Laici Missionari Comboniani

Solennità del Cuore di Gesù

Corazón de Jesús

Introduzione

Corazón de Jesús

Condividiamo questo opuscoletto come un sussidio per aiu­tarci a vivere più intensamente la Solennità del Sacro Cuore di Gesù (16 giugno), accogliendo l’invito che ci ha rivolto il XIX Capitolo Generale: approfondire e assumere la nostra spiritua­lità, che è marcata da alcuni elementi specifici che creano la nostra identità di Missionari Comboniani del Cuore di Gesù.

Ai confratelli di ogni comunità chiediamo di studiare e tro­vare il modo migliore di prepararsi alla Solennità: si può optare per un giorno di ritiro, o una serie di incontri di preghiera e/o di condi­visione…

Il testo fondamentale che deve guidarci in questa riflessione è il n° 3 della Regola di Vita:

Il Fondatore ha trovato nel mistero del Cuore di Gesù lo slan­cio per il suo impegno missionario. L’amore incondizionato del Comboni per i popoli dell’Africa aveva la sua origine e il suo modello nell’amore salvifico del Buon Pastore, che offrì la sua vita sulla croce per l’umanità: «E fidandomi in quel Cuore sacratissimo… mi sento vieppiù disposto a patire… e a morire per Gesù Cristo e per la salute dei popoli infelici dell’Africa Centrale» (Scritti, 4290).

Ed ecco le parole del XIX Capitolo Generale al riguardo:

12.     Sogniamo una spiritualità che ci permetta di conti­nuare a crescere come famiglia fraterna di consacrati radicati in Gesù, nella sua Parola e nel suo Cuore, e di contemplarlo nei volti dei poveri e nell’esperienza vis­suta da San Daniele Comboni per essere missione.

14.3   Vogliamo sensibilizzarci sugli aspetti fondamentali del carisma (es. la Croce, il Cuore di Gesù, l’opzione per i più poveri e abbandonati) attraverso la visione, lo spi­rito e la sensibilità di Comboni, per andare alle radici della sua spiritualità e riappropriarcene.

Possiamo pensare alla nostra vita missionaria come a un “cammino” che parte dal Cuore di Gesù e raggiunge il nostro cuore, per arrivare poi al cuore delle persone con cui condividiamo la sto­ria e il destino. Essere – o meglio diventare – “consacrati radicati in Gesù, nel suo Cuore” significa diventare ciò che siamo, realiz­zare l’identità che riceviamo dal Signore, grazie a San Daniele Comboni. Missionari del Cuore di Gesù è il nostro nome.

Il libretto della nostra Regola di Vita contiene, alla fine, una Lettera sul nome nuovo dell’Istituto, precisando ciò che ha ispirato la nuova scelta del 1979. È bene rileggere e meditare questo testo, come un primo momento di approfondimento.

La nostra Regola di Vita, al n° 3, ci propone l’esperienza di Comboni: il suo impegno missionario e il suo amore incondizio­nato per i popoli dell’Africa Centrale avevano la loro origine e il loro modello «nell’amore salvifico del Buon Pastore» che si lascia trafiggere il Cuore. Comboni stesso, rileggendo con sempre mag­gior consapevolezza la sua esperienza, parla di sé come di qualcuno che

«trasportato dall’impeto di quella carità accesa con divina vampa sulla pendice del Golgota, ed uscita dal costato del Crocifisso per abbracciare tutta l’umana famiglia, sentì bat­tere più frequenti i palpiti del suo cuore; e una virtù divina parve lo spingesse a quelle terre…, per stringere tra le brac­cia e dare il bacio di pace e di amore a quei… suoi fratelli” (Scritti, 2742).

Il Cuore di Gesù è l’anima della missione e la sua motiva­zione fondamentale.

È certamente una cosa buona cercare e creare programmi, strategie, strutture per la missione, ma non dimentichiamo che siamo soprattutto chiamati a «ravvivare il dono» (2 Tim 1,6ss). La tentazione potrebbe essere la stanchezza (accidia) che inaridisce l’anima e crea pessimismo, fatalismo, sfiducia e tiepidezza, oppure la voglia di diventare dei “protagonisti”, come se fossimo noi il fine della missione.

A questo riguardo, potremmo riprendere alcuni testi dalla Evangelii Gaudium: 26; 259; 264; 266-267.

Contemplare e assumere

Per radicarci nei sentimenti del Cuore del Figlio di Dio, Gesù, il cammino proposto dalla nostra Regola di Vita, come frutto di esperienza consapevole, si sviluppa attorno a due parole: contem­plare e assumere.

In altre parole, che riscontriamo nei Vangeli, possiamo dire: “venire a Gesù”, “vedere in lui il Figlio amato e consacrato dallo Spirito del Padre”, “mangiare lui per assimilare sempre più i suoi sentimenti”…

Questo avviene, soprattutto, quando lasciamo che il Signore Gesù penetri nelle profondità del nostro cuore e faccia venire alla luce sentimenti, pensieri, atteggiamenti e desideri che non sono quelli di chi è consacrato al Signore.

Lasciamo che Gesù ci guarisca, ci rinnovi e trasformi. Allora diventeremo persone “conquistate da Cristo” e animate dal deside­rio di conquistarne altre a lui (cfr. Fil 3,2).

Contemplare” e “assumere” non diventano azioni “volonta­ristiche”, perché, in verità, sono “grazia” alla quale noi rispon­diamo con la nostra consapevolezza e disponibilità.

  1. Possiamo descrivere così il “contemplare”:
  • “tenere gli occhi fissi in Gesù”;
  • “stare ai piedi della Croce”, come tappa importante di un lungo itinerario, durante il quale abbiamo visto i gesti e ascoltato le parole di Gesù, anche senza coglierne del tutto il senso;
  • “stare ai piedi del crocifisso”, per ricevere i doni che ci arri­vano dal suo Cuore: il suo Spirito, l’acqua e il sangue; Ma­ria…;
  • “rivestirsi di Cristo”, facendo nostre le sue “vesti”, cioè i suoi sentimenti;
  • “lasciarci trafiggere il cuore”, perché i doni del Signore non si adagino solo sulla superficie del nostro cuore, ma pene-trino nel profondo.
  1. “Assumere” ci suggerisce:
  • fare propri i sentimenti di Gesù, così che entrino davvero in noi, disposti ad assimilarli progressivamente, in modo che deter-minino le nostre linee d’azione o di condotta, tocchino i nostri criteri di scelta, plasmino i nostri desideri e irrobustiscano i nostri scopi;
  • assumendo i sentimenti di Gesù, scopriamo in noi – o vicino a noi – ostacoli, impedimenti, fragilità;
  • questo ci riporta a “contemplare” di nuovo e più profonda­mente Gesù, lasciandoci animare dalla forza di attrazione che egli esercita, chiedendo il suo perdono, la sua forza e la sua grazia;
  • così, le difficoltà che incontriamo non spengono la vita spirituale, ma la rafforzano e la fanno crescere;
  • “assumere i sentimenti di Gesù” diventa in noi una esigenza interiore di “rimanere innestati in lui”.

Alcuni testi che possono illuminarci

«Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito» (Zaccaria 12,10).

«Un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Giovanni 19,17).

Vedi anche: Apocalisse 1,1-48; Giovanni 15.

Dalle Regole dell’Istituto delle Missioni per la Nigrizia – 1871:

«[Gli alunni dell’Istituto] si formeranno questa disposizione essenzialissima col tener sempre gli occhi fissi in Gesù Cri­sto, amandolo teneramente, e procurando di intendere ognora meglio cosa vuol dire un Dio morto in croce per la salvezza delle anime» (Scritti 2721).

La nostra Regola di Vita, al n° 3.2, elenca tre atteggiamenti interiori di Cristo, che il comboniano è chiamato, in forza della stessa vocazione di Gesù e di Comboni, a contemplare e assumere:

  • la sua donazione incondizionata al Padre;
  • l’universalità del suo amore per il mondo;
  • il suo coinvolgimento nel dolore e nella povertà degli uomini.[1]
  1. La donazione incondizionata di Gesù al Padre

Potremmo pregare con questi testi, tratti da Giovanni:

«Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio» (Gv 10,11-18).

«Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato» (Gv 14,31).

«Io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me» (Gv 12,49-50).

Contempliamo Gesù come il Figlio che vive e opera secondo il progetto del Padre, che ha visto, ascoltato (Gv 5) e assunto nella libertà dell’amore di Figlio diletto. Gesù può dire che in lui agisce il Padre:

«Io sono nel Padre e il Padre è in me. Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere» (Gv 14,10).

La sua vita è risposta d’amore all’amore del Padre (cfr. Gv 13,1-4).

  1. L’universalità dell’amore di Cristo per il mondo

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio uni­genito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

«L’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro» (2 Cor 5,14-15).

Pensiamo alla testimonianza che il Vangelo ci dà di Gesù pel­legrino, che gira per le città e i villaggi. Dovunque vivono uomini e donne Gesù si rende presente:

«Egli disse loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo, infatti, sono ve­nuto!”» (Mc 1,38).

Gesù incontra le persone dappertutto: nelle sinagoghe e nelle case, nelle piazze e lungo le strade, sul monte e presso il lago… Incontra uomini e donne, adulti e bambini, giudei e proseliti, siro-fenici e greci. Non si muove solo in Palestina, ma va oltre i confini della Terra Promessa. Lo troviamo a Gerusalemme e nella Decapoli…

Parla e discute con farisei, sadducei, pubblicani, peccatori… Fa ogni cosa con grande amore – amore che egli dona a tutti, senza esclusione. Anche se ha una chiara preferenza per gli ultimi e gli esclusi.

  1. Il coinvolgimento di Gesù nel dolore e nella povertà degli uomini e delle donne

Ecco altri testi biblici che possono ispirarci nella nostra pre­ghiera:

«Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

Egli ha preso le nostre infermità

e si è addossato le nostre malattie» (Mt 8,16-17).[2]

I testi biblici che mostrano il coinvolgimento di Gesù nelle sofferenze della gente sono diversi. Importante è cogliere il “movi­mento di Gesù” che si fa carico della sofferenza delle persone, senza giudicare né condannare. Gesù si coinvolge talmente da es­sere ferito da tutte queste piaghe. Le “piaghe di Gesù” sono la no­stra salvezza, perché sono le nostre piaghe assunte dal Risorto.

Il coinvolgimento di Comboni…

«Benché affranto nel corpo, per la grazia del Cuor di Gesù, il mio spirito è saldo e vigoroso; e son risoluto… di tutto soffrire e dare mille volte la vita per la Redenzione dell’Africa Centrale, e Nigrizia» (Scritti 5523).

«Sono disposto a sacrificare mille volte la vita per i cento e più milioni di africani che vivono in quelle infuocate regioni» (Scritti 2409).

Nell’omelia programmatica pronunciata a Khartoum l’11 maggio 1873, le sue parole sono una profezia:

«Il primo amore della mia giovinezza fu per l’infelice Ni­grizia, e lasciando quanto era per me di più caro al mon-do, venni, or sono sedici anni, in queste contrade per offri-re al sollievo delle sue secolari sventure l’opera mia. Appresso, l’obbedienza mi ritornava in patria, stante la cagionevole salute… ma i miei pensieri ed i miei passi furono sempre per voi.

Ed oggi finalmente ricupero il mio cuore ritornando fra voi per dischiuderlo in vostra presenza al sublime e religioso sentimento della spirituale paternità…

Sì, io sono di già il vostro Padre, e voi siete i miei figli, e come tali, la prima volta vi abbraccio e vi stringo al mio cuore…

Assicuratevi che l’anima mia vi corrisponde un amore illi­mitato per tutti i tempi e per tutte le persone. Io ritorno fra voi per non mai più cessare d’essere vostro, e tutto al maggior vostro bene consacrato per sempre. Il giorno e la notte, il sole e la pioggia, mi troveranno egualmente e sempre pronto ai vostri spirituali bisogni: il ricco e il po­vero, il sano e l’infermo, il giovane e il vecchio, il padrone e il servo avranno sempre eguale accesso al mio cuore. Il vostro bene sarà il mio, e le vostre pene saranno pure le mie…

Io prendo a far causa comune con ognuno di voi, e il più felice dei miei giorni sarà quello, in cui potrò dare la vita per voi» (Scritti 3156-3159).

… e il nostro

Attraverso questi atteggiamenti, contemplati e assunti, lo Spirito di Gesù ci consacra fino nel più profondo del nostro cuore.

È possibile reinterpretare in questi atteggiamenti i tre voti:

  • l’ubbidienza, come donazione incondizionata al Padre;
  • la castità, nell’universalità dell’amore;
  • la povertà, nel fare causa comune con i più poveri e ab­bandonati.

Il giorno della Solennità del Cuore di Gesù, potremo rinnovare la nostra consacrazione missionaria con maggiore consapevolezza!

Questi tre atteggiamenti non si possono separare, né pos­siamo fare di essi dei compartimenti distinti. L’uno rimanda all’al­tro; un voto richiede l’altro. Crescere in un voto si traduce in una crescita anche negli altri due.

Ci possiamo tuttavia chiedere quale dei tre voti interpella di più la nostra personale crescita e risposta.

Buona celebrazione del Solennità del Cuore di Gesù!

Per il Segretariato Generale della Formazione:

P. Fermo Bernasconi, mccj
P. Alberto de Oliveira Silva, mccj
P. David Kinnear Glenday, mccj

Originale: https://www.comboni.org/contenuti/115443


[1] Al n° 3.3, la RV aggiunge: «la contemplazione del Cuore trafitto di Cristo […]

  • è stimolo all’azione missionaria come impegno per la liberazione globale dell’uomo,
  • e a quella carità fraterna che deve essere un segno distintivo della comunità comboniana».

Desideriamo, però, lasciare questi due punti per un altro momento.

[2] Questo “sommario” evoca una serie di guarigioni operate da Cristo; Matteo le interpreta alla luce di Is 53,4. Significativo anche il quarto carme del Servo di Jahvè, in Isaia 52,13-53,12.

Polonia: Marzena Gibek, laica missionaria comboniana, parte per il Kenya

Marzena LMC Polonia
Marzena LMC Polonia

Vi scrivo perché desidero condividere con voi qualcosa di speciale.

Il 18 aprile nella mia parrocchia di Cracovia sono stata inviata in Kenya dal nostro vescovo. Circondata da familiari e amici, ho ricevuto una croce missionaria.

È stato un momento molto speciale e commovente per me. All’inizio di maggio raggiungerò Linda e Pius a Kitelakapel. Non vedo l’ora!

Due giorni prima, sempre nella mia parrocchia, c’è stato un momento di animazione missionaria. P. Adam Zagaja e P. René Agbonou Kouami Agbéssi hanno parlato molto della nostra Famiglia comboniana e della loro esperienza missionaria.

Ho ricevuto un grande appoggio da tutti: dalla mia famiglia, dagli amici, dalla comunità e dalla parrocchia.

Vi mando un saluto. Per favore pregate per me e per la mia famiglia.

Marzena LMC Polonia

Dio vi benedica tutti…

Marzena Gibek, Laica missionaria comboniana

Presentazione del libro “Africa, culla della trasformazione sociale” a Verona

Libro-Domenico-Agasso

Sabato 1° aprile è stato presentato a Verona il volume “Africa, culla della trasformazione sociale” scritto da Domenico Agasso, che ricostruisce il percorso e la visione missionaria di p. Francesco Pierli [a destra nella foto]. Il volume ripercorre le tappe della vita di p. Francesco mettendone in luce le esperienze vitali e i processi storici da cui si è sviluppata la sua ricerca e prassi di trasformazione sociale.

Ne emerge un cammino profondamente comboniano, che riflette le idee, i valori e lo stile del Piano per la rigenerazione dell’Africa con l’Africa di San Daniele Comboni. Continuità e discontinuità allo stesso tempo, come emerge spesso nella stessa riflessione di p. Pierli. Discontinuità in quanto i tempi sono molto cambiati, con una mentalità e strutture socio-economiche affatto diverse. Incontriamo così un pensiero che si confronta in modo critico con le grandi trasformazioni sociali e culturali del nostro tempo e che opera un discernimento per rispondere alle sfide epocali che sopraggiungono secondo il sogno di Dio.

Si comprende allora come dalle origini nell’Umbria del primo dopoguerra, segnato da forti tensioni e istanze di giustizia sociale, p. Pierli abbia sviluppato una particolare sensibilità e interesse per la dottrina sociale della Chiesa e la vocazione alla responsabilità sociale e “politica” dei cristiani. Vive la stagione del Concilio Vaticano II e la mette a frutto, ispirato dalla visione della Gaudium et spes e della Lumen gentium. Si coinvolge sia con il magistero che con la prassi sociale della Chiesa e quando, al termine del suo mandato di Superiore Generale dei missionari comboniani, approda in Kenya, fonda l’Istituto del Ministero Sociale in Missione (oggi Istituto per la Trasformazione Sociale) al Tangaza College (nella Università Cattolica dell’Africa Orientale). Era il 1994, un anno ricco di avvenimenti: quello del primo sinodo per l’Africa, al quale partecipa in veste di esperto; le prime elezioni democratiche in Sud Africa, che sanciscono la transizione dopo l’apartheid; ma anche il genocidio in Rwanda, un paese prevalentemente cattolico. Il Sinodo africano invitava la Chiesa ad abbracciare la missione sociale della chiesa, in risposta alle grandi sfide presenti nel continente. L’Istituto fondato da p. Pierli era la prima risposta a tale invito: formare ministri sociali all’altezza di tali grandi sfide.

Una testimonianza vivida dell’impatto del lavoro dell’Istituto è venuta dalla dottoressa Judith Pete, già allieva di p. Pierli, che oggi insegna nella stessa Università ed è incaricata del programma UNESCO Università in Africa, che promuove la sinergia tra apprendimento e servizio sul territorio. Oltre al racconto di come l’incontro con p. Pierli abbiamo profondamente marcato la sua vita, ha sottolineato l’importanza della pedagogia usata nell’Istituto, che armonizza teoria e pratica, preparazione professionale e atteggiamento di servizio e integrità. Ma soprattutto, ha sottolineato come i programmi dell’Istituto per la Trasformazione Sociale contribuiscano a formare dei leaders dedicati alla trasformazione sociale in Africa.

Il prof. Mario Molteni, dell’Università Cattolica di Milano, è intervenuto raccontando la fruttuosa collaborazione con p. Pierli e l’Istituto da lui fondato. Una collaborazione che ha avviato un programma di master per la formazione di imprenditori sociali, con un taglio diretto all’avviamento di start up con impatto sociale. Un programma che è stato possibile avviare solo grazie al coraggio ed alla visione di p. Pierli che ha reso possibile avere una controparte efficace, aperta e creativa in Africa. Oggi quel programma si è diffuso in 20 Paesi africani e nei prossimi anni arriverà in altri 5. Non si tratta solo di un programma accademico in partenariato con Università africane, ma di una rete di imprenditori e di servizi alle imprese locali per un impatto sociale significativo, organizzati sotto un’organizzazione chiamata E4Impact. Recentemente, questa iniziativa è stata visitata dal presidente Mattarella nel corso della sua visita ufficiale in Kenya, selezionata per la sua innovazione e significatività. Infatti, per superare le ingiustizie socio-economiche e l’insostenibilità ambientale che stanno portando il pianeta verso scenari catastrofici, abbiamo bisogno di un nuovo modello di sviluppo, come insiste spesso anche papa Francesco, per esempio nella Laudato si’ e con il movimento di Economia di Francesco.

Al termine dell’evento, è stato chiesto a p. Pierli quale sia stata la sfida più difficile di tutti questi anni. Senza esitare, ha sottolineato la difficoltà del cambiamento di mentalità e degli atteggiamenti, e dei rapporti di potere, che inducono alla dipendenza, anziché all’autonomia e interdipendenza dell’Africa. Ancora non abbiamo superato la pesante eredità coloniale. Il cammino per la trasformazione sociale continua.

Originale https://www.comboni.org/contenuti/115249

Ecco il video della presentazione del libro con gli interventi, tra gli altri, dell’autore e dello stesso P. Pierli.