Perché il cammino sinodale di comunione, partecipazione e missione che stiamo celebrando ci coinvolga come Chiesa, affinché essa sia davvero la casa di tutti. Il soffio dello Spirito mantenga vive le comunità nel loro percorso pastorale e missionario. Preghiamo.
Famiglia Comboniana
GEC IN AZIONE: “cuori in fiamme, piedi in cammino
Balsas, nel Maranhão, ha ospitato il 2° incontro regionale dei Gruppi di Spiritualità Comboniana, noti anche come GEC. All’incontro hanno partecipato i rappresentanti dei GEC di Piquiá, Timon, São Luís e Balsas. Era presente anche padre Raimundo Rocha, provinciale dei Missionari Comboniani del Brasile. L’incontro si è svolto presso il Centro di Formazione Nostra Signora di Guadalupe il 16 e 17 settembre.
I Gruppi di Spiritualità Comboniana, o GEC, sono gruppi di laici, uomini e donne, che si identificano con il carisma e la spiritualità di San Daniele Comboni e che, ispirati da questo stesso carisma, cercano di svolgere attività pastorali, sociali e di promozione della missione e di sostenere la missione comboniana.
L’incontro di due giorni a Balsas ha offerto ai GEC momenti di spiritualità e formazione missionaria, di socializzazione e di rinnovamento del loro impegno missionario. I partecipanti si sono inoltre uniti alle parrocchie di Balsas per celebrare il triduo in memoria del vescovo Franco Masserdotti, scomparso 17 anni fa.
Attualmente esistono 14 Gruppi di spiritualità comboniana in tutto il Brasile. Nel Maranhão, i GEC sono presenti a Balsas, Pastos Bons, Timon, São Luís e Piquiá. Ogni gruppo si riunisce regolarmente nel proprio territorio e insieme organizzano un incontro regionale ogni due anni. Questa volta si sono incontrati a Balsas. Il prossimo incontro si terrà nel luglio 2025 a Piquiá, nel comune di Açailândia.
Contiamo sulle preghiere di tutti voi, per intercessione di San Daniele Comboni.
Padre Raimundo Rocha, provinciale mccj Brasil e l’équipe dell’incontro regionale
Papa Francesco all’Udienza generale di oggi: “Ci soffermiamo oggi sulla testimonianza di San Daniele Comboni”
Ecco la trascrizione del discorso di Papa Francesco di oggi, con un video in italiano.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Nel cammino di catechesi sulla passione evangelizzatrice, ci soffermiamo oggi sulla testimonianza di San Daniele Comboni. Egli è stato un apostolo pieno di zelo per l’Africa. Di quei popoli scrisse: «si sono impadroniti del mio cuore che vive soltanto per loro» (Scritti, 941), «morirò con l’Africa sulle mie labbra» (Scritti, 1441).
E a loro si rivolse così: «il più felice dei miei giorni sarà quello in cui potrò dare la vita per voi» (Scritti, 3159). Questa è l’espressione di una persona innamorata di Dio e dei fratelli che serviva in missione, a proposito dei quali non si stancava di ricordare che «Gesù Cristo patì e morì anche per loro» (Scritti, 2499; 4801).
Lo affermava in un contesto caratterizzato dall’orrore della schiavitù, di cui era testimone. La schiavitù “cosifica” l’uomo, il cui valore si riduce all’essere utile a qualcuno o a qualcosa. Ma Gesù, Dio fatto uomo, ha elevato la dignità di ogni essere umano e ha smascherato la falsità della schiavitù. Comboni, alla luce di Cristo, prese consapevolezza del male della schiavitù; capì, inoltre, che la schiavitù sociale si radica in una schiavitù più profonda, quella del cuore, quella del peccato, dalla quale il Signore ci libera. Da cristiani, dunque, siamo chiamati a combattere contro ogni forma di schiavitù. Purtroppo, però, la schiavitù, così come il colonialismo, non è un ricordo del passato. Nell’Africa tanto amata da Comboni, oggi dilaniata da molti conflitti, «dopo quello politico, si è scatenato (…) un “colonialismo economico”, altrettanto schiavizzante (…). È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca». Rinnovo dunque il mio appello: «Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare» (Incontro con le Autorità, Kinshasa, 31 gennaio 2023).
Torniamo alla vicenda di San Daniele. Trascorso un primo periodo in Africa, dovette lasciare la missione per motivi di salute. Troppi missionari erano morti dopo aver contratto malattie, complice la poca conoscenza della realtà locale. Tuttavia, se altri abbandonavano l’Africa, non così Comboni. Dopo un tempo di discernimento, avvertì che il Signore gli ispirava una nuova via di evangelizzazione, che lui sintetizzò in queste parole: «Salvare l’Africa con l’Africa» (Scritti, 2741s). È un’intuizione potente, che contribuì a rinnovare l’impegno missionario: le persone evangelizzate non erano solo “oggetti”, ma “soggetti” della missione. San Daniele desiderava rendere tutti i cristiani protagonisti dell’azione evangelizzatrice. Con quest’animo pensò e agì in modo integrale, coinvolgendo il clero locale e promuovendo il servizio laicale dei catechisti. Concepì così anche lo sviluppo umano, curando le arti e le professioni, favorendo il ruolo della famiglia e della donna nella trasformazione della cultura e della società. Quanto è importante, anche oggi, far progredire la fede e lo sviluppo umano dall’interno dei contesti di missione, anziché trapiantarvi modelli esterni o limitarsi a uno sterile assistenzialismo!
La grande passione missionaria di Comboni, tuttavia, non è stata principalmente frutto di impegno umano: egli non fu spinto dal suo coraggio o motivato solo da valori importanti, come la libertà, la giustizia e la pace; il suo zelo è nato dalla gioia del Vangelo, attingeva all’amore di Cristo e portava all’amore per Cristo! San Daniele scrisse: «Una missione così ardua e laboriosa come la nostra non può vivere di patina, di soggetti dal collo storto pieni di egoismo e di sé stessi, che non curano come si deve la salute e conversione delle anime». E aggiunse: «bisogna accenderli di carità, che abbia la sua sorgente da Dio, e dall’amore di Cristo; e quando si ama davvero Cristo, allora sono dolcezze le privazioni, i patimenti e il martirio» (Scritti, 6656). Il suo desiderio era quello di vedere missionari ardenti, gioiosi, impegnati: missionari – scrisse – «santi e capaci. […] Primo: santi, cioè alieni dal peccato e umili. Ma non basta: ci vuole carità che fa capaci i soggetti» (Scritti, 6655). La fonte della capacità missionaria, per Comboni, è dunque la carità, in particolare lo zelo nel fare proprie le sofferenze altrui, nel sentirle sulla propria pelle e nel saperle alleviarle, come buoni cirenei dell’umanità.
La sua passione evangelizzatrice, inoltre, non lo portò mai ad agire da solista, ma sempre in comunione, nella Chiesa. «Io non ho che la vita da consacrare alla salute di quelle anime – scrisse – ne vorrei avere mille per consumarle a tale scopo» (Scritti, 2271). Una vita o mille vite: chi siamo noi da soli con la nostra breve vita, se non è la Chiesa tutta a fare missione? Cos’è lo zelo della nostra opera – sembra chiederci Comboni – se non è ecclesiale?
Preghiera della Famiglia Comboniana Settembre 2023
Perché nella nostra pratica pastorale diventiamo sempre più consapevoli delle situazioni di sfruttamento sessuale e del propagarsi del fenomeno della tratta delle donne e dei bambini, dando attenzione e sostegno a quanti operano per eliminare queste situazioni di sofferenza e di ingiustizia. Preghiamo.
Preghiera della Famiglia Comboniana Agosto 2023
Perché siano sempre più rispettati i diritti, le culture e le forme di vita dei popoli indigeni nel loro cammino di emancipazione e riaffermazione della loro piena dignità e perché il profondo senso religioso che essi esprimono trovi nuova accoglienza nel mondo secolarizzato di oggi. Preghiamo.