Perché le missionarie e i missionari defunti godano la pace nell’incontro con quel Signore che hanno annunciato al mondo durante la loro vita terrena. Preghiamo.
America
Campagna sugli effetti nocivi dell’attività mineraria sulla salute e sull’ambiente
Oggi, 29 ottobre, la Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), insieme a Justiça nos Trilhos (Giustizia sui Binari), ha lanciato una campagna globale di informazione sull’impatto delle industrie minerarie e siderurgiche a Piquiá de Baixo, nell’Amazzonia brasiliana, che da più di tre decenni stanno deteriorando la salute delle comunità locali e devastando l’ambiente.
La campagna segna il trentesimo anniversario del Grupo Ferroeste nel comune di Açailândia e invita tutti a sostenere la lotta per i diritti di questa comunità, alla quale le aziende e lo Stato hanno chiuso gli occhi per tanto tempo.
Per saperne di più: https://bit.ly/3kFKur8
Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale 2020
«Eccomi, manda me» (Is 6,8)
Cari fratelli e sorelle,
Desidero esprimere la mia gratitudine a Dio per l’impegno con cui in tutta la Chiesa è stato vissuto, lo scorso ottobre, il Mese Missionario Straordinario. Sono convinto che esso ha contribuito a stimolare la conversione missionaria in tante comunità, sulla via indicata dal tema “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”.
In questo anno, segnato dalle sofferenze e dalle sfide procurate dalla pandemia da covid 19, questo cammino missionario di tutta la Chiesa prosegue alla luce della parola che troviamo nel racconto della vocazione del profeta Isaia: «Eccomi, manda me» (Is 6,8). È la risposta sempre nuova alla domanda del Signore: «Chi manderò?» (ibid.). Questa chiamata proviene dal cuore di Dio, dalla sua misericordia che interpella sia la Chiesa sia l’umanità nell’attuale crisi mondiale. «Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: “Siamo perduti” (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme» (Meditazione in Piazza San Pietro, 27 marzo 2020). Siamo veramente spaventati, disorientati e impauriti. Il dolore e la morte ci fanno sperimentare la nostra fragilità umana; ma nello stesso tempo ci riconosciamo tutti partecipi di un forte desiderio di vita e di liberazione dal male. In questo contesto, la chiamata alla missione, l’invito ad uscire da sé stessi per amore di Dio e del prossimo si presenta come opportunità di condivisione, di servizio, di intercessione. La missione che Dio affida a ciascuno fa passare dall’io pauroso e chiuso all’io ritrovato e rinnovato dal dono di sé.
Nel sacrificio della croce, dove si compie la missione di Gesù (cfr Gv 19,28-30), Dio rivela che il suo amore è per ognuno e per tutti (cfr Gv 19,26-27). E ci chiede la nostra personale disponibilità ad essere inviati, perché Egli è Amore in perenne movimento di missione, sempre in uscita da sé stesso per dare vita. Per amore degli uomini, Dio Padre ha inviato il Figlio Gesù (cfr Gv 3,16). Gesù è il Missionario del Padre: la sua Persona e la sua opera sono interamente obbedienza alla volontà del Padre (cfr Gv 4,34; 6,38; 8,12-30; Eb 10,5-10). A sua volta Gesù, crocifisso e risorto per noi, ci attrae nel suo movimento di amore, con il suo stesso Spirito, il quale anima la Chiesa, fa di noi dei discepoli di Cristo e ci invia in missione verso il mondo e le genti.
«La missione, la “Chiesa in uscita” non sono un programma, una intenzione da realizzare per sforzo di volontà. È Cristo che fa uscire la Chiesa da se stessa. Nella missione di annunciare il Vangelo, tu ti muovi perché lo Spirito ti spinge e ti porta» (Senza di Lui non possiamo far nulla, LEV-San Paolo, 2019, 16-17). Dio ci ama sempre per primo e con questo amore ci incontra e ci chiama. La nostra vocazione personale proviene dal fatto che siamo figli e figlie di Dio nella Chiesa, sua famiglia, fratelli e sorelle in quella carità che Gesù ci ha testimoniato. Tutti, però, hanno una dignità umana fondata sulla chiamata divina ad essere figli di Dio, a diventare, nel sacramento del Battesimo e nella libertà della fede, ciò che sono da sempre nel cuore di Dio.
Già l’aver ricevuto gratuitamente la vita costituisce un implicito invito ad entrare nella dinamica del dono di sé: un seme che, nei battezzati, prenderà forma matura come risposta d’amore nel matrimonio e nella verginità per il Regno di Dio. La vita umana nasce dall’amore di Dio, cresce nell’amore e tende verso l’amore. Nessuno è escluso dall’amore di Dio, e nel santo sacrificio di Gesù Figlio sulla croce Dio ha vinto il peccato e la morte (cfr Rm 8,31-39). Per Dio, il male – persino il peccato – diventa una sfida ad amare e amare sempre di più (cfr Mt 5,38-48; Lc 23,33-34). Perciò, nel Mistero pasquale, la divina misericordia guarisce la ferita originaria dell’umanità e si riversa sull’universo intero. La Chiesa, sacramento universale dell’amore di Dio per il mondo, continua nella storia la missione di Gesù e ci invia dappertutto affinché, attraverso la nostra testimonianza della fede e l’annuncio del Vangelo, Dio manifesti ancora il suo amore e possa toccare e trasformare cuori, menti, corpi, società e culture in ogni luogo e tempo.
La missione è risposta, libera e consapevole, alla chiamata di Dio. Ma questa chiamata possiamo percepirla solo quando viviamo un rapporto personale di amore con Gesù vivo nella sua Chiesa. Chiediamoci: siamo pronti ad accogliere la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, ad ascoltare la chiamata alla missione, sia nella via del matrimonio, sia in quella della verginità consacrata o del sacerdozio ordinato, e comunque nella vita ordinaria di tutti i giorni? Siamo disposti ad essere inviati ovunque per testimoniare la nostra fede in Dio Padre misericordioso, per proclamare il Vangelo della salvezza di Gesù Cristo, per condividere la vita divina dello Spirito Santo edificando la Chiesa? Come Maria, la madre di Gesù, siamo pronti ad essere senza riserve al servizio della volontà di Dio (cfr Lc 1,38)? Questa disponibilità interiore è molto importante per poter rispondere a Dio: “Eccomi, Signore, manda me” (cfr Is 6,8). E questo non in astratto, ma nell’oggi della Chiesa e della storia.
Capire che cosa Dio ci stia dicendo in questi tempi di pandemia diventa una sfida anche per la missione della Chiesa. La malattia, la sofferenza, la paura, l’isolamento ci interpellano. La povertà di chi muore solo, di chi è abbandonato a sé stesso, di chi perde il lavoro e il salario, di chi non ha casa e cibo ci interroga. Obbligati alla distanza fisica e a rimanere a casa, siamo invitati a riscoprire che abbiamo bisogno delle relazioni sociali, e anche della relazione comunitaria con Dio. Lungi dall’aumentare la diffidenza e l’indifferenza, questa condizione dovrebbe renderci più attenti al nostro modo di relazionarci con gli altri. E la preghiera, in cui Dio tocca e muove il nostro cuore, ci apre ai bisogni di amore, di dignità e di libertà dei nostri fratelli, come pure alla cura per tutto il creato. L’impossibilità di riunirci come Chiesa per celebrare l’Eucaristia ci ha fatto condividere la condizione di tante comunità cristiane che non possono celebrare la Messa ogni domenica. In questo contesto, la domanda che Dio pone: «Chi manderò?», ci viene nuovamente rivolta e attende da noi una risposta generosa e convinta: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8). Dio continua a cercare chi inviare al mondo e alle genti per testimoniare il suo amore, la sua salvezza dal peccato e dalla morte, la sua liberazione dal male (cfr Mt 9,35-38; Lc 10,1-12).
Celebrare la Giornata Missionaria Mondiale significa anche riaffermare come la preghiera, la riflessione e l’aiuto materiale delle vostre offerte sono opportunità per partecipare attivamente alla missione di Gesù nella sua Chiesa. La carità espressa nelle collette delle celebrazioni liturgiche della terza domenica di ottobre ha lo scopo di sostenere il lavoro missionario svolto a mio nome dalle Pontificie Opere Missionarie, per andare incontro ai bisogni spirituali e materiali dei popoli e delle Chiese in tutto il mondo per la salvezza di tutti.
La Santissima Vergine Maria, Stella dell’evangelizzazione e Consolatrice degli afflitti, discepola missionaria del proprio Figlio Gesù, continui a intercedere per noi e a sostenerci.
Roma, San Giovanni in Laterano, 31 maggio 2020, Solennità di Pentecoste
Franciscus
Ministerialità: un approccio a partire dalla ricchezza semantica dei testi biblici
Introduzione
Il presente articolo vuole essere un semplice e breve contributo al processo di riflessione e condivisione attorno al tema della ministerialità a partire dai testi biblici. Visto che il sostantivo astratto “ministerialità” non compare nei testi sacri, il nostro approccio sarà basato sulla pluralità semantica del termine ministro. È importante sottolineare fin d’ora che il nostro testo non intende includere tutti i termini biblici equivalenti a “ministro”, né approfondire i cosiddetti ministeri biblici come ad esempio sacerdote, re, profeta, apostoli, evangelisti, pastori, dottori. Ci limiteremo quindi ad affrontare alcuni elementi teologico-linguistici associati ai termini per condividere, in un secondo tempo, a titolo conclusivo, una breve riflessione e alcune domande in vista di un eventuale approfondimento del tema.
- Visione generale dei termini biblici equivalenti a ministro
- Nell’Antico Testamento
- MESHARET
- Nell’Antico Testamento
La radice di questo termine ebraico designa qualsiasi servizio. Nel contesto del nostro tema, merita di essere sottolineato il servizio di Giosuè a Mosè in Es 24,13; 33,11, Nm 11,28 e Gs 1,1. In questi testi, MESHARET significa ministro, ausiliare diretto, discepolo. Mosè infatti portava Giosuè ai suoi incontri con Dio sul monte e nella tenda. Il ministero di Giosuè consisteva nell’aiutare Mosè a comprendere il messaggio di Dio, per poi trasmetterlo al popolo. Ciò che è interessante in questi testi biblici è che l’essere ministro è una fase di preparazione per essere una guida, ossia è un vero e proprio discepolato. Perciò, MESHARET rinvia al tema del rapporto discepolo-maestro, del saper apprendere per continuare una missione o un ministero. Da questo punto di vista, il concetto di MESHARET ci trasmette l’idea che, nel rapporto discepolo-maestro, il discepolo non apprende solo dal maestro ma anche dalla realtà. Ossia, anche la realtà diventa maestra. Pertanto, il ministro è, allo stesso tempo, discepolo del Signore e della realtà.
- EBED
Altro termine usato nell’Antico Testamento per designare ministro è EBED. Questo termine indica non solo il comune servizio di qualsiasi persona subordinata ad un padrone, come nel caso di Nàaman (2 Re 5,6), ma anche la subordinazione ai piani divini, come nel caso del servo di Dio (EBED ADONAI o EBED HA–ELOHIM) in Is 42,1-4; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-15; 53,1-12. Anche se gli studiosi non concordano sull’identità storica del EBED ADONAI, i testi mostrano chiaramente che la sottomissione ai piani di Dio è la condizione per realizzare la missione ricevuta.
- Nel Nuovo Testamento
Per quanto riguarda il Nuovo Testamento (NT), meritano di essere evidenziati i seguenti termini:
- PAIS/DOULOS
Nell’accezione comune, PAIS significa bambino. In Mt 12,18 tuttavia si cita la versione greca di Is 42,1 nella quale il termine PAIS traduce il significato ebraico di EBED (servo), per indicare che Gesù è Servo di Dio. Con la stessa intuizione, nel portico di Gerusalemme, dopo la Pentecoste, Pietro dichiara per la prima volta che Gesù è il Servo di Dio (At 3,13). In effetti Pietro rimase così segnato dall’immagine di Gesù-servo che questa divenne punto di riferimento delle sue prime predicazioni, dopo la Pentecoste. Così, egli presenta l’immagine di Gesù-servo come paradigma di qualsiasi tipo di servizio nella Chiesa nascente. Ne è una prova testuale la trasposizione semantica che il NT opera fra i termini PAIS (bambino, servo) e DOULOS (schiavo, servo). Facciamo attenzione: rivolgendosi agli apostoli in Gv 15,15, Gesù qualifica il suo rapporto con loro come un rapporto di amicizia e non di servitù o schiavitù. Inoltre, il termine DOULOS (servo) continuerà a caratterizzare la missione dei discepoli. Infatti, Gesù raccomanda che i rapporti interpersonali siano contrassegnati dagli atteggiamenti e sentimenti del servo, che devono essere adottati da chiunque voglia essere grande nel Regno dei Cieli (Mt 20,27; Mc 10,44). Va osservato anche che DOULOS è il titolo col quale Paolo si presenta alle sue comunità (Rm 1,1; 2 Cor 4,5; Gal 1,10; Ef 6,6; Fil 1,1; Tt 1,1). Alcuni cristiani sono chiamati servi (DOULOI) in Col 4,12; 2 Tm 2,14; Gc 1,1. Pietro, Giuda e tutta la Chiesa sono servi (DOULOI) di Cristo secondo 2 Pt 1,1; Gd 1,1; Ap 1,1. Possiamo così constatare che i termini PAIS e DOULOS diventano sinonimi e Gesù-servo appare l’unico paradigma nell’esercizio dei ministeri.
Di questo termine, tre significati meritano particolare attenzione:
- indica i servitori e gli amministratori pubblici che vengono chiamati servi di Dio perché svolgono con zelo il loro incarico (Rm 13,6). A loro, il cristiano deve essere sottomesso e per loro deve pregare, affinché abbiano una vita tranquilla, pacifica, pia e onesta (2 Tm 2,2).
- Anche colui che annuncia il vangelo di Gesù Cristo a coloro che non Lo conoscono, perché diventi un’offerta a Lui gradita, è chiamato LEITOURGOS (Rm 15,16).
- Il termine viene applicato anche a Gesù per indicare il suo ministero di mediatore fra Dio e gli uomini (Eb 8,2). È interessante anche il fatto che nel NT, con questo termine, si equipari il ministero del servitore pubblico a quello dell’evangelizzatore, perché entrambi, ispirandosi a Gesù-mediatore, servono lo stesso Dio. Come abbiamo appena detto, ispirarsi a Gesù-mediatore vuol dire assumere e svolgere, dentro e fuori dalla Chiesa, la dimensione sacerdotale dei ministeri. Tutti i ministeri, infatti, senza eccezione alcuna, si rivestono di una dimensione sacerdotale, ossia, la mediazione fra il creatore e il creato.
- HYPĒRETES
Per quanto riguarda il termine HYPĒRETES, troviamo soltanto il significato di “ministro della Parola” (Lc 1,2; At 26,16). In questi testi, l’esperienza di Cristo appare come una condizione necessaria per l’esercizio del ministero. Basta vedere che i “servitori della Parola”, menzionati in Lc 1,2, sono testimoni oculari. Saulo, in At 26,16, è costituito servo e testimone di quanto aveva appena visto e di ciò che il Signore doveva ancora mostrargli. Da questi passaggi emerge l’idea che i ministeri nascono dall’esperienza di Cristo e si nutrono di questa.
- DIAKONOS
È un termine ampiamente usato nel NT, ma in contesti e con significati diversi. Fondamentalmente, è bene soffermarsi su quanto segue: DIAKONOS è la persona che riceve la missione di servire la Chiesa. Stefano e i suoi amici lo sono perché si occupano delle opere caritatevoli della comunità (At 6,1-6); Paolo e Apollo, per quanto lavorino instancabilmente nell’evangelizzazione, preferiscono essere considerati semplicemente dei diaconi (DIAKONOI) della Chiesa (1 Cor 3,5-15); Tichico (Ef 6,21), Epafra (Col 1,7) e Timoteo (1 Ts 3,2) sono DIAKONOI perché collaborano più direttamente nell’evangelizzazione. Anche Gesù Cristo è DIAKONOS perché non è venuto per essere servito ma per servire e dare la vita in riscatto di molti (Mt 28,28; Mc 10,45; Rm 15,8). L’assistenza ai più bisognosi è considerata non solo una DIAKONIA (ministero, servizio) ma una condizione necessaria per avere un posto nel Regno dei cieli (Mt 25,31-46). In particolare, vale la pena evidenziare i testi sull’inferiorità del DIAKONOS: Lc 12,37 e 22,26-27. Il DIAKONOS è inferiore a Dio e al popolo che gli è affidato. In effetti, sembra che questa sia stata una caratteristica importante dei ministeri nelle prime comunità cristiane.
- OIKONOMOS
OIKONOMOS è l’amministratore che cura i beni del suo signore. Va osservato che nella tradizione paolina e petrina, gli apostoli e tutti i cristiani sono chiamati OIKONOMOI, perché amministrano i misteri e le grazie di Dio (1 Cor 4,1-2; 1 Pt 4,10). Il simbolismo dell’amministratore della casa è davvero evocativo, perché insiste sul dovere di ogni cristiano di avere un ministero. Così, i ministeri sono visti come una forma di amministrare la OIKOS (dimora, casa) di Dio (1 Cor 3,5-9).
- Riflessione
La ricchezza semantica di cui abbiamo parlato non va vista come una mera ricercatezza linguistica degli autori biblici, bensì come una prova evidente della diversità di esperienze di ministerialità presso il popolo di Israele e nelle prime comunità cristiane. Allo stesso modo, questa ricchezza semantica ci serve come fondamento e ispirazione per la continua contestualizzazione dei ministeri.
- Diversità di esperienze ministeriali
Da quanto detto sopra, è evidente che le varie esperienze di ministerialità riportate nei testi sacri interessano agli agiografi per presentare, attraverso di esse, un Dio che suscita ministeri per il servizio della Sua casa. Ricordiamo che nel NT, casa di Dio (OIKOS TOU THEOU) indica, in senso stretto, la Chiesa di Cristo (1 Tm 3,15; Eb 3,6) e, in un senso più ampio, tutto l’universo (At 7,44-50). La complessità insita nei concetti dimostra l’importanza di approfondire non solo il significato dell’espressione “casa di Dio”, ma anche i ministeri che si richiedono per poterla amministrare integralmente. La casa di Dio è talmente complessa che non è possibile amministrarla senza una vasta gamma di ministeri. Urge, pertanto, stimolare la nascita di nuovi ministeri dentro e fuori dalla Chiesa. In questo senso, i Comboniani sono chiamati ad animare questo processo che oggi più che mai appare come una conditio sine qua non per l’evangelizzazione del mondo contemporaneo.
- Contestualizzazione dei ministeri
Le varie esperienze di ministerialità nella Bibbia sono accompagnate da un processo di contestualizzazione, cioè di adeguamento dei ministeri ad un determinato contesto. Per i Comboniani, la contestualizzazione comporta due processi intrinsecamente interdipendenti: il processo ad intra e il processo ad extra. Ad intra perché richiede che si ripensino i ministeri e gli impegni missionari alla luce della realtà interna dell’Istituto (numero di confratelli, formazione accademica, geografia vocazionale, situazione economica, ecc.). Ad extra perché ci sfida a identificare, nel contesto in cui lavoriamo, persone, mezzi e metodi per favorire il sorgere, con questi e a partire da questi, di nuovi ministeri o l’attualizzazione di quelli già esistenti. Entrambi i processi richiedono realismo, coraggio e ottimismo. Va rilevato che, nel processo di contestualizzazione dei ministeri, assunti individualmente e come gruppo, la lettura contestualizzata della Sacra Scrittura svolge un ruolo insostituibile. Per questo motivo, è fondamentale reimparare a leggere la Bibbia a partire dal contesto del destinatario contemporaneo. Solo così sarà possibile individuare i ministeri più appropriati ad ogni realtà.
3. Domande per un approfondimento
a) In che cosa consiste questa “inferiorità del ministro” applicata al missionario comboniano?
b) Oggi sentiamo la necessità di nuovi ministeri nella Chiesa e nell’Istituto? Quali?
c) La casa di Dio è immensa e complessa. Come amministrarla integralmente?
d) Siamo stati capaci di contestualizzare il carisma comboniano e i ministeri ad esso legati?
e) Siamo riusciti a contestualizzare la nostra ermeneutica dei testi biblici, allo scopo di suscitare ministeri adeguati alla realtà? Quali difficoltà abbiamo incontrato?
Bibliografia consigliata
COLLINS, J.N. (2014). Diakonia Studies: Critical Issues in Ministry. Oxford: Oxford University Press.
COMISSÃO Teológica Internacional. (2002). Da Diaconia de Cristo à Diaconia dos Apóstolos.
GUIJARRO, S. (2017). La Aportación del Análisis Contextual a la Exégesis de los Textos Bíblicos. Cuestiones Teológicas, 44 (102), 283-300.
KING, N. (2019). Ministry in the New Testament. New Blackfriars, 100 (1086), 155-164.
MĂCELARU, M.V. (2011). Discipleship in the Old Testament and Its Context: A Phenomenological Approach. Pleroma, 13 (2), 11-22.
P. José Joaquim L. Pedro, mccj
Intenzioni di Preghiera della Famiglia Comboniana Ottobre 2020
Ottobre – Perché tutti i cristiani si sentano degli “inviati” ad gentes e prendano a cuore la missione di costruire un ambiente di accoglienza e di incontro per poveri ed immigrati, avviando processi di conoscenza e rispetto reciproci. Preghiamo.