“Con gioia comunico, dalla Sede dell’Assemblea Generale riunita a San Fidenzio (Verona), l’elezione della nuova Responsabile Generale nella persona di Maria Pia Dal Zovo. Ringraziamo il Signore che ci sta accompagnando.
Vi informiamo inoltre che il Consiglio Generale è completato da Teresa Zenere, Gina Villamar Utreras, Paula Clara Macedo F. Carvalho e Paola Ghelfi.
Ringraziamo per il ricordo nella preghiera e la fraterna vicinanza”. (Teresa Zenere, segretaria dell’Assemblea). Maria Pia Dal Zovo prende quindi il posto di Isabella Dalessandro.
Parlare di teologia, non dovrebbe portarci a pensare a tesi o ipotesi a livello astratto, ma sempre in termini di situazioni concrete, come una scienza che si china a guardara l’umanitá. Perché se fare teologia significa parlare di Dio, non ci sentiamo di non partire dalla consapevolezza che é una scienza a servizio dell’umanitá. Desiderimao parlare di un Dio che appunto si china a guardare e a rialzare l’umanitá. Anzi osiamo dire che bisogna re-inventare la teologia. Esempi emblematici abbiamo con la Telogia della Liberazione nata in America Latina, e con la Teologia di taglio Africano di un Jean Marc’Ela, o di un Lawrence Magesa giá contestualizzati a teologizzare a partire sia dalle situazioni concrete, sia dalla storia e dalla religiositá dei popoli e dalla loro esperienza di Dio. Davanti a fenomeni globali tanto complessi e dolorosi che stiamo vivendo che cosa dice Dio a noi, ai popoli, a nazioni in punto di rottura sociale e umanitaria?
La grande sfida é trovare un linguaggio che esprima la esperienza che la gente di oggi ha di Dio, nel 2021. Fare teologia con linguaggio a servizio della comunicazione in un villaggio globale. Fare teologia umilmente perché si tratta di esperienze profonde che i nostri contemporanei fanno del “Mistero di Dio”. E di quelle che anche noi facciamo. “Perché non si parla di ció che non si conosce.” Coscienti che tentiamo di scoprire un linguaggio per parlare di Dio, sí, a partire dalla “storia”, da quello che sentiamo dagli altri, ma da una storia che diventa parte della nostra esperienza.
Bisogna tenere conto che fino a cent’anni fa, il popolo dipendeva completamente dalla natura. Oggi siamo abituati a dominare la natura, con pro e contra, accettando un Dio che é Creatore e che crea un essere umano creatore-creativo, non inerte. L’essere umano ha le sue idee, i suoi pensieri, ma Dio ha le sue idee, i suoi pensieri. “I miei pensieri non sono in vostri pensieri.” (Isaia 55,8) Davanti a cose terribili che accadono e delle quali noi non ci sentiamo reponsabili, c’é chi é tentato di fare Dio responsabile di tutto. Dall’altra parte, c’é stato un periodo in cui si parlava “della morte di Dio”, non in senso ontologico, ma piú pragmatico, come a dire: la tecnologia e la crescita intellettuale dell’essere umano non rendeva piú necessario Dio, né un intervento di Dio. Se cent’anni fa in molti paesi si diceva: “Hai mal di pancia, prega un Padre Nostro, o un’ Ave Maria e ti passa”, oggi quasi dappertutto si cerca subito l’intervento del medico e della medicina.
In tutte le esperienza umane del Mistero di Dio, in tutte le culture, si cercavano anche dei nomi descrittivi da dare alla Divinitá, perché si capiva che la Vita umana e tutto il Creato é al di lá di ogni nostra spiegazione. Chi lo nega adesso, vuol dire che non conosce la storia dell’umanitá. Sulla esperienza di Dio influiscono le condizioni geografiche, climatiche, delle creature che circondano il gruppo umano, sia per costituire il corpo di credenze, come quello del culto, della liturgia, dei rituali e di ogni espressione usata per entrare in rapporto con lui. Cosí come per i luoghi di culto per la simbologia e l’immaginifico, per i miti, per l’organizzazione socio-politica, per le relazioni umane, fino all’arte, la musica, ecc. Influisce se ci sono monti, o foreste, o fiumi. Influisce la forza del sole, come vedono gli astri, le fasi lunari, gli animali, ecc, se c’é deserto, o c’e’ l’oceano, ecc. Lo spazio, il posto, il tempo, i fatti vissuti, le gesta degli eroi, degli antenati, la tradizione orale, il ricordo, la Storia é luogo teologico, e vediamo come da sempre Iddio si é manifestato in persone e fatti storici concreti. Le esperienze di Dio sono molto diverse e quindi anche le espressioni sulla percezione dell’esperienze di Dio sono pluralistiche.
2 – Come l’umanitá esperimenta dio nel momento presente
Innanzitutto é cruciale prendere atto che oggi piú che mai l’umanitá é cosciente delle infinite trasformazioni che avvengono ogni giorno nell’universo. Oggi sappiamo che le trasformazioni sono una costante nella storia. Tramite i mezzi di comunicazione siamo informati anche sulla speditezza di codeste trasformazioni. Mai come oggi siamo stati al di dentro del ritmo delle trasformazioni, dal punto di vista della tecnologia e dal punto di vista dell’economia di mercato che stanno continuamente bombardandoci con nuove informazioni. Se la luce si muove a velocitá di 300,000 km per secondo e il suono a 40,000 km per secondo, é evidente che abbiamo l’ informazione importante o meno importante in tempo reale.
Succede peró che cosí come arriva la notizia di un avvenimento, arrivano anche le interpretazioni e le possibili manipolazioni che possono anche non soltanto essere distruttive della dignitá della persona umana: “Ed ‘Elohim creó ha-‘adam = l’umano – in sua immagine, in immagine di ‘Elohim lo creo, maschio e femmina li creó”; “Dio creo l’umanitá a sua immagine, maschio e femmina, uomo e donna li creó”, (Genesi 1, 26-28), ma addirittura andare contro la libertá individuale e comunitaria di singoli e di gruppi umani.
Mai come oggi ci sono degli approfondimenti e studi sulla psiche umana per onorare la sacralitá di ogni essere umano, e mai come oggi si vedono calpestati i diritti di bambini, di donne e di uomini “scartati” dalla societá. Con abberrazioni incredibili fino al punto di trovare chi motiverebbe i giovani al suicidio e chi gli coadiuvarebbe a compierlo.
Mai s’era vista tanta partecipazione delle donne con posti di direzione nell’ambito politico, sociale, economico, ecologico, e religioso, per esempio nella chiesa cattolica, osserviamo come Papa Francesco ha chiamato e continua a chiamare donne consacrate, anche delle Laureate da noi a Tangaza, o laiche, a fare parte del governo della chiesa, con nomine che prima erano esclusive del clero, ed ora sono persino in diversi Dicasteri Vaticani. Pure nell’ambito scientifico: come una Chiara Marletta scienziata Italiana in Oxford che sta rivoluzionando con una nuova ipotesi, la teoria di Newton – Einstein – e la meccanica quantistica, per spiegare l’universo. Eppure mai come oggi si commettono tanti femminicidi in ogni parte del mondo.
Mai come oggi, tantissime aggruppazioni che gridano “libertá, libertá”, per la libertá dell’orientamento sessuale, per libertá di opinioni, per libertá di questo e di quello, ma poi tantissime pure le nuove schiavitú.
Mai cosí cresciuta con lo sviluppo la produzione dei beni di consumo, di servizi, peró mai tanto esagerato l’accumularsi delle ricchezze, dei beni della terra, che sono beni comuni globali perché creati per tutta l’intera umanitá che peró restano nelle mani di pochi. E dall’altra parte mai come ora le schiere di affamati, a calcoli di esperti nell’ultimo anno: un millione in piú sono coloro che vivono sotto la soglia della povertá estrema.
Massimo dello sfruttamento incommesurato della natura, “del creato e dell’essere umano”, e mai tanti aggruppamenti internazionali, interreligiosi intergenerazionali di protesta contro di esso e per la protezione dell’ambiente e dei diritti umani.
Piú violenza e crudeltá terribili tra i fondamentalisti, e piú criminalitá organizzata planetaria. Esplossione demografica in alcune nazioni, mancanza di prole in altre.
In mezzo poi ad una crisi sanitaria globale mai immaginata, col Covid 19, che peró a Papa Francesco fa esclamare: “Peggio di questa crisi, c’e´solo il dramma di sprecarla” (Dal suo discorso del 31 maggio 2020) parole che a noi fanno respirare l’aria fresca della sfida del possibile, perché noi siamo convinti che ogni crisi é una “opportunitá”.
Di fatto, sono germogliati, con lui e indipendentemente di lui, in ogni angolo del mondo, tra persone di diverse religioni e ideologie tanti lodevoli tentativi di solidaritá, di fratellanza, di coinvolgimento nella riflessione, nell’analisi, nel discernimento e nella ricerca di “possibile soluzioni”. Per esempio: di economia sociale, di economia di partecipazione, di economia civile come pure di imprenditoria sociale.
Costatiamo che pure in minoranza, sono molti coloro che danno voce ai senza voce: “Apre la bocca in favore del muto, per sostenere la causa di tutti gli infelici” (Proverbi 31, 8-9)
Non abbiamo inteso fare un’analisi accurata della realtá, abbiamo menzionato queste cose per “ascoltare” la domanda di chi grida: “Dio, dove sei tu?”, o per “ascoltare” la risposta di chi anche in situazione di: “Mio Dio, perché mi hai abbandonato?” si butta nelle braccia di un PadreMisericordioso che si china appunto a guardare e rialzare l’umanitá ferita. Dio é l’assente per certuni. Ma Dio é presente per parecchi altri. Troviamo entrambe le posizioni. Disperazione e rabbia, ma anche umiltá, speranza, impegno, come ci diceva un’amica con parole semplici ma sapienti: “Dio sta cercando la nostra collaborazione per sostenere la sua creazione”. La nostra collaborazione, il nostro Impegno. Perché cosa?
3 – Gesú e la manifestazione del regno di dio
Per Dio, non é facile essere percepito perché Dio é invisibile. Nella necessitá dei singoli e dei popoli di percepire la sua vicinanza, e per rendersi piú visibile, Dio ha voluto incarnarsi, letteralmente “farsi carne” per essere veduto, ascoltato, sentito, odorato, toccato, cosí, con tutte le dimensioni sensoriali del corpo umano, per un contatto fisico vero. L’ incarnazione di Gesú é la risposta “trasformante” del Padre per la forza e l’amore dello Spirito Santo che da sempre e per sempre é, e sará il protagonista, l’artefice di ogni nuova mediazione, di ogni ministero, di ogni trasformazione. Gesú ci insegnerá il modo di rapportarsi con Dio e il modo di relazionarsi con gli altri. Gesú é la risposta al bisogno, di piú comunione creatore-creature, che arriva al contatto corpo a corpo. Basti ricordare l’emorroissa il cui anelito era “toccare” fosse soltanto il suo mantello, per essere guarita (Marco 5, 25-34) Ecco Gesú che si fa presente. Salvatore, liberatore, redentore. Cosí fu per il cieco che ascoltando prima il rumore della folla e poi la sua voce, riprende il coraggio insieme alla sua dignitá, poi riprende anche la salute dei suoi occhi (Luca 18, 35-43) Cosí con il sordomuto: “Gesú pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccó la lingua” (Marco 7, 31’37) Eccolo Gesú, soprattutto davanti ai malati, egli non trascurava il contatto fisico. Gesú tocca e si lascia toccare anche da una donna, che gli lava i gli profuma i piedi in mezzo a comensali donne e uomini attoniti. “….Ella mi ha rigato i piedi di lacrime, li ha asciugati coi suoi capelli, gli ha baciati e unti con l’olio… “ (Luca 7, 36-50) Perché l’Annuncio del Regno di Gesú, non é quello di una realtá astratta, ma concreta, di un Regno di Dio che fa di tutti fratelli e sorelle.
La comunione e il contatto fisico é sempre trasformante, e incoraggiante, e dá forza, gioia, slancio. Quel Gesú presenza del Padre, “Sacramento del Padre “ segno e strumento (Schilleebecks) é la mediazione piú sublime e paradigma di tutte le susseguenti mediazioni. E’ cosí che la gente oggi esperimenta Dio. Senza “mediazioni” non si puó fare l’esperienza di Dio. Se si lamenta che la pandemia ha sconvolto la vita dell’umanitá, ha sconvolto di piú ancora, la vita e gli ultimi giorni dei malati in isolamento, moribondi in tremenda solitudine e che non potevano sentire la mano amica, la voce consolatrice, il respiro vicino dei loro cari. Se nella fede crediamo che “Maria, la mamma celeste era con ognuno, per fare compagnia, dare conforto e consolarlo como era al piede della Croce, col suo figlo Gesú”, come si é espresso il Papa Francesco, cosí pure dobbiamo credere che peró nella convivenza umana, nell’aspettativa antropologica, e dal punto di vista cristiano, questo non dovrebbe diventare prassi, perché appunto tutti siamo chiamati ad essere le mediazioni non riempiazzabili oggi, “Sacramenti” segni e strumenti della presenza del Dio invisibile, ed anche del Gesú invisibile.
Nella nostra riflessione teologica sulla Trasformazione Sociale, noi puntiamo ad avere presente il Gesú storico, che va includendo donne e uomini, di diverse provenienze e religiositá, e dall’altra parte anche il mistero della Sua Risurrezione, non come dualismo, ma per non dimenticare, che si parte dalla vita umana concreta, poi si vive nel Mistero della Fede e poi si torna alla vita concreta come in un movimento di flusso e riflusso della vita di Dio. Splendido é il motto sullo stemma della nostra Universitá Tangaza, appunto: “TANGAZA FUMBO LA IMANI”, che ha il signigicato dell’invio ad annunciare la Risurrezione, cioé “ANNUNCIA IL MISTERO DELLA FEDE”.
Nel considerare il Gesú storico, non possiamo non ricordare a San Paolo che scrive esplicitamente che “Gesú é nato da una donna, e nato sotto la legge” (Galati 4, 4), e ci domandiamo perché questa sua sottolineatura? Perché il Dio invisibile si fa visibile tramite mediazioni. Tramite Gesú unico Mediatore della Salvezza. “Egli é immagine del Dio invisibile…. per mezzo di lui furono create tutte le cose” (Coloss. 1, 15-20 ) che rivelano il Creatore; dal quale sgorgano tutte le altre mediazioni. Giá le donne, come prime missionarie inviate dal Gesú Risorto: “Andate ad annunciare ai miei fratelli” (Luca 4, 22) quella Buona Novella, in seguito a tutti i discepoli/e missionari/e coll “Andate in tutto il mondo” ( Marco 16, 9-20), e fino a noi, nella logica dell’Incarnazione, di Ministri della Parola, Testimoni del Signore Risorto, mediazioni, incarnazioni fino ai nostri giorni.
4 – Teologia trinitaria della trasformazione sociale
Noi affermiamo una teologia Trinitaria della Trasformazione Sociale, nel rispetto proporzionale di riflessione biblica sul Gesú storico, di considerazioni giá teologiche anche nella Bibbia, soprattutto in Paolo, giá menzionato, e in Giovanni, che hanno giá una Cristologia, e una Pneumatologia, che peró non sono mai separate dal Padre Creatore. In dinamica interrelazionalitá di comunione e di donazione reciproca. Dio é uno e trino, uno e multiple, di conseguenza, la nostra riflessione porta implicita, sia comunione sia pluralismo, sia unicitá sia diversitá. La comunione non significa livellamento, ma rispetto della diversitá. Cosí come il Regno di Dio che Gesú vive ed insegna, non é livellamento ma accoglienza e accettazione delle diversitá, perché Dio Padre crea la diversitá e perché lo Spirito Santo elargische e arricchische ogni persona, ogni popolo, ogni cultura, ogni religione, con la quantitá immensa dei suoi doni. Vediamo quindi nella Trinitá la donazione reciproca e d’insieme, sia per la cura dell’umanitá, sia per la cura di quanto esiste nel Cosmo, il Creato globale, creature conosciute o sconosciute, quel Tutto, con l’urgenza di essere vivificato, liberato, sostenuto, accompagnato dalla comunione e dal dinamismo creativo e trasformativo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Ecco il paradigma che si dispiega davanti a noi, come un modello per la nostra partecipazione, collaborazione all’azione di Dio, che é di trasformazione continua, che e’ di comunione ma anche di pluralismo sia nelle comunitá cristiane piccole, sia nelle chiese locali, sia nella chiesa universale, sia nel mondo pianeta terra “casa comune”, sia a livello cosmico. Al centro: Gesu Cristo Alfa e Omega che in modo mirabile il Padre fa risorgere dai morti per opera dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo, come colui che esercita il suo influsso nell’acquisto della sapienza. “Porró il mio spirito su di loro” (Ez. 37, 14) “Effonderó su tutti il mio Spirito…” (Gioele 3, 1-5) “ Colui che gli ammaestrerá nella veritá” (Gv. 14, 16)
Dopo la Risurrezione di Gesú i discepoli erano “Perseveranti e concordi nella preghiera insieme ad alcune donne e a Maria la madre di Gesú….” (Atti 1, 14) …” Scese lo Spirito su di loro” (Atti 2, 1-17) “I doni dello Spirito sono giustizia, pace e gioia” (Rom. 14, 17) “Spirito che conferisce i carismi e molteplicitá di doni” (1 Cor. 12, 3) In questo modo lo Spirito gli abilita, e ci abilita, ci fa strumenti, ministri dell’evangelizzazione, perció della trasformazione.
Da quando col Concilio Vat. II si scoprí la figura determinante dello Spirito Santo, si sveló allora a noi misionari/e in misura piena, il significato di ció che narra l’evangelista Luca, quando Gesú nella sinagoga di Cafarnao prese il rotolo della Parola e lesse: “Lo Spirito del Signore é su di me, egli mi ha consacrato ed inviato ai poveri per annunciare loro la Buona Novella” (Luca 4, 16, ss) del Regno. Dal Concilio Vat. II in poi in ogni Documento – Enciclica – del Magistero o Dottrina Sociale della Chiesa porterá un capítolo sullo Spirito Santo. Ci é caro evocare l’insistenza di Papa Giovanni Paolo II, che in sue diverse Encicliche ci istruisce dicendo che “La Dottrina Sociale della Chiesa é parte integrante del messaggio del Vangelo da trasmettere, da portare in tutto il mondo”.
5 – Il ministero sociale e il senso escatologico della trasformazione sociale
Nuovi itinerari spirituali, nuovo dinamismi di fratellanza e nuove modalitá dell’Annuncio? Forse é questo il momento privilegiato della verifica della nostra ministerialitá missionaria?
Tutta la vita di Gesú é un esempio per noi su come vivere la ministerialitá, offrendosi e donandosi. “Passó beneficando, facendo il bene….” ( Atti 10, 38) . E’ cosí che noi vediamo i Ministeri Sociali. E li vediamo con l’esigenza di viverli con la spiritualitá di Gesú, coi “sentimenti che erano nel Cuore di Gesú… (Filipp. 2,5-11 ) e nella fratellanza universale che egli visse. Gesú, nella notte in cui fu tradito, nel contesto di un pasto fraterno coi suoi discepoli e discepole, e quando il suo donarsi raggiunge l’apice, nella coscienza piena del ministero per il quale fu chiamato dal Padre, ci insegna a “chinarci e lavare i piedi”, vuol dire al servizio totale e poi pronuncia il suo testamento “Questo é il mio Corpo offerto”, “Questo é il mio Sangue versato”. Ma peró nei tempi dell’Annuncio della sua passione, soprattuto quando parla dell’offerta della sua vita “Cominció a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme, per venire ucciso e il terzo giorno risorgere” (Matteo 16, 21-23)
Il centro, il nucleo della nostra fede, é Gesu Cristo il Signore Risorto. Questo Gesu Cristo Risorto é il cuore del nostro Annuncio, e la ragione del nostro Ministero Trasformante. Il Signore Risorto. Il cui nome primo era Gesú che significa: “Il Signore é la salvezza”. E siamo anche interessati al ministero di Gesú, alla sua parola, buona novella del Regno, alle sue parabole del Regno, alla sua vita vissuta in “koinonia”, comunione, creando comunitá comunione, creando Regno, coi suoi discepoli, con le sue discepole, anticipando i beni divini della fratellanza universale, giá su questa terra, considerando come la destinazione finale quando la sua signoria sará confermata e il suo titolo di Kyrios arriverá alla pienezza. La salvezza, la liberazione che lui ottiene per il creato e per l’umanitá, mira alla parusia, é orientata verso la scatologia, e cioé alla realtá futura vera. La salvezza c’e “giá e non ancora”. La nostra preghiera é quella che Gesú ci ha insegnato: “Padre nostro…venga il tuo Regno” (Luca 11, 2-4). Regno per il quale viviamo, che giá esperimentiamo, e ci adoperiamo a costruire, trasformando situazioni, lasciandoci trasformare da questo “giá quí” e “non ancora”. E’ questo che noi consideriamo la realtá scatologica alla quale mira la Trasformazione Sociale, culminando nella pienezza del Regno. La nostra speranza é grande perché guardiamo a questi beni escatologici con grande fiducia in Dio, cosí come con entusiasmo e gioia. La fede nella risurrezione di Gesú é ció che ci mantieni forti e slanciati pur nella situazione tribolata e turbolenta del mondo che pare sospeso nella sconfita della Croce. Ma crediamo nella Risurrezione. Il nostro Manifesto é che la Risurrezione é pegno della possibilitá necessitá della Trasformazione Sociale e della manifestazione della realizzazione piena del Regno di Dio negli ultimi tempi.
Anche il nostro corpo umano é sottomesso a profondissime trasformazioni. Senza riferimento alle trasformazioni non potremo avere comprensione dell’essere umano nella sua realtá terrena. Quello che a noi sembra importante sottolineare prima di tutto é che il corpo é una realtá che passa per diversi stadi di trasformazione. “Giá dal seno materno.. “ …… (Salmo 138) A livello fisico e a livello psichico. Gli stadi come infanzia, adolescenza, etá adulta si pensano spesso come passaggi ad una coscienza superiore e di risposta migliore alla chiamata all’essere. A parte possiamo ricordare che anche nelle cellule del nostro corpo come pure nel sangue che scorre per le nostre vene si vanno effettuando delle trasformazioni. Lo stadio finale del corpo é la risurrezione, quando assume la sua forma definitiva di essere accolto dopo aversi offerto e donato. “L’ umano” é delle persone umane quando le due dimensione sono insieme. La morte deve essere interpretata, é uno dei passaggi che dobbiamo attraversare, un grande momento che dobbiamo affrontare per arrivare alla pienezza della vita nel Regno di Dio, dove tutto il nostro essere sará nuovo e definitivo. Dobbiamo vedere la morte non come punizione del peccato e non come separazione che distrugge la persona, ma che la trasforma, che la configura meglio ad una nuova dimensione, ad uno stadio ulteriore di conoscenza e d’ amore da quando camminava nel corpo. Il rapporto tra anima e corpo si redifinisce, ma non noi come persone. Si entra nella realtá di Dio, in maniera definitiva, e in un incontro, in un rapporto nuovo con lui e col cosmo che non é piú quella realtá materiale del nostro piccolo corpo, ma ora é una relazione nuova con tutto ció che esiste della realtá che riflette la persona: corpo e anima. L’ultima e definitiva trasformazione é quando tutti i corpi saranno risorti ed entreranno in comunione, e ci saranno “Cieli e terra nuova” ( Apocalisse 21, 1-7 ) Quando vita e morte diviene realtá preziosa nel divenire in pienezza una sola cosa con Dio, con gli altri, con tutto il Creato. “Benedetto sia Dio che ci ha benedetto con ogni benedizione spirituale in Crist, secondo il mistero della sua volontá di ricapitolare in Cristo tutte le cose” (Efesini 1, 3-10)
6 – Il senso sacramentale della creazione
Abbiamo parlato di Gesú come Sacramento del Padre e abbiamo espresso la certezza della nostra chiamata ad essere anche noi sacramenti – segni e strumenti – di questo Padre che ci ha creato per la comunione tra di noi e con tutto. Ancora una nostra considerazione sul Creato e su come vediamo in esso il Dio che ci si rivela Mistero al di lá delle nostre capacitá di comprensione.
Chi si propponga fare una riflessione teológica, passa necesariamente per una lettura di eventi e trasformazioni social, umane, come pure per un avvicinamento alle scienze per la lettura degli eventi che accadono nel cosmo, (macro e micro cosmo) perché in tutto c’é la presenza di Dio e perché tutto é di fondamentale importanza per l’essere umano. Tutto ció va contestualizzato secondo le persone o i gruppi umani che fanno questa lettura giá col proprio patrimonio genetico, storico, culturale.
Noi guardiamo il fascino e il mistero della creazione con occhio contemplativo, poetico, scientifico. Con occhio contemplativo perché il nostro é l’occhio di un credente che coglie la grandezza, la complessitá, l’armonia, la bellezza, e vede un Mistero irresistibile. Un mistero che ama, che si é investito tutto a fare questo “creato”. Che si é impegnato, s’impegna, ama, ha cura, ci accompagna noi figli e figlie, che si prende cura del nostro “habitat” e di noi, affinché ci sentiamo a casa nostra, come i teneri genitori che vogliono che i figli trovino un focolare, casa e amore. Ed é bello non soltanto sapere che Egli ha creato noi dal suo amore (Caterina da Siena), ma ha preparato ha creato, pure questo “habitat” dal suo amore, e per di pú con un profondo anelito della nostra collaborazione con lui. Dio non vuole consumatori soltanto, ma creatori. Perche siamo la sua famiglia, il suo popolo e vuole che godiamo questo focolare adorabile, vuole che lo rispettiamo e lo costruiamo insieme a lui. Egli stesso gioisce: Dopo ogni giorno di creazione descritta “Dio vide che era cosa buona… poi creó il sesto giorno l’essere umano, vide quanto aveva fatto e “Vide che era cosa molto buona” (Genesi 1, 1-31). Possiamo dopo vederlo questo Creato con occhio poetico che fa appunto scaturire dai nostri cuori poesie e lodi, come i Salmi: “Sei vestito di splendore maestá…. Quante sono numerose le tue opere Signore, tu le hai fatto tutte con sapienza, la terra é piena della tua ricchezza”(Salmo 104, 1 e 24) “Sopra i cieli si innalza la tua magnificenza” (Salmo 8,2) E’ sgorga in noi un ventaglio armonioso di sentimenti nobili nel volere costruire, co-creare con lui: Quindi atteggiamenti di contemplazione, di gioia, di apprezzamento, di valorizzazione, ecc. Anche se a volte critichiamo perché ci sono dei limiti nel Creato, essendo in evoluzione, tra colori, forme, movimenti concordati, a volte ci sono dei limiti delle trasformazioni e ne deriva un male per noi, come per esempio nei movimenti tellurici nell’interno della terra che provocano dei devastanti terremoti.
Comunque noi guardiamo la creazione anche con occhio scientifico. Oggi le scienze ci parlano del cosmo come di una realtá ordinata, con armonia, con relazioni, con visioni, con tempi e forme in concordanza, con coerenza con coesione. Ci parlano di una realtá grandiosa incommensurabile e non caotica ma portentosa, nella quale tutto é collegato, tutto interconnesso, tutto interdipendente. Dentro la quale noi ci siamo, e pur essendo creature meravigliose, siamo piccolissime, non altro che “polvere di stelle”.
Da sempre uomini e donne hanno guardato con interesse i fenomeni del cosmo, degli astri, ma oggi infinitamente di piú, coi cannocchiali piú grandi, piú specifici, piú raffinati, lo studio del cosmo si allarga e si puó osservare la sua espansione. Questo soltanto riguardo il macrocosmo, e tanto o piú sorprendente e stupefacente lo studio del microcosmo. Quanta realtá c’é in un quantum?! In un corpusculo di luce, in una onda di frequenza?! Coi microscopi piú minuscoli la scienza riesce a penetrare, ma non a delucidare completamente il mistero della realtá. Macro- e micro- cosmo in ininterrotta trasformazione. Tutto questo capovolge i paradigma di ogni concezione precedente riguardo la realtá, dell’origine del cosmo e quindi dell’essere umano.
Quanta nostalgia del Mistero Divino deriva da tutti questi studi! E quanto é ammaliante che nuove ipotesi nascano e nuove formule, tentando di spiegarsi meglio, a prova e controprova. Per tanti di noi al mondo, tutto ció é motivo di grande gioia per i successi della conoscenza umana nello evolversi della sua storia. Per altri invece é quasi motivo di spavento e paura perché cadono delle certezze che sembravano eterne. E anche se tutto questo che si vede continuerá ad essere studiato, e anche si riuscissero a comprovare in pieno scientificamente tutte le ipotesi, il Dio Creatore non si vede. A Dio si arriva con la fede, non con le scienze. E’ soltanto nella fede, con l’occhio illuminato dalla fede, che si arriva al Dio Creatore. Sono deduzioni, costruzioni mentali a partire de ció che si vede. Ben ricordiamo ni nuovo le mediazione sopra nominate. Quindi la Creazione é anche lei un Sacramento, segno e strumento della manifestazione di Dio.
All’Universitá Tangaza, c’é un dipinto nato dalla Collaborazione Tangaza Universitá – e alcuni artisti di Korogocho, assai suggestiva, dove viene rappresentata la creazione in continua trasformazione ed evoluzione. E’ un’icona, un’ illustrazione da contemplare a lungo per la sua ricchezza e profonditá di contenuto: Spirituale, religioso, ecologico, sociologico, antropologico, teologico. “Una Cosmovisione, che mostra come nel cosmo complessissimo, incantenvole, colorito, dinamico, ci siano ininterrotte trasformazioni, di nuovi scoperte de cometi, di stelle che appaiono e che poi spariscono. Uno spazio intergalattico, interstellare seducente che data da piú di 10 milliardi di anni di evoluzione. Dove l’essere umano emerge all’interno di questo cosmo infinito, come frutto dell’evoluzione, come frutto di tante realtá giá esistenti, dove peró lui emerge come originale, come capolavoro, come diverso, con una presa di coscienza della su esistenza, e con delle domande da dove veniamo e di ció che riceviamo. Dio ha messo in motto il processo della creazione. Non l’ha messo in motto per essere sempre lui da solo a continuare a creare. Lui é il perno della crezione, ma poi ha voluto altre mani. Dove dunque l’essere umano appare come attore, con la sua presenza con le sue mani. E’ sí, recipiente, ma é anche donante. Come essere intelligente che riflette, che si interroga, che analizza, che si pone degli obbiettivi, che puó valutare ció che é bene e ció che é male. Che puó entrare in relazione con l’Altro, col Trascendente, col Mistero, con Dio, come pure con gli altri essere umani e con tutto il Creato. Come colui che puó cogliere che ci sono energie trasformatrici fuori di lui, ma anche in lui. Vede che le leggi della natura influiscono su questo mondo, ma vede che anche lui puó influire e deve influire asseconda delle sue capacitá, nella diversitá personale e del suo gruppo umano. Anche lui é chiamato ad essere creatore-creativo secondo le sue caratteristiche frutto di una storia globale ma anche personale. Perché nella logica di Dio Creatore, nessuno é passivo, ma tutti sí recipienti frutti di una storia, ma allo stesso tempo chiamati ad essere attivi per migliorare, per correggere, per trasformare, per ribaltare in maniera creativa e dinamica queste energie trasformatrici. E mentre c’é il divenire, la trasformazione, la crescita nel dintorno, c’e´anche un auto- divenire, auto-trasformazione auto-crescita. Naturalmente viene sottolineata con la volontá esplicitata dall’arte,un’altra realtá, la presenza distinta ma in comunione di collaborazione del maschio e la femmina, che sono chiamati ad interagire, dell’uomo e della donna, in relazione di convivenza di amicizia di fratellanza, di amore ambidue non solo usufruendo del Creato ma co-creando.Quasi al centro dell’icona si mette molto in evidenza che la donna splendidamente sta “producendo”, lavorando. Ci fa pensare quanta realtá c’é in un seme, in uno stelo, in un fiore, in un frutto; in un grembo materno. Donna co- creatrice, “attore” di trasformazione. Questo é un fatto notevole ed eccezionale anche a Tangaza dove tantissime donne ricevono e offrono elevata educazione con una progettualitá giá orientata alla trasformazione sociale persino con l’imprenditoria sociale. La croce nell’angolo superiore destro dell’icona che inoltra in movenza discendente i suoi fasci luminosi, rappresenta allo stesso tempo Gesú Salvatore, Liberatore, tramite la sua croce, morte e risurrezione, ma anche l’amore e la tenerezza del Padre, che con la forza dello Spirito Santo accompagna, conforta, illumina, scalda, incoraggia, sia all’approfondimento e analisi del senso delle situazioni personali, comunitarie, globali, di crescita, di sviluppo, di trasformazioni, o di sofferenza, sia all’agire con responsabilitá creativa per insieme trovare soluzioni, strategie, modalitá, sia per la cura del Creato e sia per la cura dell’Umanitá, rappresentata dal globo terrestre.”– “La Creazione sará anche ella liberata dalla schiavitú della corruzione per entrare nella gloria dei figli e delle figlie di Dio” (Rom. 8, 20-22) (Questo dipinto é ispirazionale a fine della Trasformazione Sociale)
P. Francesco Pierli MCCJ Sr. Teresita Cortés Aguirre CMS / Giugno 2021/
Perché la vicinanza e la cultura dell’incontro vissute nella quotidianità ridiano speranza e senso della vita a coloro che sono tristi e rinchiusi in sé stessi. Preghiamo.
Perché lo Spirito Santo ci aiuti a discernere quale sia la volontà di Dio per il nostro ministero pastorale e ad essere sempre testimoni di collaborazione e di comunione. Preghiamo.
«Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,34)
Carissimi confratelli, saluti fraterni nel Cuore di Gesù.
Quest’anno, la celebrazione della Solennità del Sacro Cuore di Gesù ci trova in piena preparazione al nostro prossimo Capitolo Generale, un evento sinodale che ci dà l’opportunità di crescere nella fedeltà al carisma per incarnarlo nella missione particolare di questo momento storico. Un tempo segnato dalla pandemia provocata dal COVID, che è stato uno shock a tutti i livelli, da conflitti e guerre in diverse parti del mondo e da tensioni in alcune Chiese locali.
La nostra Regola di Vita ci ricorda: «Il Fondatore ha trovato nel mistero del Cuore di Gesù lo slancio per il suo impegno missionario. L’amore incondizionato del Comboni per i popoli dell’Africa aveva la sua origine e il suo modello nell’amore salvifico del Buon Pastore, che offrì la sua vita sulla croce per l’umanità» (RV 3).
Il Cuore di Gesù è per noi l’ancora che ci tiene uniti alla fonte della vita e della missione; è la linfa che dà vita al nostro Istituto, è senza dubbio un elemento fondamentale del carisma, che ci aiuta a riqualificare e rinnovare il nostro impegno. La missione comboniana, 154 anni dopo la fondazione dell’Istituto, continua nel tempo e nello spazio, arricchendosi di sfumature che si concretizzano in nuovi modi di essere e vivere la missione. Uno di questi orizzonti è senza dubbio l’ecologia integrale, alla quale siamo chiamati a rispondere con il coraggio e la creatività tipiche del nostro Fondatore.
In questa festa rinnoviamo il nostro desiderio di seguire Gesù nel suo dono totale di sé per la salvezza del mondo e di mettere, in umiltà, i nostri doni al servizio del Regno. Siamo invitati a trovare nella contemplazione del mistero del Cuore di Gesù l’audacia e l’energia per metterci in cammino dove lo Spirito ci conduce. Il nostro impegno missionario porterà frutto solo se emana da un’esperienza di incontro con Gesù ed è un’espressione viva di quell’amore che si irradia dalla croce verso tutti gli uomini e donne, specialmente i più bisognosi.
Celebrare il Cuore di Gesù, in un contesto di pandemia che ci ha costretti a cercare nuove strade e a adattarci agli imperativi imposti da una situazione di fronte alla quale siamo impotenti, e che ci ha fatto soffrire e piangere le vittime della Famiglia Comboniana, delle nostre proprie famiglie e della gente con cui lavoriamo, ci ricorda che apparteniamo tutti ad una sola famiglia interdipendente. Alla perdita di vite umane si aggiunge anche il tremendo aumento della perdita di lavoro in tutto il mondo che si traduce immediatamente in povertà. Che gli straordinari gesti di solidarietà di cui siamo stati testimoni siano anche segni di speranza che ci aiutino a costruire un’umanità che ha bisogno di trovare nuove coordinate che permettano a tutti di avere vita in abbondanza. Il sangue e l’acqua che sgorgano del costato di Cristo sono il segno che la nostra fragilità ha come orizzonte finale la resurrezione, e questo illumina tutto il nostro lavoro di annuncio del Vangelo. Il Cuore spezzato di Gesù è una testimonianza dell’infinita compassione di Dio per l’umanità. Come Missionari Comboniani del Cuore di Gesù facciamo nostra anche questa sofferenza e rinnoviamo il nostro impegno nella missione che Gesù ci ha dato.
Il rinnovo della nostra consacrazione in questo giorno di festa è un atto di fiducia e un invito a continuare a crescere nella vocazione che il Signore ci ha dato come dono per tutta l’umanità.
Chiediamo l’intercessione di Santa Maria nostra Madre che ha accompagnato suo Figlio ai piedi della croce e di San Daniele Comboni. Vi auguriamo una buona festa.
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