci porterà al Forum in presenza, possiamo animare la famiglia Comboniana e prepararla all’evento.

Ci stiamo orientando su due eventi webinar di 2 giorni: un primo appuntamento a dicembre 2020, e un altro appuntamento a marzo 2021.

PER LA PREPARAZIONE:

Far circolare l’articolo pubblicato su Nigrizia di settembre 2020 per presentare il libro NOI SIAMO MISSIONE. Per gli MCCJ lo troveranno direttamente nella FAMILIA COMBONIANA di novembre 2020. Con questa azione si intende aiutare i partecipanti a focalizzarsi sul lavoro ed arrivare preparati all’evento di dicembre 2020.

DICEMBRE 2020: 2 WEBINAR, VENERDI 4 e SABATO 5 DICEMBRE, DALLE 15.00 ALLE 17.00, ORA DI ROMA

Contenuti:

= Un cambiamento d’epoca: il cammino profetico della Chiesa (relatore da confermare). Si intende offrire un quadro di riferimento più ampio al cammino del Forum Sociale Comboniano, nel contesto di Evangelii Gaudium (EG), Laudato Si (LS), Fratres omnes (FO) Tutti Fratelli.

= Il Forum Sociale Comboniano a confronto con il cammino profetico della Chiesa (relatore da confermare). Una riflessione teologica sul cammino del FSC.

Formato:

Due webinar di 2 ore, incluso uno spazio di interazione (max 30 min). Il webinar sarebbe trasmesso da Roma, con un gruppo che segue in presenza. In altri posti, ove sia possibile si invitano i partecipanti a riunirsi e seguire assieme gli interventi (per poi condividere e riflettere assieme), ma le conferenze sarebbero comunque trasmesse in diretta per rendere possibile la partecipazione di chiunque voglia iscriversi. La registrazione delle conferenze può essere caricata sul canale YouTube per renderle accessibili anche a chi non potesse collegarsi in diretta.

Ci dovrebbe essere la traduzione simultanea in più lingue delle due conferenze. Dalle conferenze emergeranno delle domande guida per una condivisione / riflessione di gruppo (chi partecipa singolarmente su Zoom potrà farla nelle break out rooms) e un compito per casa da fare in preparazione dell’evento di marzo 2021.

Compito per casa: nei mesi tra i due eventi, i partecipanti avranno la possibilità di approfondire le tematiche e di metterle in dialogo con la loro prassi ministeriale. Tra gli strumenti di approfondimento consigliamo fortemente la lettura del libro: NOI SIAMO MISSIONE mandato nelle varie province e comunità via soft copy e anche come libro.

MARZO 2021: 2 WEBINAR, VENERDI 5 e SABATO 6 MARZO 2021

Contenuti:

= Presentazione della mappatura presenze sociali e ministeriali della famiglia comboniana e prima analisi dei dati (in relazione ai contributi del webinar di dicembre) – lavori di gruppo a partire da risultati dell’analisi.

= Condivisione da parte dei gruppi di lavoro (su Zoom, con traduzione in più lingue)

Formato:

Simile all’evento di dicembre.

Il primo giorno ci sarebbe una conferenza da organizzare, seguita da lavoro di gruppo. Il secondo giorno condivisione del lavoro dei gruppi (con traduzione simultanea) e lancio del Forum Sociale Comboniano di luglio 2021.

Compito per casa: in preparazione del FSC, i partecipanti selezionati prepareranno la presentazione della loro esperienza ministeriale più rigenerativa.

LUGLIO 2021: 5 GIORNI A ROMA EUR: 3 – 7 LUGLIO 2021

Il formato del Forum a Roma rimarrebbe quello già elaborato dagli organizzatori, con degli adattamenti visto che parte del programma sarà già stato svolto nei due eventi di dicembre 2020 e marzo 2021. Il vantaggio sarà che si potrà approfondire ulteriormente e che i partecipanti arriveranno molto più preparati e coinvolti nelle dinamiche del Forum.

Il prossimo mese di novembre 2020 vi faremo avere maggiori dettagli per quanto riguarda il primo webinar del 4-5 dicembre 2020. Vi chiediamo di informare i vostri membri delle varie province e comunità così che possano essere presenti in quelle date e in quelle particolari 2 ore per poter partecipare attivamente all’evento.

Forum

A nome della commissione Famiglia comboniana sulla ministerialità sociale, vi saluto fraternamente e rimaniamo uniti nella preghiera in questo tempo difficile ma pieno anche di opportunità nuove. Che Dio ci accompagni e benedica!

P. Daniele Moschetti, MCCJ
Coordinatore della Commissione
Roma, 16 ottobre 2020

Messaggio del Santo Padre Francesco. IV Giornata Mondiale dei Poveri

pan

“Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32)

pan

“Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32). La sapienza antica ha posto queste parole come un codice sacro da seguire nella vita. Esse risuonano oggi con tutta la loro carica di significato per aiutare anche noi a concentrare lo sguardo sull’essenziale e superare le barriere dell’indifferenza. La povertà assume sempre volti diversi, che richiedono attenzione ad ogni condizione particolare: in ognuna di queste possiamo incontrare il Signore Gesù, che ha rivelato di essere presente nei suoi fratelli più deboli (cfr Mt 25,40).

1. Prendiamo tra le mani il Siracide, uno dei libri dell’Antico Testamento. Qui troviamo le parole di un maestro di saggezza vissuto circa duecento anni prima di Cristo. Egli andava in cerca della sapienza che rende gli uomini migliori e capaci di scrutare a fondo le vicende della vita. Lo faceva in un momento di dura prova per il popolo d’Israele, un tempo di dolore, lutto e miseria a causa del dominio di potenze straniere. Essendo un uomo di grande fede, radicato nelle tradizioni dei padri, il suo primo pensiero fu di rivolgersi a Dio per chiedere a Lui il dono della sapienza. E il Signore non gli fece mancare il suo aiuto.

Fin dalle prime pagine del libro, il Siracide espone i suoi consigli su molte concrete situazioni di vita, e la povertà è una di queste. Egli insiste sul fatto che nel disagio bisogna avere fiducia in Dio: «Non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Nelle malattie e nella povertà confida in lui.Affidati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui. Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere» (2,2-7).

2. Pagina dopo pagina, scopriamo un prezioso compendio di suggerimenti sul modo di agire alla luce di un’intima relazione con Dio, creatore e amante del creato, giusto e provvidente verso tutti i suoi figli. Il costante riferimento a Dio, tuttavia, non distoglie dal guardare all’uomo concreto, al contrario, le due cose sono strettamente connesse.

Lo dimostra chiaramente il brano da cui è tratto il titolo di questo Messaggio (cfr 7,29-36). La preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili. Per celebrare un culto che sia gradito al Signore, è necessario riconoscere che ogni persona, anche quella più indigente e disprezzata, porta impressa in sé l’immagine di Dio. Da tale attenzione deriva il dono della benedizione divina, attirata dalla generosità praticata nei confronti del povero. Pertanto, il tempo da dedicare alla preghiera non può mai diventare un alibi per trascurare il prossimo in difficoltà. È vero il contrario: la benedizione del Signore scende su di noi e la preghiera raggiunge il suo scopo quando esse sono accompagnate dal servizio ai poveri.

3. Quanto è attuale questo antico insegnamento anche per noi! Infatti la Parola di Dio oltrepassa lo spazio, il tempo, le religioni e le culture. La generosità che sostiene il debole, consola l’afflitto, lenisce le sofferenze, restituisce dignità a chi ne è privato, è condizione di una vita pienamente umana. La scelta di dedicare attenzione ai poveri, ai loro tanti e diversi bisogni, non può essere condizionata dal tempo a disposizione o da interessi privati, né da progetti pastorali o sociali disincarnati. Non si può soffocare la forza della grazia di Dio per la tendenza narcisistica di mettere sempre sé stessi al primo posto.

Tenere lo sguardo rivolto al povero è difficile, ma quanto mai necessario per imprimere alla nostra vita personale e sociale la giusta direzione. Non si tratta di spendere tante parole, ma piuttosto di impegnare concretamente la vita, mossi dalla carità divina. Ogni anno, con la Giornata Mondiale dei Poveri, ritorno su questa realtà fondamentale per la vita della Chiesa, perché i poveri sono e saranno sempre con noi (cfr Gv 12,8) per aiutarci ad accogliere la compagnia di Cristo nell’esistenza quotidiana.

4. Sempre l’incontro con una persona in condizione di povertà ci provoca e ci interroga. Come possiamo contribuire ad eliminare o almeno alleviare la sua emarginazione e la sua sofferenza? Come possiamo aiutarla nella sua povertà spirituale? La comunità cristiana è chiamata a coinvolgersi in questa esperienza di condivisione, nella consapevolezza che non le è lecito delegarla ad altri. E per essere di sostegno ai poveri è fondamentale vivere la povertà evangelica in prima persona. Non possiamo sentirci “a posto” quando un membro della famiglia umana è relegato nelle retrovie e diventa un’ombra. Il grido silenzioso dei tanti poveri deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per dare loro voce, per difenderli e solidarizzare con essi davanti a tanta ipocrisia e tante promesse disattese, e per invitarli a partecipare alla vita della comunità.

È vero, la Chiesa non ha soluzioni complessive da proporre, ma offre, con la grazia di Cristo, la sua testimonianza e gesti di condivisione. Essa, inoltre, si sente in dovere di presentare le istanze di quanti non hanno il necessario per vivere. Ricordare a tutti il grande valore del bene comune è per il popolo cristiano un impegno di vita, che si attua nel tentativo di non dimenticare nessuno di coloro la cui umanità è violata nei bisogni fondamentali.

5. Tendere la mano fa scoprire, prima di tutto a chi lo fa, che dentro di noi esiste la capacità di compiere gesti che danno senso alla vita. Quante mani tese si vedono ogni giorno! Purtroppo, accade sempre più spesso che la fretta trascina in un vortice di indifferenza, al punto che non si sa più riconoscere il tanto bene che quotidianamente viene compiuto nel silenzio e con grande generosità. Accade così che, solo quando succedono fatti che sconvolgono il corso della nostra vita, gli occhi diventano capaci di scorgere la bontà dei santi “della porta accanto”, «di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 7), ma di cui nessuno parla. Le cattive notizie abbondano sulle pagine dei giornali, nei siti internet e sugli schermi televisivi, tanto da far pensare che il male regni sovrano. Non è così. Certo, non mancano la cattiveria e la violenza, il sopruso e la corruzione, ma la vita è intessuta di atti di rispetto e di generosità che non solo compensano il male, ma spingono ad andare oltre e ad essere pieni di speranza.

6. Tendere la mano è un segno: un segno che richiama immediatamente alla prossimità, alla solidarietà, all’amore. In questi mesi, nei quali il mondo intero è stato come sopraffatto da un virus che ha portato dolore e morte, sconforto e smarrimento, quante mani tese abbiamo potuto vedere! La mano tesa del medico che si preoccupa di ogni paziente cercando di trovare il rimedio giusto. La mano tesa dell’infermiera e dell’infermiere che, ben oltre i loro orari di lavoro, rimangono ad accudire i malati. La mano tesa di chi lavora nell’amministrazione e procura i mezzi per salvare quante più vite possibile. La mano tesa del farmacista esposto a tante richieste in un rischioso contatto con la gente. La mano tesa del sacerdote che benedice con lo strazio nel cuore. La mano tesa del volontario che soccorre chi vive per strada e quanti, pur avendo un tetto, non hanno da mangiare. La mano tesa di uomini e donne che lavorano per offrire servizi essenziali e sicurezza. E altre mani tese potremmo ancora descrivere fino a comporre una litania di opere di bene. Tutte queste mani hanno sfidato il contagio e la paura pur di dare sostegno e consolazione.

7. Questa pandemia è giunta all’improvviso e ci ha colto impreparati, lasciando un grande senso di disorientamento e impotenza. La mano tesa verso il povero, tuttavia, non è giunta improvvisa. Essa, piuttosto, offre la testimonianza di come ci si prepara a riconoscere il povero per sostenerlo nel tempo della necessità. Non ci si improvvisa strumenti di misericordia. È necessario un allenamento quotidiano, che parte dalla consapevolezza di quanto noi per primi abbiamo bisogno di una mano tesa verso di noi.

Questo momento che stiamo vivendo ha messo in crisi tante certezze. Ci sentiamo più poveri e più deboli perché abbiamo sperimentato il senso del limite e la restrizione della libertà. La perdita del lavoro, degli affetti più cari, come la mancanza delle consuete relazioni interpersonali hanno di colpo spalancato orizzonti che non eravamo più abituati a osservare. Le nostre ricchezze spirituali e materiali sono state messe in discussione e abbiamo scoperto di avere paura. Chiusi nel silenzio delle nostre case, abbiamo riscoperto quanto sia importante la semplicità e il tenere gli occhi fissi sull’essenziale. Abbiamo maturato l’esigenza di una nuova fraternità, capace di aiuto reciproco e di stima vicendevole. Questo è un tempo favorevole per «sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo […]. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà […]. Tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente» (Lett. enc. Laudato si’, 229). Insomma, le gravi crisi economiche, finanziarie e politiche non cesseranno fino a quando permetteremo che rimanga in letargo la responsabilità che ognuno deve sentire verso il prossimo ed ogni persona.

8. “Tendi la mano al povero”, dunque, è un invito alla responsabilità come impegno diretto di chiunque si sente partecipe della stessa sorte. È un incitamento a farsi carico dei pesi dei più deboli, come ricorda San Paolo: «Mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. […] Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 5,13-14; 6,2). L’Apostolo insegna che la libertà che ci è stata donata con la morte e risurrezione di Gesù Cristo è per ciascuno di noi una responsabilità per mettersi al servizio degli altri, soprattutto dei più deboli. Non si tratta di un’esortazione facoltativa, ma di una condizione dell’autenticità della fede che professiamo.

Il libro del Siracide ritorna in nostro aiuto: suggerisce azioni concrete per sostenere i più deboli e usa anche alcune immagini suggestive. Dapprima prende in considerazione la debolezza di quanti sono tristi: «Non evitare coloro che piangono» (7,34). Il periodo della pandemia ci ha costretti a un forzato isolamento, impedendoci perfino di poter consolare e stare vicino ad amici e conoscenti afflitti per la perdita dei loro cari. E ancora afferma l’autore sacro: «Non esitare a visitare un malato» (7,35). Abbiamo sperimentato l’impossibilità di stare accanto a chi soffre, e al tempo stesso abbiamo preso coscienza della fragilità della nostra esistenza. Insomma, la Parola di Dio non ci lascia mai tranquilli e continua a stimolarci al bene.

9. “Tendi la mano al povero” fa risaltare, per contrasto, l’atteggiamento di quanti tengono le mani in tasca e non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. L’indifferenza e il cinismo sono il loro cibo quotidiano. Che differenza rispetto alle mani generose che abbiamo descritto! Ci sono, infatti, mani tese per sfiorare velocemente la tastiera di un computer e spostare somme di denaro da una parte all’altra del mondo, decretando la ricchezza di ristrette oligarchie e la miseria di moltitudini o il fallimento di intere nazioni. Ci sono mani tese ad accumulare denaro  con la vendita di armi che altre mani, anche di bambini, useranno per seminare morte e povertà. Ci sono mani tese che nell’ombra scambiano dosi di morte per arricchirsi e vivere nel lusso e nella sregolatezza effimera. Ci sono mani tese che sottobanco scambiano favori illegali per un guadagno facile e corrotto. E ci sono anche mani tese che nel perbenismo ipocrita stabiliscono leggi che loro stessi non osservano.

In questo panorama, «gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 54). Non potremo essere contenti fino a quando queste mani che seminano morte non saranno trasformate in strumenti di giustizia e di pace per il mondo intero.

10. «In tutte le tue azioni, ricordati della tua fine» (Sir 7,36). È l’espressione con cui il Siracide conclude questa sua riflessione. Il testo si presta a una duplice interpretazione. La prima fa emergere che abbiamo bisogno di tenere sempre presente la fine della nostra esistenza. Ricordarsi il destino comune può essere di aiuto per condurre una vita all’insegna dell’attenzione a chi è più povero e non ha avuto le stesse nostre possibilità. Esiste anche una seconda interpretazione, che evidenzia piuttosto il fine, lo scopo verso cui ognuno tende. È il fine della nostra vita che richiede un progetto da realizzare e un cammino da compiere senza stancarsi. Ebbene, il fine di ogni nostra azione non può essere altro che l’amore. È questo lo scopo verso cui siamo incamminati e nulla ci deve distogliere da esso. Questo amore è condivisione, dedizione e servizio, ma comincia dalla scoperta di essere noi per primi amati e risvegliati all’amore. Questo fine appare nel momento in cui il bambino si incontra con il sorriso della mamma e si sente amato per il fatto stesso di esistere. Anche un sorriso che condividiamo con il povero è sorgente di amore e permette di vivere nella gioia. La mano tesa, allora, possa sempre arricchirsi del sorriso di chi non fa pesare la propria presenza e l’aiuto che offre, ma gioisce solo di vivere lo stile dei discepoli di Cristo.

In questo cammino di incontro quotidiano con i poveri ci accompagna la Madre di Dio, che più di ogni altra è la Madre dei poveri. La Vergine Maria conosce da vicino le difficoltà e le sofferenze di quanti sono emarginati, perché lei stessa si è trovata a dare alla luce il Figlio di Dio in una stalla. Per la minaccia di Erode, con Giuseppe suo sposo e il piccolo Gesù è fuggita in un altro paese, e la condizione di profughi ha segnato per alcuni anni la santa Famiglia. Possa la preghiera alla Madre dei poveri accomunare questi suoi figli prediletti e quanti li servono nel nome di Cristo. E la preghiera trasformi la mano tesa in un abbraccio di condivisione e di fraternità ritrovata.

Roma, San Giovanni in Laterano, 13 giugno 2020, Memoria liturgica di Sant’Antonio di Padova.

Francesco