Laici Missionari Comboniani

La nuova equipe coordinatrice dei LMC in Polonia

LMC PoloniaDal 30 settembre al 2 ottobre si è svolto, in Polonia, il nuovo ciclo formativo per i giovani che desiderano essere Laici Missionari Comboniani (LMC). 17 giovani, provenienti da diversi posti del Paese, accompagnati dal nuovo responsabile dei LMC della Polonia, Fr. Tomek Basiński e da P. Maciej Miąsik, hanno seguito il discernimento della loro vocazione.

L’ultimo giorno c’è stata la nomina ufficiale del nuovo gruppo di coordinamento. Kinga Piwecka è la nuova coordinatrice e Krysia Tarnawska continua ad essere l’economa. Ringraziamo di cuore Michał Kędzior per il servizio svolto finora con grande dedizione, capacità e volontà.

LMC Polonia

FESTA DI SAN DANIELE COMBONI 10 OTTOBRE

Comboni

Moriremo tutti, ma dare la nostra vita è il minimo che possiamo offrire a Gesù che ha dato la vita per noi (S 5822)

Carissimi confratelli,
Salutiamo con affetto tutti voi, nei luoghi in cui state prestando il vostro lavoro missionario, perché desideriamo essere in comunione con voi in questa occasione in cui celebriamo la festa del nostro Fondatore.

Alcuni giorni fa, il Consiglio Generale si è recato a Limone sul Garda, in occasione della chiusura del Capitolo Generale delle nostre consorelle comboniane e per chiudere anche in questo modo la visita canonica alle comunità della Provincia italiana.

Limone, infatti, oltre ad essere una località turistica bellissima e attraente, è un luogo che parla in modo particolare a tutti noi, continuatori delle orme di san Daniele Comboni. Visitare la chiesa parrocchiale in cui san Daniele ricevette i sacramenti a cominciare da quello del Battesimo, entrare nella casetta le cui mura sentirono le sue grida infantili, camminare per la limonaia percorsa un tempo su e giù da quel ragazzino, salire lungo il ripido sentiero che collega Limone con altri paesini e, dall’alto, contemplare l’azzurro del lago di Garda, permette alla nostra fantasia di capire meglio le sue lettere e tutto quello che un po’ alla volta ingrandiva il suo cuore e lo preparava ad affrontare le sfide della missione africana.

Continuatori di un’eredità

Limone è stato la culla e il crogiuolo di un sogno. È stato interessante sentire come alcune persone, abitanti di Limone, si esprimono sul loro compaesano missionario e vescovo. Lo si sente vivo e presente nella vita di quegli uomini e donne, motivo di orgoglio e benedizione per tutti loro.

La festa che stiamo per celebrare può essere l’invito a domandarci anche noi: qual è il posto che il nostro Fondatore occupa nella nostra vita? Siamo continuatori di un carisma ricevuto da Dio e arrivato a noi attraverso san Daniele. Come possiamo testimoniare nei posti in cui lavoriamo quella stessa passione che sentiva lui per la causa missionaria? È un dono che può essere arricchito o impoverito. Sarà arricchito se offriremo il meglio di noi, lavorando con generosità e senza sosta per raggiungere l’utopia del Regno, come ha fatto Comboni. Sarà impoverito se ci accontentiamo di quello che abbiamo conseguito e non condividiamo i doni che ciascuno di noi possiede, ma li teniamo nascosti per paura di fare brutta figura o perché è più comodo restare dove siamo, senza pretendere di andare oltre.

Vivere la comunione nonostante le nostre differenze

Limone è situato nella falda di un monte. San Daniele ha saputo andare oltre, cercando nuovi orizzonti; ha avuto il coraggio di andare al di là dell’ambiente conosciuto avventurandosi in un continente lontano, raffigurato nella sua mente soltanto dalla descrizione fatta dai missionari di passaggio e arricchito dalla sua fantasia giovanile, illuminata dalla fede nel Figlio di Dio. Comboni ha saputo scoprire un altro tipo di bellezza in popoli diversi dal suo. Si è lasciato trascinare dalla vita e dalla sorte di tanti uomini e donne che considerava fratelli e sorelle. Anche noi siamo invitati a scoprire la bellezza delle persone, quelle che vivono con noi e quelle che troviamo nel nostro lavoro, nonostante le nostre differenze, certi che non potremo amare quello che non conosciamo.

Il nostro Istituto è oggi più che mai internazionale, quindi cattolico, perché così ci ha voluti san Daniele fin dall’inizio. Come viviamo la sfida dell’internazionalità? Comboni invitava tutti a lavorare nella missione. Siamo in grado di trasmettere la stessa passione missionaria che abitava il cuore del nostro Fondatore, della quale ci parla l’ultimo Capitolo Generale? Vogliamo vivere un rapporto di comunione con Dio e condividerlo con chi ci sta accanto. Vogliamo leggere la vita e la storia alla luce della fede e assumere un nuovo stile di vita e di comunione, fondato su scelte evangeliche (AC 2015, 29).

Vivendo gli orientamenti del Capitolo

Quando scopriamo il dono che è arrivato gratuitamente nelle nostre mani, non possiamo fare altro che vivere in atteggiamento di gratitudine verso Dio e siamo spinti a darci da fare. E quando siamo capaci di ringraziare, viviamo nella gioia che deriva dallo scoprirci portatori di buone notizie, come ci ha proposto l’ultimo Capitolo Generale, sulle orme della Evangelii Gaudium.

In quasi tutti i nostri incontri dei vari settori è diventata una prassi accostarci alla realtà in cui ci muoviamo per conoscerla e permettere che il nostro lavoro produca frutti, perché si ispira e si contestualizza in quel determinato posto. Viviamo momenti difficili e sfidanti per tutti, ma abbiamo la promessa che non siamo da soli. Evitiamo di cadere nello scoraggiamento quando teniamo conto che non solo il Risorto ci accompagna, come fece con i discepoli di Emmaus (Lc 24), ma anche quando siamo consapevoli che Comboni è presente con la sua testimonianza missionaria permettendoci di incominciare questo percorso di vita: Io rimarrò fermo al mio posto fino alla morte (S 5329) nonostante tutti gli ostacoli dell’universo (S 5584).

In questa festa, ci domandiamo, come assicurare lo specifico comboniano nelle nostre attività? Il Capitolo ci ricorda: Sentiamo la necessità di recuperare il senso di appartenenza. La gioia e la bellezza di essere vero ‘cenacolo di apostoli’, comunità di relazioni veramente umane. Siamo chiamati a valorizzare, prima di tutto fra noi, l’interculturalità, l’ospitalità e la ‘convivialità delle differenze’, convinti che il mondo ha un immenso bisogno di questa testimonianza (AC 2015, 33).

Il piccolo paese di Limone sul Garda, dov’è nato san Daniele, e la città di Khartoum, dov’è morto, ricordino a tutti noi che Dio può fare meraviglie quando lo lasciamo agire in noi, come ha fatto il nostro Fondatore. Buona festa a tutti!
Cordialmente,
IL CONSIGLIO GENERALE MCCJ

Che titolo?

Marisa LMC

Che titolo posso utilizzare? ” Già è passata una settimana” o ” è passata solo una settimana” (da quando sono arrivata qui)?

Sono arrivato a Londra il 3 settembre. Le lancette dell’orologio segnavano le 23 ore quando sono entrata nella “mia nuova casa.” A volte (sì, a volte), questa non è la mia casa, è più di questo: è la mia famiglia – lo sento e mi commuove. (E’ trascorsa solo una settimana” e mi sento bene qui in questa comunità.)

In generale, qui a casa, siamo in 6: io, i tre padri (P. Angelo, italiano, padre Rogelio messicano e Padre Patrick, irlandese) e 2 giovani (Paul, che è infermiere, e pochi giorni fa è arrivato Amir, per trovare lavoro). Ma questo numero varia costantemente, a volte ci sono padri di altre comunità o famiglie /amici che trascorrono la notte o stanno qualche giorno con noi. (E’ passata solo una settimana e ho incontrato tante persone!).

La comunità dei padri che vive con me mi ha permesso di imparare, crescere, maturare. Cominciamo la giornata insieme nella cappella – preghiamo le  Lodi e celebriamo la Messa. La sera, prima di cena, è lì che ci ritroviamo, per la preghiera del pomeriggio. A poco a poco ho iniziato a  pregare “senza spiare e senza leggere” i libri (tutto in inglese!). (A volte penso, è trascorso una settimana e posso dire una preghiera senza costantemente leggere; in altri  momenti, di disanimo, penso, già è passata una settimana e ancora ho bisogno di una guida). Eppure, i padri sono molto pazienti e mi incoraggiano a non trascurare o perdere la voglia di imparare. Di tanto in tanto mi invitano a fare le letture.

Un poco prima delle nove esco di casa per andare a scuola di inglese. E’ là che passo il resto della mattina. Nella stessa classe ci sono persone di varia nazionalità e di età diversa (turchi, brasiliani, argentini, messicani, peruviani, giapponesi e cinesi). (E’ passata solo una settimana, ma ho già imparato tanto).

I pasti sono realizzati in comunità. Si tratta di un momento di condivisione. Più che condividere il cibo, condividiamo la vita, gli uni con gli altri. E’ anche un momento di apprendimento, di intimità, di “mettere in comune” , è uno degli spazi privilegiati dove scorre il rapporto. (E’ passata solo una settimana, ma i nostri rapporti si sono stabiliti lentamente al punto in cui sappiamo sempre di più degli altri).

Nel mio tempo libero ho avuto l’opportunità di visitare Londra e visitare alcuni siti – Museo di Storia Naturale, Museo della Scienza, Museo di Southbank, London Eye, Big Ben, Buckingham Palace, Portobello Road (mercato), il Royal Parks (Hyde Park, Diana – Principessa del Galles Memorial Fontana, Serpentine Lake, Kensington Gardens, Albert Memorial …). (E’ passata solo una settimana è già ho potuto vedere tanto).

Per tenermi occupata, approfitto per leggere, parlare con qualcuno e per aiutare qui a casa con qualcosa che è necessario.

“Tutto” serve per imparare qui. La cosa importante, che ho notato, è quello di essere a disposizione (interiormente) di fare errori senza paura e di accettare con umiltà le correzioni. Anche se leggere, guardare la televisione, ascoltare qualcuno, studiare, è importante per  imparare l’inglese, è  in questo modo che ho imparato di più: quando sbaglio c’è qualcuno che mi corregge. E ho imparato che la correzione è, in un certo senso, una dimensione relazionale, comporta una generosa apertura, spontanea ed empatica tra le persone, un aiuto che serve a costruire tra coloro che correggono e si lasciano correggere.

Marisa LMCIeri Domenica è successo qualcosa di meraviglioso! L’11 settembre è il primo giorno dell’anno, secondo il calendario etiope – si chiama enkutatash (“dono di gioielli” – Non sono sicuro della traduzione, ne del significato, lascerò questo più avanti). Il padre Frasa, che è qui a casa per qualche giorno, mi ha invitato a festeggiare con la comunità etiope di questa zona. E’ stata bella, un autentica esperienza dal Cielo, almeno! L’Eucaristia, con il rito etiope è durato circa 3 ore (non ho capito niente, assolutamente niente, di quello che hanno detto o cantato, è stata celebrata in Ge’ez, in lingua amarica).

Marisa LMCAlla fine sono stata presentata alla Comunità che mi ha salutato e accolta con allegria e ospitalità, invitandomi a un pranzo tradizionale. Ho diviso il piatto con altre persone, 4 bambini e una mamma, è segno di amicizia, di ospitalità, di lealtà (quelli che mangiano nello stesso piatto non ti tradiscono, così mi hanno detto). Abbiamo mangiato injera e ho potuto sperimentare il gursha (quando qualcuno prende un pezzetto di injera lo arrotola tra le mani e lo tinge nel wot, un sugo di accompagnamento). Ricevere il cibo da parte di qualcuno è segno di ospitalità e accettazione (è come un abbraccio tra amici). (E’ passata solo una settimana e già ho avuto la grazia di immergermi un poco in Etiopia). Ci siamo promessi di rincontrarci la prossima domenica. E’ curioso percepire che è a tavola che ho sperimentato l’intimità e dove ho sentito quasi un battesimo, un incontro di culture e di persone. Che benedizione!

Finisco, ma non prima di osservare che non è stato solamente in Etiopia l’inizio di un nuovo anno, in qualche maniera lo è stato anche per me: sto iniziando qualcosa di nuovo, un nuovo ciclo, a dare i primi passi in un cammino che mi sta dando fiducia.

Che titolo? L’amore, la Comunità, la Condivisione, il Servizio, la correzione; l’amore è il titolo (è il corpo e la memoria)

PS: “E’ passata solo una settimana e già sono stata benedetta con tante meraviglie, con tanti incontri, con tante esperienze e ho fiducia che ne verranno altre, perché è passata solo una settimana”. “Sono venuto perché abbiano vita e l’abbiano in abbondanza”(Gv 10,10)].

Marisa Almeida, LMC a Londra