Laici Missionari Comboniani

Essa Luta è Nossa (Questa è la nostra lotta)

LMC Brasil

PODCAST 2 – INIZIO CON CANZONE “Essa Luta è Nossa Essa Luta è do pouvo…”

Ciao, siamo Anna e Gabriele, e questo è Ciranda, il podcast che racconta la nostra esperienza di missione in brasile. In cui proviamo a portarvi nelle scelte di vita di ogni giorno, di chi vive in questa parte di mondo.

Edvar Dantas Cardeal vive in un piccolo villaggio, alla periferia di Açailândia, nell’entroterra del Maranhão. Sfortunatamente, ancora oggi non possiede la sua storia, perché vive dove nessuno vorrebbe vivere. Quando arrivò a Piquiá, gli piacque molto il nome di quel luogo, un omaggio a uno degli alberi più grandi della regione e dai frutti deliziosi, Il Piqui.

La comunità di Piquiá de Baixo (chiamata così perché si trova nella zona più in basso rispetto al quartiere prossimo) si è creata negli anni 70, quando ancora questa parte di regione veniva chiamata “le porte dell’amazonia”, ricca di vegetazione. Si piantava e si pescava dal fiume che baciava le rive della comunità. Era un piccolo paradiso nei ricordi degli abitanti.

Poi negli anni 80, arrivò lo “sviluppo”, che cambiò addirittura il nome del villaggio, trasformandolo in “Pequiá”, acronimo di “PetroQuímico Açailândia”. La stessa Açailândia, ossia “Città Açaí”, altro gustoso frutto tipico della regione, ha perso il significato del suo nome, dove progresso e rispetto per la vita non possono convivere.

Accanto alla casa di Edvar furono installati 14 forni per l’acciaio, una centrale termoelettrica e, per finire un’acciaieria. La popolazione di Piquiá non sapeva nemmeno cos’era una siderurgica e cosa questo avrebbe voluto dire per loro salute, per la loro vita e che sarebbero diventati poco più che ingranaggi di questa macchina industriale. Le imprese arrivarono con manifesti di lavoro, lavoro per tutti, ma l’intento è stato sempre e solo quello di insediarsi in quel luogo ricavando il massimo al mino prezzo possibile, ingannando la comunità e distruggendo il modo di vivere di quelle famiglie.

Siamo nel 2005, Edvar si dirige verso la piccola casa dell’associazione degli abitanti di Piquiá di Baixo di cui fa parte, potrebbe sembrare un giorno come tanti altri ma forse non sa che da quel giorno iniziò la vera e propria lotta e resistenza della sua comunità! E’ stanco di vedere polvere di ferro cadere dal cielo e posarsi su ogni superficie che trova. Vede amici e parenti che sempre più iniziano a stare male, forte complicanze respiratorie, infezioni della pelle, mal di testa costanti, problemi intestinali, spossatezza…il suo villaggio tanto amato sta cadendo a pezzi sempre di più.

Edvar ha aspettato 60 giorni prima di riuscire a prendere in mano una penna e un foglio bianco, non sa come iniziare a scrivere questa lettera, come usare le parole migliori per raccontare della sua comunità, ma sa di certo a chi sarà diretta: Al presidente Luiz Inácio Lula da Silva!

Poco dopo tempo, la risposta arrivò, con indicazioni che indicavano percorsi e organismi pubblici che la comunità doveva ricercare. Gli abitanti di Piquiá ben presto capirono che da soli, seppur in tanti, non sarebbero riusciti a combattere contro un macigno grande come una siderurgica, così poco a poco sono riusciti a tessere attorno a sé una forte rete di alleati, che hanno portato le lamentele e le richieste della comunità alle istituzioni internazionali, come l’ONU. Così la lotta che era iniziata da Edvar diventò di tutti, della comunità dei Padri comboniani e delle associazioni che con il tempo si sono unite in questa grande resistenza.

Tra tutte le mobilitazioni realizzate dalla comunità nel corso degli anni, alcune sono state molto notevoli, come quella avvenuta nel dicembre 2011, quando centinaia di residenti marciarono e bloccarono la super strada che collega Açailândia a São Luís. Il blocco durò più a lungo di 4 ore in una protesta prolungata con pneumatici in fiamme. Altra protesta degna di nota è stata quella che ha costretto le Acciaierie a pagare l’esproprio, quando i residenti hanno fatto un vero sforzo di cooperazione e, divisi in turni, hanno chiuso per 30 ore i cancelli di entrata e di uscita delle industrie.

“Bisogna fare il possibile nell’impossibile” era ciò che Edvar ripeteva al suo popolo di Piquiá e questa lotta, di tutti, ha dato i suoi risultati. Attraverso tutta questa mobilitazione, il 31 dicembre 2015 è stata ottenuta l’approvazione del progetto urbano per il nuovo quartiere. A causa della burocrazia, che è uno degli strumenti di oppressione dei poveri, le risorse per avviare i lavori sono state rese disponibili solo nel novembre 2018, quando sono iniziati i nuovi lavori per un nuovo BARRIO: “PIQUIA DA CONQUISTA!

Edvar Dantas Cardeal muore il 23 Gennaio 2020, vittima dello stesso male che stava combattendo. I suoi polmoni erano contaminati da polvere di ferro, e la sua lotta finì dopo più di un mese in centro rianimazione, per insufficienza respiratoria e altre complicazioni.

Edvar Dantas, che iniziò questa lotta, non potrà mai vedere il suo fine, ma le sue idee e la sua speranza continuano a vivere nel nuovo popolo di Piquiá da Comquista!

BATE PAPO

La lotta, quindi, è ancora in corso e il suo esito è aperto al dibattito.

I risultati ottenuti dalla comunità sono stati significativi, soprattutto considerando la sproporzione di scala tra la comunità locale e l’industria nazionale/globale. Forse è per questo che le rivendicazioni della Comunità di Piquiá de Baixo trascendono la lotta locale e diventano una bandiera più grande che espone l’altro lato dei programmi di sviluppo. Nello stesso tempo in cui raggiunge livelli internazionali (come l’ONU), questa lotta si svolge sul terreno della comunità, nei rapporti umani diretti, come così ben espresso nella lettera che il signor Edvard scrisse a suo nipote Moisés: Il bello di questa lotta è che non ci stanchiamo, e quando c’è una sconfitta reagiamo con più entusiasmo e convinzione: è evidentissimo che siamo vittime, c’è un’ingiustizia evidente! La legge non può sbagliarsi: saremo risarciti! A volte anche i nonni si illudono e sognano come un giovane inesperto… In fondo è la speranza che ci sostiene. Ma ho imparato, Mosè, che la speranza è un bambino che ha bisogno di due sorelle maggiori: pazienza e saggezza.

“UN GIORNO, VOI NUOVE GENERAZIONI, RACCONTERETE QUESTA STORIA NEL NUOVO BARRIO: PIQUIA DA CONQUISTA!”

Questa è la canzone della ciranda, si balla in cerchio, ogni componente abbraccia i suoi vicini e si muove a ritmo sbattendo forte i piedi. Questa canzone è una danza legata alla tradizione popolare brasiliana.

SEU EDVAR DANTAS, PRESENTE!

Anna e Gabrielle, LMC in Brasile

Come tutto è iniziato

LMC Piquia

PODCAST 1 – Inizio con canzone della Ciranda.

Questa è la canzone della ciranda, si balla in cerchio, ogni componente abbraccia i suoi vicini e si muove a ritmo sbattendo forte i piedi. Questa canzone è una danza legata alla tradizione popolare brasiliana.

Ciao, siamo Anna e Gabriele, e questo è Ciranda, il podcast che racconta la nostra esperienza di missione in brasile. In cui proviamo a portarvi nelle scelte di vita di ogni giorno, di chi vive in questa parte di mondo.

Partiamo da una domanda che ci è stata rivolta in diverse occasioni nell’ultimo anno: cosa vuol dire partire con i laici missionari comboniani? Chi sono? E perché proprio in brasile?

Abbiamo conosciuto la realtà dei laici missionari comboniani (LMC) dopo alcuni passaparola fino ad arrivare a incontrare questa realtà nella zona di Venegono. Gli LMC si sono creati seguendo il carisma di san Daniele Comboni. Un prete, della prima metà dell’800, che ha dedicato la sua vita alla missione con modalità nuove per il tempo e probabilmente anche per il giorno d’oggi, con l’obiettivo, come diceva lui di “salvare l’Africa con l’Africa”.

I laici missionari comboniani portano avanti questo spirito nelle varie missioni del mondo accompagnando la presenza dei comboniani sul territorio.

Per capire meglio questo nuovo modo di fare ed essere missione, diverso da quanto conosciuto da noi in passato, abbiamo fatto un percorso di 2 anni di conoscenza degli LMC, al cui termine, insieme al nostro gruppo di riferimento, ci è stato proposto di fare un periodo di esperienza in una realtà internazionale. Ci eravamo proposti per le zone di missione dell’America latina, e allo stesso tempo nella missione in brasile era sorta l’urgenza di trovare una coppia di volontari che potesse portare avanti la presenza dei Laici, inseriti già da diversi anni nella realtà di Piquià. Così, a maggio 2022, siamo partiti, lasciando la nostra casetta cuneese in direzione brasile, nello stato del Maranhão, comune di Acailândia, nello specifico nel piccolo quartiere di Piquià. Questa esperienza di 3 mesi ci ha permesso di toccare con mano lo stile di vita comboniano, di imparare il portoghese, e di osservare la realtà dei vari progetti in cui la famiglia comboniana è coinvolta. Si tratta principalmente di 3 realtà: la casa familiar rural (scuola per ragazzi provenienti dalle zone rurali), la realtà di Piquià de Baixo (comunità colpita dall’inquinamento delle industrie siderurgiche) e le famiglie dell’interiore che vivono nelle campagne, isolate e colpite dal mondo dell’agronegozio (ovvero deforestazione e monoculture di soia e eucalipto).

Il tempo passato a Piquià è stato un tempo breve ma sufficiente per farci capire che questa sarebbe stata la nostra casa nei futuri 3 anni.

La particolarità di questa esperienza è anche la scelta di fare vita comune con i padri Comboniani, che abitano nella casa di fianco alla nostra. Per questo, non solo siamo inseriti nella parrocchia e ci impegniamo nelle varie pastorali ma condividiamo insieme a loro momenti di preghiera, cene e altri momenti di vita quotidiana, facendo delle scelte in comune. Questa è la famiglia comboniana, dove laici e padri comboniani fanno missione insieme.

Dialogo

COSA VUOL DIRE SALVARE L’AFRICA CON L’AFRICA.

COSA CI HA COLPITO DI QUESTO STILE

PERCHÉ TRE ANNI?

Anna e Gabrielle, LMC in Brasile

Sei mesi di presenza missionaria a Kitelakapel

LMC Kenia

È passato quasi mezzo anno da quando sono arrivata a Kitelakapel. È incredibile quanto mi sia sentita bene qui fin dall’inizio. Piena di pace e di gioia per il fatto che ciò che desideravo tanto si sta realizzando. Noi tre rimaniamo a Kitelakapel, insieme a Linda, che è venuta qui per prima, e a Pius, che è qui da quasi un anno. Questi primi mesi sono stati un momento di incontro con le persone, di conoscenza della comunità e di osservazione di tutto ciò che accadeva intorno a me. So che questa avventura non finirà mai. E non voglio che finisca. Voglio continuare a esplorare, a imparare, ad assaporare questa vita in Africa che è un grande dono per me.

A Kitelakapel stiamo bene, siamo molto impegnati in tante attività diverse. Passiamo ancora molto tempo a imparare il Suahili. Linda è la nostra insegnante. Abbiamo molto lavoro pastorale: catechismo, Gruppo Giovani Missionari (gruppo di Santa Bakhita), YCS (incontri con i ragazzi della scuola secondaria), Scuola Domenicale e frequentazione delle Jumuiyas (piccole comunità cristiane). Ogni sabato e domenica organizziamo giochi di società per i bambini.

Ho iniziato a offrire i miei servizi al dispensario della missione di Kacheliba e al piccolo dispensario di Kitelakapel. Il mio grande sogno è lavorare qui in Kenya come fisioterapista. Non è solo la mia professione, ma anche una grande passione. Ho già fatto alcuni passi ufficiali per poter esercitare la mia professione qui. Pius e Linda continuano a insegnare “life skills” in due scuole e a dare tutoraggio nella scuola primaria. Ho avuto il piacere di osservare il loro lavoro per quasi tre mesi quando sono arrivata qui: lo fanno in modo davvero meraviglioso, coinvolgendo bambini e ragazzi in varie attività. Abbiamo anche avviato dei workshop settimanali per gli insegnanti, per migliorare la qualità dell’insegnamento. I workshop sono gestiti online da un’organizzazione polacca Why Blue Sky. Ora le scuole sono in vacanza e quindi facciamo anche altre attività.

Abbiamo partecipato a un workshop molto interessante a Nairobi, organizzato da padre Maciej Zieliński. Si trattava dei tipi di personalità. Stiamo anche progettando di andare in Uganda per una settimana per organizzare alcuni workshop per insegnanti e infermieri.

Stiamo cercando di allestire una tenda permanente per svolgere attività con bambini e adulti in caso di maltempo, e vorremmo avere un piccolo parco giochi con altalena, scivolo e giostra per i più piccoli. .

Os enviamos un cordial saludo y os rogamos que nos tengáis presentes en vuestras oraciones 🙂

Marzena Gibek, LMC da Kitelakapel

Esperienza missionaria nella RCA

LMC RCA

Allarga lo spazio della tua tenda, stendi le corde, rafforza i pali“. Is 52:2

Ho concluso il mio primo mese nella Repubblica Centrafricana (RCA), che si trova nel cuore dell’Africa! Non posso quindi che condividere le mie prime impressioni!

Mi trovo nella capitale, Bangui, per ripassare il francese e imparare il sango, che sono le lingue ufficiali del Paese. L’intero Paese ha circa 6 milioni di abitanti! Sta affrontando gravi problemi economici, di istruzione, di salute e, soprattutto, di mancanza di lavoro e di prospettive per i giovani. È un periodo di ricostruzione e la pace è ancora molto fragile.

Nei primi giorni ho avuto l’opportunità di spostarmi a Mongoumba, dove si trova la Comunità internazionale LMC. Si trova a 160 chilometri dalla capitale e abbiamo viaggiato in circa sei ore a causa della pioggia e delle condizioni delle strade.

Vista della casa LMC a Mongoumba – RCA

È stata una grande gioia poter partecipare all’ordinazione diaconale di Ezra, che ha emesso i voti perpetui nella Congregazione dei Missionari Comboniani ed è stato ordinato diacono. È stata una Messa bella e gioiosa, con un offertorio che non dimenticherò mai. Quando la comunità è entrata ballando e offrendo doni al neo-diacono, da un capretto a una manciata di noccioline o qualche banana, è stato molto significativo. Credo sia stata la mia prima Messa di quattro ore e non mi sono nemmeno reso conto del tempo trascorso.

Non abbiamo ancora definito cosa faremo, perché la comunità si è appena riunita con l’arrivo di Elia. Il lavoro del LMC è stato nel campo della salute, in quanto siamo responsabili del Centro Da ti Ndoye – Casa do Amor (Casa dell’Amore), che è un piccolo centro di riabilitazione e un dispensario; nel campo dell’educazione, accompagnando e coordinando le scuole parrocchiali; e nel lavoro pastorale e di sostegno al popolo Aká.

Centro di riabilitazione e assistenza per il popolo Aka

Cristina Sousa – LMC portoghese con i bambini Aká a Mongoumba/RCA

Durante la permanenza a Bangui, vorrei sottolineare due esperienze importanti tra le tante:

– La visita alla parrocchia comboniana di Nostra Signora di Fatima, situata in una regione molto conflittuale. Durante il periodo di guerra intenso, molte persone sono state rifugiate e alcune sono morte in uno scontro, tra cui un sacerdote diocesano. La gente ha sofferto molto e le conseguenze sono ancora presenti. Oggi c’è un Centro di formazione in memoria dei martiri e si fa molta formazione sulla tolleranza religiosa, sulla comunicazione non violenta, sull’accompagnamento delle persone con traumi di guerra… La cappella di Casa Comboni custodisce un calice che si trovava nella sacrestia di Fatima e che è stato colpito da un proiettile.

Un’altra chicca è la testimonianza della vita e della donazione di don Gianantonio Berti, un italiano arrivato qui nel 1967. È stato un dono di Dio trascorrere questi giorni con don Berti, un MCCJ di 86 anni con 46 anni di presenza nella Repubblica Centrafricana. È una persona molto generosa, che la gente ama e rispetta. Comunica molto bene con la gente, conosce molto bene la lingua ed è molto vicino alla popolazione della regione.

Cristina e don Berti che ha viaggiato in Italia,

Non è stato facile in questo momento della mia vita imparare un’altra lingua, in questo caso due lingue, e la cosa più importante sarebbe imparare la terza, che è l’aka. Ma sono molto ispirata da Cristina Souza – LMC che è qui e riesce a entrare in contatto con le persone. Sto cercando di migliorare le mie capacità di comunicazione e di essere vicina a queste persone così accoglienti. Nonostante le difficoltà, sono molto felice di essere qui.

Che possiamo avere la grazia dei discepoli sulla strada di Emmaus di incontrare il Signore risorto nella condivisione della vita e del pane! Cuori ardenti e piedi in cammino! Uniti nella preghiera!

Comunità del LMC con Monsignor Jesus – Vescovo di M’Baiki – Diocesi in cui siamo presenti.

Cristina Paulek, LMC

Seminare nel continente africano.

Tito Mozambique

Saluti.

Salve, sono Tito, un laico missionario comboniano del Brasile, in missione a Carapira, nel nord del Mozambico.

Qui lavoro presso l’Istituto Tecnico Industriale (ITIC) di Carapira, dove sono responsabile della produzione agricola, producendo ortaggi affinché gli studenti possano mangiare in modo più sano.

Lavoro anche in parrocchia nei vari programmi pastorali e ministeri.

Nel tempo libero, quando sono a casa, coltivo un piccolo orto per contribuire alla nostra alimentazione.

Come potete vedere, qui in missione sto seminando e raccogliendo buoni frutti.

Ma Dio ci chiama anche, attraverso il nostro Battesimo, a essere seminatori della sua parola del Vangelo.

Come missionari, dobbiamo seminare amore, pace, giustizia, condivisione, fraternità e speranza, ecc.

Ovunque vada, cerco sempre di seminare, seminare, seminare. Un giorno questi semi germoglieranno e daranno buoni frutti.

Sii tu stesso un seminatore, ma semina pensando al tuo prossimo.

Tito, Laico Missionario Comboniano.