Laici Missionari Comboniani

Celebrazione di una grande festa

Quest’anno il nostro gruppo di laici missionari comboniani del Perù ha celebrato il suo 18° anniversario di costituzione, in quanto fu nel Novembre 1996 che ebbe inizio con un invito generale.

Questa celebrazione è effettivamente per noi un evento che ci riempie di orgoglio e che intensifica il nostro impegno dal momento che abbiamo raggiunto la maturità; questo ci impegna a vivere la nostra vita di laici con grande senso di responsabilità.

Gli anni trascorsi sono stati segnati da molte difficoltà, ma anche da successi, dispiaceri e gioie, ma soprattutto … dall’amore per la missione.

Ricordiamo con affetto tutti gli LMC del Perù che erano presenti agli inizi di questa “follia” e che ora non sono più con noi per vari motivi. Vogliamo ringraziare anche gli MCCJ che sono passati per la nostra comunità, li ringraziamo per la loro pazienza, perseveranza e disponibilità dimostrataci.

Ai nostri amici e colleghi un grazie di cuore per le Vostre preghiere e la fiducia accordataci. Vogliamo seguire le orme di San Daniele Comboni facendoci prendere per mano da Gesù.

Grazie

Fisher A. LMC

Echi dalla missione LMC

Susana

Fin dalla più tenera età volevo essere vicina a coloro che non possiedono nulla, e soprattutto, essere una con loro, per fare da ponte tra i più poveri fra i poveri e le rispettive autorità locali e ovviamente tra questi ultimi e l’Europa.

Ricordo che quando partii a 24 anni per la missione nella Repubblica Centrafricana non avevo proprio idea di cosa mi aspettasse. Sapevo solo che Dio mi stava chiamando e che il cuore dell’Africa aveva bisogno di me tanto quanto io ne sentivo il bisogno.

In questo senso, la formazione con i Laici Missionari Comboniani (CLM) è stata molto importante e mi ha sostenuto nel rinsaldare la mia vocazione di laica missionaria con il carisma comboniano. A quel tempo amavo l’Africa e non concepivo l’idea di “felicità”, senza impegnarmi attivamente per un mondo più felice, più giusto ed autentico. Oggi, dopo cinque anni trascorsi nel cuore dell’Africa, posso dire che il mio donarmi alla missione mi ha portato molto di più che gioia, mi ha fatto comprendere il senso della vita, la forza e la speranza nel nuovo mattino e, soprattutto, sento ora più che mai l’amore e la presenza di Dio. Dopo tutto, con il mio essere presente tra i più poveri del mondo, io vivo fra la popolazione più amata da Dio.

Dimenticata dagli uomini

 PigmeosNella Repubblica Centrafricana, un paese dimenticato dagli uomini ma amato da Dio, sono entrata a far parte della prima comunità internazionale LMC a Mongoumba, nella foresta; vivendo e lavorando con i Pigmei e i Bantus (popolazione non pigmea).

Una delle battaglie che portavo avanti quotidianamente era nei confronti della deforestazione. Infatti, se non si porrà rimedio a questa situazione, presto non esisterà più il territorio dei Pigmei; inoltre i Bantus, che vivono nei villaggi, diventeranno manodopera a basso costo per coloro che vogliono sfruttare la regione.

Attualmente, a causa della deforestazione, i Pigmei e i non-Pigmei sono costretti a convivere in un territorio ristretto provocando così uno shock culturale che nessuno aveva previsto. Tutto ciò grazie alle imprese del legno che hanno forti interessi nella regione. E questo ha fatto sì che i pigmei vivono attualmente in una condizione di schiavitù e di totale emarginazione sociale. Per agire contro tale esclusione sociale, la missione ha creato e gestisce sei scuole per l’integrazione dei pigmei. Le scuole sono presenti un pò ovunque nella foresta in un raggio di circa 60 km. Tentiamo, attraverso un metodo specifico, di fare in modo che i bambini dei Pigmei frequentino i primi anni di istruzione primaria affinché si possano meglio integrare nella scuola pubblica.

Altri problemi di questa regione riguardano la salute. Fintantoché i pigmei vivranno nella giungla, che viene distrutta, si determinerà per loro un destino di fame e malattie. Da un lato vi è la fame, perché gli alberi, che sono alla base della loro alimentazione, vengono abbattuti. Dall’altra parte vi è il problema della salute. Le malattie aumentano perché diventa sempre più difficile trovare alberi e piante medicinali che vengono utilizzati nella medicina tradizionale. In questo senso, e per aiutare l’integrazione dei Pigmei nel sistema sanitario pubblico, la missione gestisce una clinica. Essa è destinata ad accogliere i Pigmei e i più poveri del paese. Qui non forniamo consultazione, essa serve solo da ponte tra i pazienti e il centro di sanità pubblica e fornisce il supporto necessario per l’assunzione di farmaci. Noi lavoriamo con una infermiera del Soccorso Africa Centrale (Central African lifeguard) che ci aiuta a controllare che i pazienti assumano i giusti farmaci e promuoviamo l’educazione sanitaria nei territori dei Pigmei.

In questi luoghi, la nostra lotta è molto più che quotidiana, è una lotta portata avanti minuto per minuto! In ogni momento nel centro di sanità pubblica accertiamo gravi errori da parte dei medici, provocati sia dall’ignoranza, sia dalla negligenza di coloro che vi lavorano, nonché dalla discriminazione sociale e dalla mancanza di consapevolezza dell’importanza del valore che ha la vita.

Ci sono giorni che questo centro sembra produrre più morte che vita. Quindi, quando i decessi si verificano “senza che debbano verificarsi “, avviamo battaglie che a volte si concludono avanti i tribunali giudiziari e talvolta anche il Ministero della Sanità.

Dare voce

Escola Pigmea

Guardando queste persone – Pigmei e Bantu – ci si rende conto che essi sono semplicemente vittime della corruzione globale che induce il Governo Centrafricano ad essere più preoccupato per le forniture di armi  piuttosto che per la salute e l’istruzione. Come possiamo andare contro corrente, in tale contesto? Certamente non è un compito facile, ma questo non ci scoraggia. Piuttosto continuiamo a lottare per la vita e la vera libertà in questo paese, solo in teoria indipendente, ma che subisce quotidianamente gli abusi della colonizzazione.

Attualmente, questa comunità di LMC è aiutata dai Missionari Comboniani e dai Secolari Missionari Comboniani. All’interno di questa Famiglia Comboniana, lavorando come comunità apostolica, sviluppiamo progetti in vari settori cercando,  attraverso la testimonianza di vita, di annunciare Colui che ci ha inviato alla missione.

La missione in tutte le parti del mondo ha infatti bisogno di testimonianze di vita che sono determinanti per la liberazione dei popoli. Attualmente nella missione, la sfida non è “fare qualcosa per gli altri”, ma “essere qualcuno con gli altri”. La preghiera senza l’azione è inutile e lontana dai valori evangelici .

Oggi, la missione ci sfida a vivere secondo i valori che rappresentiamo, per un mondo in cui tutti, senza eccezione, di fatto figli di Dio, in Lui abbiano vita in abbondanza.

Susana Vilas Boas LMC

Missione in Guerrero (Messico)

CarolinaOggi, 15 ottobre 2014, è trascorso un mese dalla partenza di Carolina Carreón Martinez per la sua destinazione in  missione nelle montagne di Guerrero dove si è impegnata a lavorare per 3 anni. In questa comunità, dove i  padri Comboniani sono presenti tra la popolazione indigena Mixtec (NAU SAVIL), si sentiva la necessità di una presenza di Laici Missionari, poiché in precedenza erano stati accompagnati dagli LMC Marcela Angeles, Olivia, Lety, Rosario e Alma .

Carolina ha detto “sì” alla chiamata di Dio di annunciare il Suo Regno, rivelandoci il suo amore per l’umanità, la fiducia e il rispetto per le popolazioni indigene affinché essi stessi diventino protagonisti della propria liberazione. Essa conta sul supporto e la preghiera del gruppo dei Laici Missionari Comboniani a cui appartiene.

Cari saluti.

Adriana M Salcedo Cabello

 

Sì significa No

Borana Culture Ethiopia
Borana Culture, Southern Ethiopia

“Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Rivoltosi al primo disse: “Figlio, vai a lavorare oggi nella vigna.” Il ragazzo rispose: “Non ne ho voglia.” Ma poi ci ripensò e vi andò. Rivoltosi al secondo gli fece la stessa domanda. Il ragazzo rispose: “Vado signore” ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? …” Matteo 21:28-31

Dopo la lettura di questa parabola una domenica durante la messa celebrata nella missione rurale di Dadim, il parroco, p. Antonio, missionario nigeriano, si immerse nella sua omelia sicuro di sé. Una vigna era difficile da immaginare lì in quella terra rossa arida nel sud dell’Etiopia. Quindi decise di cambiare i dettagli della parabola utilizzando immagini di vita quotidiana conosciute alla gente del posto. Dadim è una regione in cui si vive di pastorizia ed è ubicata in prossimità della frontiera con il Kenya, dove bovini e cammelli si muovono liberamente e la vita dei semi-nomadi Borana si svolge attendendo al proprio bestiame. Così p. Anthony decise di equiparare la storia a quella di un figlio cui viene richiesto di portare ad abbeverare il gregge. La storia era però la stessa: il primo figlio disse “No”, ma poi vi andò; il secondo figlio disse “Sì” ma poi non vi andò. In seguito egli chiese alla comunità raccolta “Chi dei due ha compiuto la volontà del genitore?” i parrocchiani risposero all’umanimità: “il secondo figlio!” Il parroco, un po’ confuso, raccontò di nuovo precisamente la storia. Tuttavia, la comunità non aveva capito male. Essi avevano risposto chiaramente – infine il secondo figlio aveva fatto ciò che era giusto.
Nella loro cultura, un “No” non è mai espresso, mai pronunciato o addirittura mai sussurrato. Per insultare qualcuno, rifiutare una richiesta, soprattutto nei confronti di un padre, è il massimo del disprezzo. L’unica risposta possibile è “Sì”. Ma il Tuo “Sì” deve voler dire “Sì” fra i Borana? La risposta sembra essere no. Si può concordare un orario di incontro e un luogo e mai presentarsi, si possono accettare taluni lavori e mai compierli, si può decidere di fermarsi e invece partire, o decidere di partire e invece restare. E’ possibile che realmente essi intendano dire di “Sì” con buone intenzioni, ma poi subentrano fattori che nel loro stile di vita difficile possono far fallire i loro piani così che molti “Sì” non sono in realtà mai portati a compimento. Dire “No” è così grave che anche facendo in seguito l’azione giusta, questa non può modificare in bene ciò che era l’atteggiamento sbagliato di origine.
Non si raggiunse un accordo tra il sacerdote (che era arrivato da poco tempo) e i parrocchiani. Per i Borana era l’atteggiamento iniziale del primo figlio che era sbagliato. Con quale audacia dire “No” a suo padre? Il lavoro del missionario presenta spesso queste situazioni di perplessità. Questa esperienza mi ha fatto venire in mente le diversità fra le culture e le sfide del messaggio evangelico in uno specifico contesto culturale. Forse p. Anthony ha imparato una lezione importante per il suo futuro lavoro con la comunità di quest’area, anche se è certo che egli spera ancora che il “Sì” si concretizzi autenticamente in azione ed impegno.

– Maggie

Maggie, Mark, Emebet, Isayas e Therese Banga, Laici Missionari Comboniani, Awassa, Etiopía

Wawotowu!*

AsiayEwaSaluti dalla bellissima Gulu. Innanzitutto ci spiace di scrivervi così raramente ma il tempo passa velocemente. Noi (io ed Ewa) siamo in Uganda da tre mesi. Durante questo periodo abbiamo avuto modo di conoscere il luogo, i bambini, le mamme e anche il quartiere in cui viviamo. Ora ci sentiamo veramente a casa nostra. Siamo ancora in fase di apprendimento della cultura Acoli, ogni giorno scopriamo cose nuove, usi, costumi e regole… Ovviamente abbiamo avuto l’opportunità di conoscere la cultura Acoli, mi riferisco alla danza. La tribù Acoli possiede oltre 20 diversi tipi di danze tradizionali. Ciascuna di esse è piena dienergia e ricca di vitalità. Quando vediamo la gente danzare restiamo ammirati dei loro movimenti e posture. Abbiamo inoltre terminato un corso di Acoli. La lingua Acoli non è così semplice come ci sembra di capire, ma a poco a poco siamo riusciti a parlare con i bambini utilizzando il linguaggio locale.

Come dicevamo inizialmente, il tempo vola, probabilmente per il fatto che siamo particolarmente impegnati. Attualmente cerchiamo di fare del nostro meglio prestando assistenza a fratel Elio per dare nuova vitalità all’orfanotrofio di St. Jude. Siamo attualmente impegnati in diversi incarichi nel dipartimento. Ewa svolge la propria attività come assistente sociale. Io ho dovuto diversificare temporaneamente la mia attività per fare della contabilità. Quando siamo arrivati qui non sognavamo certo un lavoro d’ufficio, ma ora sappiamo che talvolta la missione ti chiede di modificare il Tuo punto di vista. E quindi con umiltà ed apertura siamo coinvolti in situazioni che necessitano della nostra assistenza. Ancora stiamo osservando e, nonostante le molte situazioni che ci fanno perdere la pazienza e ci infastidiscono, restiamo in umile attesa della collaborazione da parte dei lavoratori locali. Ogni giorno ci rendiamo conto dei molti bisogni di questo luogo e abbiamo molte idee diverse su come organizzare gli incontri con i bambini. Abbiamo tanta voglia di fare e gioia e questo è la cosa più importante.

Collaboriamo anche con gli LMC locali, ogni primo venerdì del mese teniamo riunioni e preghiamo insieme. Ci chiediamo come organizzare la nostra collaborazione nel futuro, e cosa possiamo fare per questo luogo. La comunità locale è molto aperta, ritengo quindi che possiamo fare tante cose buone tutti insieme. Abbiamo avuto modi di incontrare Marco e Maria Grazia che hanno concluso da poco la loro missione ad Aber e stanno rientrando in Italia.

Giovedì scorso sono arrivate Monika e Carmen. Siamo molto contenti perchè finalmente siamo insieme. Attualmente le ragazze stanno seguendo un corso di Acoli e sono quindi a Layibi ma noi viviamo nella stessa località. Ora iniziamo veramente ad organizzare la vita della nostra comunità e le attività. Vi scriveremo presto al riguardo.

Grazie ancora di cuore per il Vostro supporto, per la Vostra preghiera che è molto importante per noi. Anche noi preghiamo per Voi e Vi pensiamo. Saluti ancora.

Asia

*Saluti in lingua Acoli.