Laici Missionari Comboniani

Rimetti a noi i nostri debiti!

Emma assembleia prisoes

Dal 22 al 24 di Aprile ho partecipato in Uberlandia, città del Minas Gerais, all’ Assemblea Regionale della Pastorale Carceraria, un incontro annuale che vede riuniti tutti i rappresentanti delle città del Minas Gerais che lavorano in questa pastorale. Tema dell’incontro: Ecumenismo, Giustizia e Misericordia.
Una giustizia che è madre della pace, una Giustizia che si compie con misericordia e verità, una Giustizia che non si fa solo con la ragione, ne solo con il cuore, ma una Giustizia che è ragione e cuore insieme.
Una Giustizia che molto spesso è malata di una soffocante burocrazia, vecchia e conservatrice, di una corruzione che è male del mondo, che dimentica di essere riconciliativa, che cerca il bene di tutti, per essere solo punitiva e elitaria. C’è un proverbio africano che dice che “ai processi si va con un ago per cucire e non con un coltello per tagliare” , una giustizia che lavora per far emergere quell’Umanità Perduta, anche quando si è colpevoli, perché è solo attraverso un atto di misericordia e non di condanna che nascono i cambiamenti, di vita e di speranza.
Se non credessi in tutto ciò, non potrei svolgere il mio servizio missionario nella Pastorale Carceraria, dove tre volte a settimana incontro i detenuti del carcere maschile e femminile.  E’ il mio Vangelo quotidiano, dove le ferite delle colpe sanguinano e provocano dolore, da parte di chi ha commesso il crimine e di chi lo ha ricevuto: “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Saper perdonare, saper ascoltare, attraverso un cammino che si fa insieme, colpevole e vittima, attraverso una riconciliazione che cambia completamente la Vita, il peso di una colpa e il peso dell’odio.
Nei giorni dell’Assemblea ho sentito forte il mio impegno in questo cammino, così come nei miei colleghi/e che prestano servizio volontario nelle carceri. Nessuno di noi riceve un salario, ne elogi o complimenti da parte della gente, che al contrario ci vede di più come “amici dei banditi o dei vagabondi”, perché i detenuti vengono considerati immondizia del mondo, male da estirpare e non da recuperare.

Tutto quello che facciamo è frutto della nostra passione e della nostra convinzione, della nostra fede per un carcere che sappia educare e non solo punire, che possa essere più dignitoso e rispettoso, che sappia creare Misericordia e Pace.

Il Brasile è al quarto posto tra i paesi con la maggior quantità di carcerati nel mondo, dopo Stati Uniti, Russia e Cina. I diritti umani non sono i benvenuti nelle carceri brasiliane, così come in altri carceri del mondo, questa è anche la nostra “lotta” il loro pieno riconoscimento.

Sovraffollamento, condizione igieniche inesistenti, topi che fanno compagnia ai detenuti, che corrono di notte dentro le celle, violenze fisiche e psicologiche, attività illecite portate avanti. Tutto questo si trova facendo visita in un carcere, dove Umanità e Legalità non hanno più significato, in una piena contraddizione dentro una struttura che dovrebbe ricrearle e garantirle.
Queste sono riflessioni, proposte, impegni che hanno condotto i nostri giorni di Assemblea, che hanno stimolato e animato il nostro SI a questa pastorale, ricordando che non c’è crimine o peccato che possa cancellare l’uomo dal cuore di Dio misericordioso.
Inizierò a collaborare con l’equipe della coordinazione statale del Minas Geras, per il tempo che mi sarà possibile, un invito che mi ha riempito di gratitudine e speranza per un lavoro che mette le nostre vite a disposizione di questa causa, nella promozione di dignità della vita umana e per la costruzione di un mondo libero “dalle prigioni”.

Emma assembleia prisoesEmma, ​​LMC

Inizia causa di beatificazione di p. Ezechiele Ramin

EzequielIl processo rogatoriale diocesano per la causa di beatificazione del “servo di Dio” padre Ezechiele Ramin – già proclamato “Martire della Carità” dal Papa S. Giovanni Paolo II – è iniziato, con la prima sessione pubblica, sabato 9 aprile a Padova. Padre “Lele” Ramin, comboniano padovano, fu ucciso il 24 luglio 1985 a Cacoal in Brasile. L’indagine sulla fama di santità, avvalorata dall’indicazione “super martyrio”, rivela la consapevolezza che il religioso è morto nella difesa della propria fede, per la pace e la giustizia. La rogatoria è stata aperta nella chiesa dei missionari comboniani di via San Giovanni da Verdara a Padova con l’istituzione del tribunale sul processo “super martyrio” e il giuramento dei componenti. Dopo un primo momento di preghiera, monsignor Pietro Brazzale, coordinatore generale della rogatoria ha presentato le motivazioni e il significato. È seguito il giuramento del vescovo Claudio Cipolla e dei membri del Tribunale per la rogatoria diocesana: il giudice delegato monsignor Giuseppe Zanon; il promotore di giustizia don Antonio Oriente; il notaio attuario avvocato Mariano Paolin e il notaio aggiunto e coordinatore generale della rogatoria, monsignor Pietro Brazzale.

Sono passati più di 30 anni da quel 24 luglio 1985, quando Padre Ezechiele Ramin (Lele per gli amici e parrocchiani), missionario comboniano in Brasile, fu ucciso da pistoleiros assoldati da latifondisti che non amavano la sua ”intrusione” in “affari” che non dovevano riguardarlo.

Tornava dalla fazenda Catuva dove si era recato per dissuadere i contadini dall’impugnare le armi. “Intendo camminare con voi, lottare insieme a voi, aveva detto ai “senza terra”. So bene che questa mia scelta mi può costare la vita. Tuttavia ne accetto tutte le conseguenze, fosse pure la prigione, la tortura o anche lo spargimento di sangue”. Parole profetiche che non tardarono molto a trovare la loro verifica e attuazione. Venne ucciso per aver solidarizzato, da sacerdote missionario, con un popolo perseguitato, gli Indios, privati della terra dai latifondisti e dei loro diritti più elementari dai loro sfruttatori.

Ezechiele Ramin nasce a Padova il 9 febbraio 1953. Dopo aver frequentato le medie e conseguito la maturità classica all’Istituto vescovile Barbarigo, inizia il postulato tra i comboniani a Firenze, dove prosegue gli studi teologici.

Entra in noviziato nel 1974 a Venegono Superiore (Varese) ed emette i primi voti il 5 giugno 1976.  Prosegue la sua formazione a Mirfield (Inghilterra) e Chicago (USA) per poi iniziare il suo servizio missionario in Messico, prima a Campesina e poi a Cabo S. Lucas (Bassa California). Il 15 maggio 1980 emette i voti perpetui e il 28 settembre dello stesso anno viene ordinato sacerdote.

Il 20 gennaio 1984 arriva in Brasile, con destinazione Cacoal in Rondonia, dove prende a cuore la problematica indigena della ripartizione delle terre. Il 24 luglio 1985 viene ucciso. Pochi giorni dopo Papa S. Giovanni Paolo II parlerà di lui come di un martire della carità.

Lele non fu un isolato in quel Brasile che anche oggi, dopo trenta anni, sembra particolarmente difficile a causa dei grandi conflitti e delle forti tensioni che si vivevano in molti contesti, testimonia P. Giovanni Munari, superiore provinciale dei comboniani in Italia e compagno di studi e di lavoro di P. Lele. “La chiesa voleva essere voce dei piccoli e dei poveri, i religiosi si erano messi in prima linea in tante situazioni estreme dove la vita, la libertà, la terra e la democrazia erano cose che bisognava conquistare un pezzetto alla volta”. “In quegli anni – prosegue P. Munari – moltissimi preti ma anche suore, animatori di comunità, esponenti del mondo sindacale e politico fecero una scelta di campo, mettendosi dalla parte delle vittime della società. Pagarono un prezzo molto elevato per questo. Ezechiele fu uno di loro e, fino ai nostri giorni, in Brasile lo ricordano per la sua testimonianza e il suo impegno”.

Il 1 aprile 2016 in Rondonia (Brasile) viene aperto il processo di beatificazione di P. Lele. Il 9 Aprile la diocesi di Padova dà il via alla rogatoria la raccolta di testimonianze e documenti pertinenti allo stesso processo.

Per la conclusione ci vuole tempo e pazienza. Ma noi, nel frattempo, ci mettiamo da subito in ascolto della vita di P. Lele, ci mettiamo in ascolto del Vangelo dei poveri che P. Lele ha difeso fino a dare la vita.

Accogliere fa bene all’Europa

Limone

Una quarantina di missionari e missionarie comboniani che lavorano nelle province comboniane d’Europa hanno partecipato al Simposio di Limone 2016, un evento organizzato dal Gruppo europeo di riflessione teologica (Gert), dal 29 marzo al 2 aprile, presso la casa natale di Comboni a Limone sul Garda (Italia). Il tema di quest’anno è stato: “Migrazione e missione”. Profughi e migranti vanno trattati come fratelli e considerati come un’opportunità per costruire una società plurale e per rafforzare il dialogo interreligioso. L’Ue smetta di vendere armi e contribuisca a mettere fine alle ingiustizie e alle guerre. Questo l’appello della Famiglia Comboniana, firmato dai partecipanti alla fine del Simposio.

Appello della Famiglia Comboniana
ACCOGLIERE FA BENE ALL’EUROPA

Noi comboniani, comboniane, secolari comboniane e laici comboniani presenti in varie nazioni d’Europa, al termine del simposio a Limone sul Garda (29 marzo-2 aprile 2016) dedicato al tema: “Migrazione e missione”, vogliamo riaffermare la nostra solidarietà al fianco dei nostri fratelli e sorelle che giungono da noi in fuga da guerre, persecuzioni, dittature e crisi ambientali.

Intendiamo ribadire che l’accoglienza dello straniero, con forza sottolineata da papa Francesco – «i profughi sono la carne viva di Cristo» –, è un’esigenza fondamentale del Vangelo. Desideriamo altresì sottolineare che l’apertura all’altro, nella sua diversità culturale e religiosa, è un’occasione di crescita che arricchisce la nostra identità di esseri umani e cristiani.

Siamo preoccupati della crescente penetrazione nella società di pregiudizi e sentimenti islamofobi propagandati da politici e intellettuali che, con grossolane semplificazioni, sembrano non fare distinzione tra islam e terrorismo islamico, insinuando non di rado che la violenza è insita nella stessa religione islamica. Tali pregiudizi e atteggiamenti ostili rafforzano nei nostri fratelli e sorelle musulmane sentimenti di esclusione, con un effetto particolarmente deleterio sui giovani delle seconde generazioni di immigrati che più facilmente rischiano di finire arruolati nelle file del Gruppo Stato islamico.

Desideriamo quindi ribadire il nostro impegno a favore del dialogo interreligioso, dell’approfondimento di altre fedi e dell’impegno comune nella costruzione di una società fondata sul rispetto della diversità e della pluralità religiosa. Per noi ci può essere solo una umanità al plurale.

Come membri della famiglia comboniana in Europa vogliamo esprimere l’inequivocabile condanna del recente accordo tra l’Unione europea e la Turchia (18 marzo 2016) sulla questione dei migranti. La chiusura delle frontiere attivata da varie nazioni d’Europa per impedire l’ingresso ai profughi e il respingimento dei cosiddetti immigrati irregolari sono una palese violazione di convenzioni internazionali che sanciscono il diritto di asilo. Siamo convinti che la presenza di immigrati nei nostri paesi è un arricchimento sociale, culturale, religioso e, non ultimo, economico.

Mentre l’Europa è impegnata a costruire barriere per bloccare l’esodo dei profughi – esodo determinato soprattutto dalle guerre in Medio Oriente e Libia – troppo poco viene fatto per mettere fine ai conflitti armati che sono alla radice delle migrazioni forzate. Chiediamo pertanto ai nostri governi di interrompere la vendita di armi a nazioni in guerra ed esercitare pressioni affinché le parti in lotta arrivino a negoziare una soluzione pacifica.

Come famiglia comboniana confessiamo il nostro silenzio di fronte allo scandalo della corsa al riarmo globale e riconosciamo la nostra complicità con questo sistema economico-finanziario che permette a pochi di avere quasi tutto privando gran parte dell’umanità del necessario e che ha bisogno delle armi e delle guerre per perpetuarsi.

Come cristiani, discepoli di Gesù di Nazaret, rinnoviamo l’impegno a costruire un mondo più giusto, vivibile per tutti.
Limone sul Garda
Sabato 2 aprile 2016

Limone

Nei confini della tratta di esseri umani

Talita KumIl giorno 5 di marzo, nella casa dei Missionari del Verbo Divino in Lisbona, abbiamo partecipato al seminario sopra il tema “Traffico di Persone” organizzato dal CAVITIP e condotto dalla suora Comboniana Italiana Gabriella Bottani.

Il Traffico di Persone è una realtà complessa che violenta la vita della gente concreta, delle famiglie, delle Comunità. Richiede un approccio intelligente, con cuore, coraggio, professionalità e un lavoro, soprattutto, di rete.

Non è stato un caso che è stata scelta per l’apertura dell’incontro la frase: “Avanzate per le acque più profonde e lanciate le reti per la pesca” (Lc 5,4)

E’ stato motivo per chiederci: Quali acque profonde possono essere per le nostre vite: la nostra fiducia in Dio? le nostre paure o fragilità? il nostro modo di vedere le ferite dei nostri fratelli? l’Amore di Dio e al prossimo?

La rete che ci è stata presentata “Talita Kuma” è una rete Internazionale di Vita Consacrata contro il Traffico di Persone, fondata nel 2009. E’ una rete che unisce varie reti e che lotta contro questo flagello che distrugge la vita di tanti esseri umani.

L’approccio a questo problema ha diverse facce.

Nella prevenzione, più che mettere in guardia dai pericoli che possono annidarsi dietro un’offerta di lavoro interessante dall’altra parte del mondo, cerca di dare prospettive di una vita felice nel luogo dove le persone vivono, proponendo alternative per cercare di costruire risorse migliori e progetti di vita che abbiano un significato positivo.

Il pericolo deve essere lanciato in vari livelli, specialmente in campo educativo. Perché tutti possono essere coinvolti, dalla Comunità nella quale viviamo, dalle segnalazioni di denuncia che conosciamo, dalla protezione delle vittime e dei loro familiari (due facce di una realtà che può essere separata da migliaia di chilometri)

Lo studio e la ricerca del fenomeno è fondamentale per una lotta metodica, concreta ed efficace e soprattutto multidisciplinare…perché la risoluzione del problema non si limita ad un ambito poliziesco, ma coinvolge una visione psicologica, sociologica, spirituale, in un accompagnamento integrale che non si può limitare solo ad un aspetto.

Durante l’incontro sono stati presentati alcuni testimoni, persone riscattate dalla rete di traffico. Storie vere che raccontano il dolore e la paura di chi è stata vittima e ha saputo riprendere in mano la propria vita, anche se con molte cicatrici, ma ancora in piedi, esempio di coraggio e segnale di speranza per tutti noi.

Mi ha impressionato specialmente la testimonianza di una madre che dopo che la figlia è ritornata a casa, continuava ad essere etichettata e giudicata dalla propria Comunità, questa madre esclamò con dolore: “ma è mia figlia!”

Come sarebbe differente il mondo se fossimo capaci di vedere le vittime in questo modo…con uno sguardo di amore. Saremmo sinceri e contemplativi, perché come dice Papa Francesco, chi ama contempla (cf. EG 199).

Per concludere, condivido la sfida della rete Talitha Kum, sopra quello che ognuno di noi può già fare per unirsi a questa causa. Al lavoro!

Cosa posso fare per aiutare:

  • Informarsi sopra il traffico di persone nel mondo e nel suo paese.
  • Contattare e conoscere organizzazioni, nel proprio paese, che sono impegnate contro il traffico di persone.
  • Impegnarsi come volontario in attività di prevenzione e comunicazione sociale e politica.
  • Appoggiare questa causa con preghiere.
  • Appoggiare e partecipare in campagne contro il traffico di persone.
  • Comprare prodotti provenienti dai centri di recupero delle vittime e appoggiare economicamente.

“Se vuoi andare veloce, vai da solo.

Se vuoi andare lontano, vai con gli altri”

(Proverbio Africano)

Pedro Moreira, LMC

Justiça nos Trilhos (Giustizia sulle rotaie)

Periodicamente presentiamo una relazione sopra la lotta contro l’impatto dei conflitti socio-ambientali legati all’industria mineraria nel Maranhão (Brasile).

Oggi vi invitiamo a guardare  questo documentario realizzato in associazione con Signis Brasil  dove si descrive questa realtà, come la Comunità si mantiene unita nella lotta per i suoi diritti e come la Chiesa sta aiutando e appoggiando. Come sapete, in questa realtà siamo presenti come Famiglia Comboniana, potete ascoltare le testimonianze di padre Massimo e padre Dario (missionari Comboniani) e Xoancar (LMC).

Vi lasciamo, anche, un articolo pubblicato sulla rivista Famiglia Cristiana che potete leggere.