Alcuni anni fa, in un villaggio appartenente alla parrocchia di Mongoumba, c’era una famiglia cristiana, impegnata nella parrocchia; il padre, catechista, aveva diversi figli; uno di loro, Eloy, aveva 10 anni.
Un giorno, Eloy andò a fare il bagno nel fiume, come al solito, e quando tornò a casa, ebbe un collasso, senza coscienza, e cadde in coma.
Suo padre lo portò subito al centro sanitario, dove non poterono fare nulla, perché il centro era molto semplice, e lo indirizzarono all’ospedale di Mongoumba.
Quando sono arrivati all’ospedale e lo hanno ricoverato, nessuno sapeva dare una risposta, le possibilità di esami e analisi erano nulle, non c’era l’attrezzatura per una TAC. E suo padre, Jean Batiste, non sapendo cosa fare e dove chiamare, è andato in chiesa a cercare conforto e ha parlato con il parroco; e da quel momento in poi, nella preghiera comunitaria, Eloy e la sua famiglia erano sempre presenti e abbiamo cercato di sostenere la famiglia, sia fisicamente che spiritualmente.
Non sappiamo come e perché, ma un giorno Eloy ha iniziato a svegliarsi, con il corpo ancora paralizzato.
Il centro di riabilitazione “DA TI NDOYE” della parrocchia lo ha accolto. Con lo sforzo e la speranza di tutti, il fisioterapista ha iniziato a lavorare con lui.
Dopo un mese di lavoro e di sforzi quotidiani, Eloy, sulla sua sedia a rotelle, ha iniziato a frequentare la scuola della missione: il suo sogno era giocare a calcio.
A Mongoumba ha continuato la sua vita, il più normale possibile, ha frequentato le lezioni di catechismo, come nella sua comunità, è stato battezzato e ha ricevuto la prima comunione.
Una domenica, durante la messa, quando stava per ricevere la comunione, si alzò in piedi davanti a tutti e riuscì ad arrivarci da solo.
Dieci anni dopo, la domenica di Pasqua, ho incontrato Eloy nella sua comunità, con i suoi amici; è un giovane di 20 anni, autonomo, che cammina senza alcun sostegno esterno e ha un sorriso che riempie il cuore di chiunque lo riceva.
Ho avuto il privilegio di partecipare a un seminario sull’Enneagramma organizzato dalle Laici Missionari Comboniani a Nairobi. L’Enneagramma è un sistema di identificazione dei tipi di personalità che può aiutare a capire meglio se stessi e a relazionarsi con gli altri. Il workshop ha riunito circa 20 partecipanti vivaci e diversi, sia membri del LMC che candidati. Tutti desiderosi di crescere nella consapevolezza di sé e nello spirito comunitario.
Le sessioni sono state animate dalla sempre energica Lorna Tumbo, il cui calore ed entusiasmo hanno illuminato ogni momento. La sua passione e la sua profonda conoscenza dell’Enneagramma hanno creato un ambiente di apprendimento coinvolgente, riflessivo e, a volte, emotivo. Tutti sono rimasti veramente colpiti e ispirati dalla sua animazione.
Abbiamo condiviso storie, riso insieme, riflettuto profondamente e creato legami significativi. Non si è trattato di un semplice workshop, ma di un sentito viaggio di trasformazione e di scoperta.
Mi sono unita ai Laici Missionari Comboniani a febbraio e finora la mia esperienza è stata incredibilmente gratificante. Mi sento parte di una famiglia orientata alla missione che dà valore alla fede, al servizio e alla crescita personale.
Uno dei momenti più importanti per me è stato scoprire il mio tipo di personalità dell’Enneagramma. Ho scoperto di essere di tipo 6 – il lealista. Questa scoperta mi ha aiutato a capire le mie motivazioni principali, le mie paure e il mio modo di reagire al mondo. È una scoperta che mi sta già aiutando a diventare più intenzionale nel modo in cui vivo, servo e mi relaziono con gli altri.
Questo workshop mi ha ricordato che la missione inizia dall’interno, dalla conoscenza e dall’amore per noi stessi. Sono grata per l’opportunità e non vedo l’ora di continuare questo viaggio di fede e di trasformazione.
A volte, in ospedale, le giornate trascorrono immerse nella quotidianità, nel lavoro di routine. Spesso è difficile rompere la monotonia. Anche se abbiamo a che fare con persone diverse, si ripetono gli stessi momenti: il pianto, il disorientamento, l’attesa estenuante prima di un addio che non vogliamo, una diagnosi che ci blocca la vita, una solitudine indesiderata, un dolore persistente e cronico…
In mezzo a tutta questa sofferenza, e nel contesto del tempo pasquale che stiamo celebrando, mi chiedo sempre di nuovo: dove sei, Signore? Come posso vederti e scoprirti risorto? Quali segni di Vita posso trovare in mezzo a tanto dolore?
E poi ti vedo. Ti vedo in quelle parole piene di tenerezza che chiedono il permesso di pulire un paziente a letto, di fare un esame del sangue. Ti riconosco nelle mani che accarezzano con conforto le guance di chi soffre, negli occhi della persona costretta a letto che, con uno sguardo e un sorriso, ci dà il buongiorno. Sei nelle mani sempre pronte ad aiutare, in quelle che, nonostante la frenesia quotidiana, trovano il tempo di ascoltare.
Sì, Signore, tu abiti in tutte queste situazioni. Ed è lì che ti riconosco e ti vedo risorto, che dai VITA in mezzo a tante esperienze di morte che a volte dobbiamo vivere come operatori sanitari.
“La pace sia con tutti voi! Questo è stato il primo saluto di Gesù risorto. Il buon pastore che ha dato la vita per il popolo di Dio”.
Così ha esordito il nuovo Papa Leone XIV al momento della sua elezione.
È un missionario agostiniano, figlio di immigrati, americano di nascita e peruviano di adozione, che per dodici anni ha ricoperto il ruolo di Priore Generale degli Agostiniani e che per 18 anni è stato missionario in Perù.
In questi giorni si parlerà molto del suo passato, si cercherà di scoprire il suo stile, le sue inclinazioni, si discuterà se è più conservatore o progressista?
Dai suoi frutti lo riconoscerete (Mt 7,16).
Preghiamo per lui e per la sua nuova missione, così importante per tutta la Chiesa e per il mondo intero.
Ma non vogliamo solo accompagnarlo con le nostre preghiere, vogliamo essere corresponsabili. La Chiesa ha pregato affinché lo Spirito Santo ci accompagni in questo momento e ci aiuti a camminare sulle orme di Gesù e ad aiutare i bisogni del mondo.
Questo non è solo il compito del Papa, ma di ognuno di noi cristiani. Siamo noi ad essere chiamati ad essere fedeli al Vangelo. Se vogliamo una Chiesa vicina a chi soffre, di vita semplice, di profonda speranza che sappia trasmettere la pace che il Signore risorto vuole per tutti… Se vogliamo che sia la mano che consola e aiuta nei momenti difficili, la compagna instancabile che incoraggia nella lotta per un mondo più giusto e umano per tutti, che crea ponti affinché la guerra o la violenza non siano mai la soluzione dei conflitti, che aiuta a comprendere la ricchezza di chi è diverso e allontana la paura dello sconosciuto o di chi viene da un altro Paese, da un’altra cultura o professa un’altra fede. Se cerchiamo un mondo senza tante disuguaglianze, dove sappiamo condividere le ricchezze, che sono più che sufficienti per tutti ma che spesso vengono accaparrate da pochi e mettono in difficoltà i molti… Se vogliamo prenderci cura della terra, la nostra casa comune, che è in prestito delle generazioni future e un luogo dove possiamo godere delle meraviglie che Dio ci ha donato… …. Se vogliamo una Chiesa degna dello Spirito Santo stesso, spetta a tutti noi discernere la responsabilità che abbiamo. Spetta a ciascuno di noi personalmente fare un passo avanti. Spetta a noi come comunità aiutarci, confortarci, interrogarci, rafforzarci e camminare insieme perché insieme troviamo Dio che è presente in mezzo a noi.
Preghiamo per il nuovo Papa e per ognuno di noi cristiani chiamati a servire il mondo e a seguire le orme di Gesù Risorto che ci precede, che continua ad aprire strade, ad accompagnare e a vivere nelle periferie, vicino a chi ha bisogno e fedele fino all’ultimo respiro.
Le prime parole del nuovo Papa Leone XIV
Ecco il suo primo messaggio tradotto:
La pace sia con voi! Cari fratelli e sorelle, questo è stato il primo saluto di Cristo risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nei vostri cuori, raggiungesse le vostre famiglie e tutte le persone, ovunque esse siano; e a tutti i popoli e a tutta la terra: La pace sia con voi.
Questa è la pace di Cristo risorto, una pace disarmante, umiliante e preservante. Viene da Dio. Dio, che ci ama tutti, senza limiti né condizioni. Teniamo nelle orecchie la voce flebile ma sempre coraggiosa di Papa Francesco, che ha benedetto Roma, il Papa che ha benedetto Roma e il mondo quel giorno, la mattina di Pasqua.
Permettetemi di continuare con la stessa benedizione. Dio ci ama, tutti noi, il male non prevarrà. Siamo tutti nelle mani di Dio. Senza paura, uniti, mano nella mano con Dio e tra di noi, andremo avanti. Siamo discepoli di Cristo, Cristo ci precede e il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità ha bisogno di lui come ponte verso Dio e il suo amore. Aiutaci a costruire ponti con il dialogo e l’incontro, affinché possiamo essere un unico popolo sempre in pace.
Grazie, Papa Francesco!
Grazie ai miei fratelli cardinali che mi hanno eletto per essere il successore di Pietro e per camminare insieme a voi come Chiesa unita che cerca insieme la pace e la giustizia, lavorando insieme come donne e uomini, fedeli a Gesù Cristo senza paura, annunciando Cristo, per essere missionari, fedeli al Vangelo.
Sono un figlio di Sant’Agostino, sono un agostiniano. Egli disse: “Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo”. Che possiamo camminare tutti insieme verso quella patria che Dio ha preparato per noi.
Alla Chiesa di Roma, un saluto speciale: dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, che costruisce ponti, in dialogo, sempre aperta ad accogliere a braccia aperte tutti, come questa piazza, aperta a tutti, a chiunque abbia bisogno della nostra carità, della nostra presenza, del nostro dialogo, del nostro amore.
E se posso dire anche una parola, un saluto, a tutti coloro, e in particolare alla mia cara diocesi di Chiclayo in Perù, dove un popolo fedele ha accompagnato il suo vescovo, ha condiviso la sua fede, e ha dato tanto, per continuare a essere la Chiesa fedele di Gesù Cristo.
A tutti voi, fratelli e sorelle di Roma, dell’Italia, del mondo intero, vogliamo essere una Chiesa sinodale, che cammina e cerca sempre la pace, la carità, la vicinanza, soprattutto con chi soffre.
Oggi è il giorno della Supplica alla Madonna di Pompei.
La nostra benedetta madre Maria vuole sempre camminare con noi, essere vicina a noi, vuole sempre aiutarci con la sua intercessione e il suo amore. Perciò, preghiamo insieme per questa missione, per tutta la Chiesa e per la pace nel mondo.
Chiediamo questa grazia speciale a Maria, nostra madre.
Nella sua esortazione apostolica, Papa Francesco ha sottolineato che la missione non è compito di pochi, ma di tutta la Chiesa. È una responsabilità condivisa da tutti i cristiani, indipendentemente dall’età o dallo status.
2. “La missione è una risposta d’amore all’amore di Dio”
Anno della Misericordia, 2015
In diverse occasioni, Francesco ha sottolineato che la missione scaturisce dalla nostra risposta all’immenso amore di Dio. Quando sperimentiamo questo amore, non possiamo fare a meno di condividerlo con il mondo.
3. “La missione non è opera nostra, ma di Dio”
Messa di invio dei missionari, 2016
Ha ricordato ai missionari che, sebbene siamo suoi strumenti, la missione è prima di tutto opera di Dio. Non agiamo da soli, ma siamo inviati da Lui per trasmettere il suo amore.
4. “Lo zelo missionario è un obbligo d’amore”
Giornata Missionaria Mondiale, 2017
Il Papa ha sottolineato che lo zelo missionario non è un’opzione, ma un obbligo che nasce dall’amore per Dio e per gli altri. È un amore che dovrebbe spingerci a portare la buona novella in ogni angolo del mondo.
5. “La missione nasce dalla preghiera e dall’ascolto della Parola di Dio”
100° anniversario delle Pontificie Opere Missionarie, 2017
Francesco ci ha ricordato che la missione è radicata nella preghiera e nell’ascolto attivo della Parola di Dio. È da questa relazione con Lui che nasce la nostra passione per annunciare il suo messaggio.
6. “La missione è un invito a spendersi con impegno, creatività e generosità”
Giornata Missionaria Mondiale, 2018
Per il Papa, la missione implica un impegno totale, in cui ognuno di noi deve dare il meglio di sé, con sforzo, creatività e generosità.
7. “Annunciare il Vangelo è la prima e più grande carità”
Giornata Mondiale della Carità, 2018
Il Papa ha detto che la più grande opera di carità che possiamo fare è evangelizzare. Portare il messaggio di Cristo è un atto di amore per gli altri, un impegno che dobbiamo vivere con generosità.
8. “La missione è il cuore della fede cristiana”
Giornata Missionaria Mondiale, 2021
In uno dei suoi messaggi più forti, il Papa ha affermato che la missione è il cuore stesso della fede cristiana. È il cuore vivificante della Chiesa e dobbiamo viverla con coraggio e passione.
9. “La missione è ossigeno per la vita cristiana”
Riunione delle Pontificie Opere Missionarie, 2023
In un commovente incontro con i missionari, il Papa ha dichiarato che la missione è fondamentale per la vita cristiana, un “ossigeno” che ci dà vita e significato.
10. “La missione è un instancabile andare verso tutta l’umanità”
Giornata Missionaria Mondiale, 2024
Nel suo messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2024, Francesco ha invitato a non fermarsi mai. La missione è un continuo andare verso tutti, indipendentemente dalle difficoltà.
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