Laici Missionari Comboniani

Quando la guerra ha raggiunto Mongoumba

Cari LMC, amici, parenti, conoscenti…

PACE e BENE a tutti.

Eccomi di nuovo per descrivervi un pò la situazione del paese, come intendiamo proseguire le nostre attività nonostante la condizione così instabile in cui viviamo. Oggi Vi scrivo a titolo personale, senza Tere in quanto non abbiamo avuto tempo per farlo insieme.

Quando Vi abbiamo scritto in gennaio Vi avevamo parlato dei nostri timori e delle nostre ansietà. Oggi il tema è lo stesso, solo che invece di essere spettatori distanti siamo diventati spettatori molto vicini alle scene di violenza e persino “vittime di minacce”.

I giocatori sono cambiati, al posto dei “ribelli” Seleka ora ci sono i “liberatori”, anti-Balaka e gruppi di giovani chiamati di “auto-difesa” che sono presenti in ogni villaggio e il cui principale obiettivo è quello di distruggere tutto ciò che era musulmano.

Quando arrivò Seleka a Mongoumba, la popolazione non fu colpita seriamente, principalmente a motivo dell’intervento del sindaco (che era musulmano). Con l’arrivo degli Anti-balaka o Siriri, i musulmani iniziarono a temere per la loro incolumità. Con l’intensificarsi delle minacce, donne e uomini trovarono rifugio nel paese vicino; restarono quindi solo uomini che resistettero alle minacce di pericolo, tentando di difendere le loro proprietà e i loro beni. Dal momento che non si sentivano al sicuro nelle loro case, chiesero asilo e trascorsero alcune notti in casa dei missionari. Alla fine se ne andarono anche loro lasciando in custodia al sacerdote due motociclette e alcuni effetti personali.

Mentre nella capitale, Bangui, i problemi più grossi e i conflitti erano tra i Seleka e gli Anti-balaka, a Mongoumba e nei villaggi vicini c’erano, e ci sono tutt’ora, gruppi di giovani locali, incontrollati, che, in nome e per conto degli Anti-balaka, creano grande caos, distruggendo, depredando e bruciando tutto ciò che è musulmano e minacciando coloro che in qualche modo hanno aiutato i musulmani o protetto i pochi beni che essi hanno lasciato. Sono giovani adulti, giovani banditi che agiscono sotto l’influenza di droga e alcol, che vengono manipolati da persone che in qualche modo tentano di sfruttare il momento di confusione per scopi di guadagno personali. Possiedono ogni tipo di arma fatta a mano come lance, spade, machete e armi da caccia. E’ uno strano gruppo di gente che veste in modo stravagante, alcuni di essi vestono con abiti da militare, altri sembrano usciti da una sfilata di carnevale, e tutti usano, e abusano, di amuleti, fra questi non mancano crocefissi e rosari, poiché quasi tutti si autoproclamano cristiani.

CIò che ci ha toccato profondamente in questa ondata di violenza che ha spazzato via il nostro piccolo paradiso sono stati l’indifferenza e il silenzio di entrambe le autorità e della popolazione in generale. La domenica successiva al primo saccheggio, venne fatto un appello alle chiese di pregare vicino alla moschea per lanciare l’allarme e renderle consapevoli che era necessario evitare la dissacrazione e la distruzione del tempio. Tuttavia la partecipazione fu di solo venti persone. Un appello caduto nel nulla. Dopo poche ore i martelli iniziarono la loro azione distruttiva che nessuno aveva tentato di evitare. Uno spazio che avrebbe potuto essere usato per altre finalità è ora un cumulo di rovine.

Dall’indifferenza e dal silenzio, sorse un’ampia parte della popolazione ad applaudire le azioni delle milizie come se fossero degli eroi. Tale circostanza fu confermata quando il gruppo di “auto-difesa” fece pressione sul  vice sindaco per consegnare un fuggitivo, non musulmano, giunto da un’altra città dove era stato accusato di aver denunciato alcuni cristiani alle forze di Seleka, e inoltre, anche se in modo più discreto, quando chiesero la consegna delle due motociclette che erano state lasciate dai musulmani nella casa dei padri, dove questi giovani giunsero armati e con modi particolarmente arroganti ed aggressivi.

Non comprendiamo questa ondata di odio e di violenza contro persone che sono cresciute e hanno vissuto in armonia con una popolazione che fino ad oggi non aveva mai fatto nulla di male, dove i musulmani si sono comportati in modo prudente..Non comprendiamo questa avversione. E’ vero che i racconti di quanto è successo e di quanto sta succedendo in altre parti del paese hanno un’influenza negativa sulla popolazione. Nessuno dice una parola a favore dei Ciadiani se sono dei Seleka, MISCA o normali civili. Tutti parlano contro il Ciad e dimenticano che non tutti i musulmani sono Ciadiani.

Viviamo una situazione di precarietà e non siamo ben visti, poiché nonostante abbiamo cercato di muoverci con la massima prudenza, abbiamo dovuto prendere misure impopolari, come la sospensione, per una settimana, di tutte le attività parrocchiali (ad eccezione della messa). Ci hanno accusato apertamente di aver protetto i musulmani e persino sono circolate voci secondo le quali p. Jesus era considerato pro-Ciadiano avendo vissuto per molti anni in Ciad. Penso che potremo essere oggetto di minacce ma ciò non è successo fino ad ora.

Tempo fa era silenziosa la notte di Mongoumba in quanto la popolazione andava a rifugiarsi nella foresta, oggi c’è pure silenzio, ma non perché la gente se ne è andata, ma poiché durante la notte le  abitazioni sono chiuse per evitare gli scontri; in un paese dove non c’è autorità è rara la notte in cui non si sentano spari.

In rapporto a quanto è successo nel resto del paese e persino nelle altre città e villaggi della regione, la nostra situazione resta tutto sommato privilegiata. Dio continua a proteggere Mongoumba! Il villaggio di Mbata, a 40 km di distanza, la cui parrocchia fino allo scorso dicembre è stata accompagnata dai missionari Comboniani di Mongoumba, è stato in parte distrutto; ci sono stati ancge dei morti, fra musulmani e non musulmani. Persino oggi molte persone continuano a vivere nella giungla perché non hanno più mezzi e non possono riparare le loro abitazioni che sono state completamente bruciate.

I momenti più difficili nella nostra diocesi si sono avuti nelle parrocchie di Boda e Ngoto che sono state ripetutamente assaltate, ivi comprese le missioni, che durante l’ultima razzia sono rimaste senza macchine, motociclette e persino senza telefoni. Fra queste popolazioni sono frequenti i conflitti tra musulmani e non musulmani e il nostro vescovo D. Rino è il principale mediatore tra le due parti.

Le truppe francesi e africane tentarono di disarmare e neutralizzare i ribelli di Seleka, che hanno lasciato la capitale, ma che sono ancora attivi in altre zone del paese. Inoltre, con l’assunzione del potere da parte dei “liberatori” Anti-balaka , è iniziata la persecuzione dei musulmani con veri e propri massacri. Le milizie Anti-balaka che si auto-proclamano cristiani, sono spinti e manovrati da uomini che hanno sete di potere.

D. Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, che dall’inizio del conflitto è accompagnato dall’Imam e da un pastore rappresentante delle chiese protestanti, in uno sforzo comune di riportare la pace, ha detto recentemente che, complessivamente, essi chiedono a tutti coloro che hanno usato e manipolato la gioventù di assumersene la responsabilità a livello nazionale e internazionale.

In mezzo a tutta questa confusione, emergono piccolo segni di speranza. Il vescovo di Bangassou, Juan José Auguirre ha detto che nella sua diocesi le milizie di autodifesa sono state neutralizzate dalle commissioni di mediazione interreligiosa e che alcune parrocchie hanno iniziato a fare corsi di formazione con il coinvolgimentdo di cristiani, protestanti e musulmani.

Nonostante l’instabilità e la tensione in cui viviamo, il nostro lavoro prosegue normalmente su tutti i progetti, cerchiamo di dare risposte a questa missione per la quale siamo stati inviati. A volte è difficile, abbiamo avuto momenti di scoraggiamento, ma chi ha mai detto che la missione è facile?

Stanno scarseggiando molti prodotti (come sale, zucchero, farmaci…), gli impiegati non vengono pagati e c’è poca moneta in circolazione, ma… c’è sempre un ma… arrivano le NGO in forze e con loro soldi, farmaci, cibo, indumenti, acqua potabile … e lavori ben remunerati anche se temporaneamente.

Vale la pena “soffrire” per la missione. E’ bello sapere che qualcuno pensa a noi, così non ci sentiamo soli!

Pregate per noi.

Uniti nella pace.

Elia Gomes (LMC in Mongoumba).

 

Buon Natale da Aber

Desde UgandaNatale è una presenza, una presenza d’amore. Questo è lo stile che Gesù ha scelto per la sua missione, questo è lo stile che anche noi dovremmo avere nella nostra vita come missionari…ovunque noi siamo! Da quando siamo arrivati qui nell’Agosto 2011, abbiamo sempre cercato di essere una presenza che potesse far nascere domande nella vita della gente; è molto difficile dare delle risposte a causa delle diversità che esistono, ma ciò che possiamo fare è testimoniare il nostro stile di essere famiglia, dottore, educatore, padre, madre, marito, moglie e cristiani.

Questa è la ragione per cui noi rifiutiamo di fare grandi progetti, di costruire strutture e altre cose del genere. Gesù non è venuto con i soldi…è venuto povero; Gesù non ha costruito templi…a parte il tempio del Suo corpo. Vivendo qui ormai per un periodo di tempo abbastanza lungo, abbiamo avuto la possibilità di confrontare il nostro stile di missione con lo stile di alcune ONG…noi non abbiamo nessun obiettivo da raggiungere, noi possiamo semplicemente fare il nostro lavoro e vivere la nostra vita al meglio che possiamo.

Se dovessimo valutare la vita di Gesù considerando i risultati che ha ottenuto, potremmo dire che ha fallito. Ma noi sappiamo che non è così.

Allo stesso modo , non è bello vedere che in ospedale le infermiere sono sempre più pigre malgrado Maria Grazia provi a fargli capire che dovrebbero impegnarsi di più per il bene dei pazienti, o non è gratificante quando organizzi un meeting per la commissione giustizia e pace e non si presenta nessuno…ma noi siamo sicuri che questo è il modo corretto per stare insieme alla gente di qua.

Così, ovunque voi stiate vivendo in questo momento, vi auguriamo di essere presenza d’amore per la gente intorno a voi. Non preoccupandosi dei risultati che riuscite a raggiungere, ma cercando semplicemente di seguire i piani che Dio ha preparato per voi…nello stesso modo in cui Gesù ha provato (riuscendoci) a fare la volontà del Padre!

Noi abbiamo bisogno di sentire presenze d’amore intorno a noi, noi siamo chiamati ad essere presenze d’amore tra la gente che ci circonda.

Buon Natale da Aber (Uganda)

Di Marco Piccione

Emma, laica italiana, è arrivata in Brasile

“Emma Chiolini, laica missionaria comboniana (LMC), è arrivata in Brasile lo scorso 1 dicembre, per un servizio missionario di tre anni. La comunità di Nossa Senhora Aparecida di Ipê Amarelo l’ha accolta con gioia. Benvenuta”, scrive la brasiliana Maria de Lourdes. Per ora, Emma sta studiando il portoghese.

L’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, Emma Chiolini, LMC italiana, originaria di Bologna, è stata presentata dal comboniano P. Giorgio Padovan alla comunità di Ipê Amarelo che l’ha accolta con gioia.

Cogliendo l’occasione della visita alla parrocchia del vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Belo Horizonte, Mons. Luiz Gonzaga Fechio, vescovo di quella regione pastorale, Emma ha detto di essere molto contenta di avere l’opportunità di partecipare alla vita della comunità e di camminare con Gesù in terra brasiliana.

Mentre studierà il portoghese, Emma collaborerà nell’accompagnamento dei bambini dell’asilo della parrocchia di Santa Terezinha di Ipê Amarelo.

Benvenuta Emma!

María de Lourdes,

LMC del Brasile

È passato più di un anno da quando è arrivata in Africa

“A volte la gente mi chiede se mi mancano la Polonia, la famiglia o gli amici. Certo, riconosco che è del tutto normale provare nostalgia. Certi giorni mi piacerebbe poter stare con la mia famiglia, con gli amici e parlare con loro, ma subito dopo mi viene in mente che mi piacerebbe solo per un momento e che subito dopo vorrei tornare qui, in Africa”, ha detto Danusia Król, laica missionaria comboniana (LMC) della Polonia, che lavora fra i più poveri e abbandonati in Uganda.

“Questi pensieri non sono frequenti, raramente ho il tempo di sedermi e pensare; è sempre meglio vivere qui e ora, perché il tempo vola senza pietà. Qualche giorno fa è stato il primo anniversario del mio arrivo in Africa e una montagna di ricordi si è affollata nella mia mente così ho pensato di scriverli. In sintesi, è stato un anno ricco di nuove esperienze, nuove persone, nuovi luoghi e culture: tutti molto belli ed è impossibile descrivere bene tutte le situazioni, i sentimenti e i ricordi. Ad ogni modo, la maggior parte, potete trovarla sul mio blog. Grazie a Dio per questo tempo.

Ho passato le ultime settimane lavorando, come al solito. Il settore della fisioterapia è molto migliorato. Durante la mia permanenza qui, tutti si sono abituati e ora la collaborazione con i medici e le infermiere è piuttosto buona. Mi ha molto aiutato ricevere le attrezzature dalla Polonia, cosa di cui vi ringrazio ancora una volta.

Danusia Król

Il nostro vivere la Missione!

Una riflessione-preghiera dai nostri amici Maria Grazia e Marco Piccione, Laici Missionari Comboniani Italiani.

CLM family in UgandaI Piccio (come li chiamano gli amici)  sono… papà Marco (Piccione appunto), mamma Maria Grazia e i loro due bimbi Francesco (4 anni) e Samuel (2 anni e mezzo).
Sono una famiglia di laici missionari comboniani originari di Rho(MI) e appartenenti al gruppo Laici Missionari Comboniani di Venegono Superiore (VA).
Dall’agosto 2011 vivono ad Aber (Uganda) dove sono stati inviati come laici missionari comboniani, fidei donum, dalla diocesi di Milano alla diocesi di Lira (Uganda).
Maria Grazia lavora come medico nell’ospedale di Aber e Marco è impegnato invece come educatore dell’orfanotrofio Saint Clare, nelle scuole e sul territorio in svariati ambiti educativi e sociali.
Francesco va all’asilo parrocchiale Saint Josephine Bakhita e Samuel è un bambino ugandese che stanno adottando e che vive con loro da quando ha 10 mesi.Il loro progetto di missione consiste nel condividere la quotidianità del lavoro e della vita familiare con le persone che incontrano ogni giorno, portando una testimonianza di responsabilità, di impegno e
di prossimità.

Questa riflessione (e molte altre) potete trovarla sul loro blog, che è lo strumento attraverso cui ogni settimana condividono la loro esperienza con i molti che in Italia (e non solo) li accompagnano, li sostengono e rendono possibile il loro sogno: http://picciouganda.blogspot.it/

 

Missione è…

 missione è…io sono questo (per la mia storia, la mia cultura, le mie capacità) e questo “essere io” lo voglio condividere con te;

missione è…condividere una rivelazione che mi rende felice;

missione è…quando appoggio i piedi giù dal letto tutte le mattine rinnovare i “si” che si sono detti (come marito, come papà, come educatore, come cristiano) e ripromettersi di dare il massimo;

missione è…non pretendere cambiamenti nell’altro;

missione è…non c’ho voglia ma lo faccio lo stesso;

missione è…non ho le forze ma so di poter attingere ad una riserva extra;

missione è…ho paura ma mi affido;

missione è… non ho le capacità ma faccio del mio meglio

missione è…faccio fatica a capirti (e a capirTi) ma mi sforzo;

missione è…far continuare a vivere i profeti di ogni tempo testimoniando quanto abbiamo appreso da loro;

per tutto questo, missione è… crescere mettendo alla prova noi stessi;

per tutto questo, missione è… con tutti;

per tutto questo, missione è… ovunque;

per tutto questo, missione è… sempre.