Questo è stato il tema formativo con cui abbiamo iniziato la nostra assemblea nazionale dei LMC in Portogallo, che si è svolta lo scorso fine settimana, dal 25 al 26 ottobre, nella casa dei MCCJ a Maia. Nella riflessione, suor Graça, comboniana, nostra consigliera, ci ha ispirato a riconoscere lo sguardo di Dio sulla nostra vocazione LMC e a percepire come la nostra vocazione permei la nostra vita quotidiana, come “lievito nella pasta”. Anche a riconoscere che è stato Dio a chiamarci e a sceglierci! Ci ha invitato a contemplare la bellezza della missione e della vocazione, e a cercare di riconoscere la presenza della gioia perenne, della missione come relazione, come dinamica di comunione, da cui irradiamo l’Amore di Dio.
Successivamente sono stati presentati e approvati il Piano delle Attività e il bilancio annuale per il 2026. Anche ogni comunità locale ha avuto spazio per condividere la propria pianificazione per il prossimo anno.
Il giorno seguente sono state approvate le Carte dei Ministeri che compongono l’Associazione LMC, elaborate a partire dall’ultima assemblea, tenutasi nel marzo di quest’anno.
Alla fine della mattinata di domenica abbiamo celebrato la Santa Messa, presieduta da padre José Vieira, missionario comboniano che lavora in Etiopia, durante la quale tutti i LMC presenti, compresi quelli che hanno partecipato online, hanno rinnovato il loro impegno LMC.
Il fine settimana è stato un momento favorevole di incontro, riflessione e convivialità, con la partecipazione di 15 LMC, di cui 3 online. Ringraziamo Dio per la chiamata rivolta a ciascuno di noi e per accompagnarci sempre in questo cammino missionario!
Nel silenzio. Se oggi sentite la sua voce, non indurite i vostri cuori. Dio è nel silenzio.
1 Re 19,11-12.
Quando il profeta Elia fuggì dai suoi nemici sulla montagna per cercare l’aiuto di Dio.
La presenza del Signore non era nel vento forte, nel terremoto o nel fuoco, ma si percepiva in un leggero sussurro.
Come missionari dovremmo trovare le nostre montagne e nel silenzio ascoltare la voce di Dio, come Mosè che trovò il roveto ardente che non veniva consumato dal fuoco, togliersi i sandali che rappresentano i nostri peccati e le nostre comodità.
Creiamo silenzio e pace dentro di noi e offriamo il silenzio come dono agli altri.
PREGHIERA
Gesù era un uomo di preghiera e noi impariamo dal suo stile di pregare in silenzio e in solitudine. Lc 6,12; Mc 6,46
Ci ha insegnato a pregare con una preghiera semplice che fa grande riferimento al nostro Padre celeste, che è la preghiera del Signore Lc 11,1.
Una vera preghiera è nel silenzio, si ascolta Dio ed Egli viene a te, attraverso di te raggiunge gli altri.
Dovremmo pregare senza sosta e con comprensione: un cristiano che non prega è orgoglioso e non è umile.
LO SPIRITO SANTO
Luca 3,21; 5,16
Nelle nostre preghiere dovrebbe essere presente lo Spirito Santo, perché è lo Spirito che viene dal nostro Padre celeste per insegnarci, purificarci e rafforzarci durante le tribolazioni e le persecuzioni.
Gesù era pieno dello Spirito Santo, pregava con lo Spirito Santo e lo Spirito testimoniò che era il figlio prediletto di Dio durante il suo battesimo.
Impariamo dai discepoli di Cristo che erano pieni dello Spirito Santo e predicavano il Vangelo fino ai confini del mondo affrontando persecuzioni e persino la morte.
RIFLESSIONE SULLA VITA DI COMBONI
Dio ha plasmato e modellato Comboni attraverso le persone con cui ha vissuto e interagito.
L’ambiente della sua famiglia e del suo villaggio ha influenzato la sua spiritualità; i suoi genitori erano molto religiosi, ricchi di fede e di devozione.
Ciò che rende unico Comboni è il suo carattere: era impulsivo, vivace, gioviale, molto appassionato, emotivo, il che lo rendeva molto sensibile alle sofferenze degli altri. Ha coltivato e alimentato amicizie con persone di ogni ceto sociale.
Il suo amore per la missione, il Sacro Cuore di Gesù e Maria, San Giuseppe e il popolo africano è fonte di ispirazione per tutti noi.
LA TRINITÀ
Il mistero della Santissima Trinità
Tre in uno e uno in tre, uguali ma diversi. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo condividono tutto, comunicano costantemente tra loro e sono uguali nell’amore.
La Trinità ci insegna a condividere i nostri valori, le nostre emozioni, le nostre esperienze a un livello molto intimo; quando ci permettiamo di essere vulnerabili, suscitiamo empatia negli altri. L’obiettivo è creare un’atmosfera amorevole di cura e comprensione reciproca.
Nella Trinità la comunicazione è perfetta, per noi la comunicazione non è ancora perfetta, ma con piccoli passi nella giusta direzione possiamo contribuire a migliorarla.
Dovremmo imparare a vedere la Trinità in ognuno di noi e anche chiederci quali aspetti delle nostre relazioni non sono in linea con la Trinità benedetta.
Non c’è Trinità senza te e me. Se vogliamo entrare nel cuore misterioso della nostra fede, fissiamo lo sguardo su Gesù, che è visibile tra noi. Egli ci attira al Padre nostro che è nei cieli e lo Spirito Santo viene e vive in noi.
Attraverso Cristo impariamo il ministero della trinità: “Chi vede me vede il Padre e il suo spirito vivrà in lui, io, il Padre e lo Spirito Santo siamo un unico essere, ciascuno se stesso”.
Il vocabolario della trinità è completo e include tutti noi.
Otto Laici Missionari Comboniani della parrocchia di Saint Kizito di Begou, nella diocesi di Sarh, hanno pronunciato i loro voti di impegno domenica 12 ottobre nella parrocchia di Saint Kizito di Begou. Durante una messa di ringraziamento presieduta da Pers Ngore Gali Celestin, cappellano nazionale dei Laici Missionari Comboniani. Questo impegno arriva dopo 8 anni di catechesi dei laici. Nella sua omelia, il celebrante ha chiesto ai laici di essere di buon esempio per i fedeli cristiani e li ha incoraggiati nel loro impegno in questa missione.
vi salutiamo con la pace e la gioia del Signore Gesù Cristo e vi porgiamo i nostri più affet-tuosi auguri per la solennità di San Daniele Comboni, nostro Fondatore. Questa giornata è un’occasione speciale per noi tutti e per quanti hanno visto le loro vite illuminate dal suo esempio e dalla sua missione.
Due settimane or sono si è conclusa la nostra Assemblea Intercapitolare, inaugurata da una giornata di formazione sul tema “Ravvivare il fuoco per la Missione”. Ne è emersa con forza l’urgenza di rafforzare la nostra unità e di costruire comunità capaci di rispondere alle sfide dei nostri tempi, valorizzando con cura le risorse umane e materiali di cui disponiamo. Al contempo, dobbiamo riconoscere che la nostra identità comboniana necessita di essere custodita e rinsaldata: alcuni confratelli lasciano l’Istituto, altri si ritirano, e ci interroghiamo su dove sia finito oggi il co-raggio di andare là dove altri non osano
Fin dall’inizio siamo stati una famiglia internazionale e multiculturale. Questa diversità non è un semplice dettaglio: è un segno del Regno e una testimonianza che la comunione tra popoli e culture è possibile in Cristo. È un messaggio di speranza per un mondo spesso diviso. Custodire questo dono è oggi più necessario che mai, se vogliamo contrastare il nazionalismo e il tribalismo, che rischiano di insinuarsi anche nelle nostre comunità.
Per affrontare queste sfide, dobbiamo ravvivare il fuoco della nostra passione missionaria. Il fuoco è simbolo di zelo, coraggio e convinzione; ci spinge verso la missione e ci sostiene nei momenti difficili. Gesù Cristo, primo “Missionario del Padre”, affermava: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49). Anche Comboni richiamava spesso l’immagine di un “cuore caldo di puro amore di Dio”: «Quando il Missionario della Nigrizia ha caldo il cuore di puro amore di Dio, e con lo sguardo della fede contempla il sommo van-taggio e la grandezza e sublimità dell’Opera per cui s’affatica, tutte le privazioni, gli stenti conti-nui, i più duri travagli diventano al suo cuore un paradiso in terra» (Scritti, 2705).
Quando questo fuoco arde in noi, le croci e le difficoltà non ci possono fermare. Un cuore acceso resta fisso sulla meta e non si lascia distrarre dagli ostacoli o dagli insuccessi.
Siamo convinti che una missione come la nostra — i cui frutti spesso non vedremo piena-mente, in cui anni di lavoro possono sembrare vani, e tale da sfidare la logica e talvolta sembrare senza speranza — possa essere portata avanti solo se siamo realmente infiammati dalla passione.
Oggi più che mai sentiamo la chiamata a ravvivare questo fuoco. Molti di noi si sentono stanchi o fragili, e questa fatica colpisce anche le comunità. Per alimentare la fiamma, occorre ri-muovere la cenere e aggiungere nuova legna. Il modo migliore per farlo è tornare al fuoco origina-rio che ardeva in noi quando abbiamo ricevuto la chiamata missionaria comboniana — quei mo-menti in cui la vita di Comboni e la missione dei Missionari Comboniani ci hanno toccato profon-damente.
Ognuno di noi custodisce il ricordo di quando la vita di Comboni ha acceso il suo cuore: for-se è stato il suo altruismo nell’ascoltare la chiamata di Dio, pur essendo figlio unico; o il coraggio di lasciare l’Istituto Mazza per seguire ciò che considerava essenziale; o la perseveranza di fronte alle opposizioni, anche da parte della Chiesa; o ancora la fede tenace durante la perdita dei com-pagni; o la sua convinzione della dignità del popolo africano, il suo indefesso impegno per una tra-sformazione umana integrale, la sua apertura alle culture diverse e la visione profetica della mis-sione.
Qualunque sia stata la scintilla che ci ha illuminato, essa è ancora viva e può ravvivare il no-stro fuoco. Quando lasciamo che arda di nuovo, superiamo stanchezza, indifferenza e abitudini comode; il nostro amore per la missione si rinnova e ci dona forza per affrontare ogni sfida.
E quale momento migliore della festa del nostro Fondatore per riaccendere questa fiamma, ricordando che ci ha donato un’identità unica nella Chiesa e nel mondo come Missionari Combo-niani del Cuore di Gesù?
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