Laici Missionari Comboniani

Accaparramento delle terre e il buon governo in África

landgrabL’Accaparramento delle terre e il buon governo sono oggetto di dibattito nel quadro di una conferenza pan Africana straordinaria che inizia oggi a pochi giorni dalla visita del Papa in Africa

La conferenza illustrerà la condizione del land grabbing in Africa, le situazioni di resistenza locali nel continente e le risposte della Chiesa con il suo crescente impegno a tentare di risolvere la questione del land grabbing.

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Terreno della comunità Gassol che è stato assegnato a Domnion Farms in Nigeria. Foto di CEED

L’accaparramento della terra è un problema serio in tutta l’Africa che richiede attenzione per il suo impatto negativo sulla sicurezza alimentare e sul sostentamento delle comunità locali coinvolte. L’accaparramento della terra è responsabile dell’allontanamento dalle loro terre di centinaia di migliaia di persone, che vengono private delle risorse naturali da cui esse dipendono e facendo venire meno i mezzi di sostentamento.

L’accaparramento della terra e la governance sono aspetti che costituiscono una reale minaccia della sovranità alimentare. Questi argomenti sono oggetto di discussione durante la conferenza che ha come tema l’ “Accaparramento della terra e la promozione della buona governance in Africa” che si apre oggi a Nairobi in Kenia, organizzata da SECAM (Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar) con la collaborazione di AEFJN (Africa Europe Faith and Justice Network), AFJN (Africa Faith & Justice Network) e CIDSE (Rete internazionale delle agenzie cattoliche per lo sviluppo). L’evento riunisce circa 150 partecipanti provenienti da ogni parte del continente africano e da tutto il mondo, ivi comprese molte persone coinvolte personalmente nella battaglia contro l’accaparramento di terre.

L’accaparramento della terra è indicato come l’acquisizione da parte di multinazionali, di governi o di individui di grandi estensioni di superfici di terra nei paesi in via di sviluppo. Con la crisi alimentare del 2008, il land grab è aumentato in maniera esponenziale, avendo portato gli investitori ad interessarsi ai paesi del sud del mondo, in particolare all’Africa, quali paesi dove attuare potenziali investimenti fondiari per produrre cibo e biocarburanti destinati all’esportazione e ai mercati internazionali. Enormi porzioni di territorio vengono così requisiti per finalità speculative di “land banking” dove l’acquirente acquisisce la terra e poi la rivende.

Fra i casi che vengono presentati durante la conferenza si cita il caso di Senhuile SA – progetto italiano – che ha concesso in locazione 20.000 ettari di terreno della riserva di Ndiaël in Sénégal. In questo territorio vivevano da decenni popolazioni provenienti da 40 villaggi della zona. Per questo è in corso un contenzioso tra l’impresa e la popolazione locale, che chiede la cancellazione del progetto.Alla conferenza si parlerà anche degli agricoltori dello stato di Taraba in Nigeria, costretti a lasciare le loro terre coltivate da generazioni per consentire alla società americana Dominion Farms di stabilirvi una piantagione di riso. Si parlerà delle cessioni di terreni di Bolloré in Costa d’Avorio, Cameroun, Liberia e in Sierra Leone nonché delle situazioni presenti in Mozambico, Repubblica Democratica del Congo e Mali.

landgrabLa confernza si tiene a pochi giorni dalla visita di Papa Francesco in Kenia, Uganda e nella Repubblica Centro Africana. Il Papa ha già avuto modo di esprire tutta la sua preoccupazione a motivo del land grabbing. Durante un suo discorso a Roma nel giugno 2015 avanti l’Organizzazione delle Nationi Unite per l’agricoltura e l’alimentazione (FAO), papa Francesco affermava che “l’accaparramento delle terre coltivate da parte delle imprese transnazionali e dei governi è un motivo crescente di preoccupazione. Non solo gli agricoltori vengono privati dei beni essenziali, anche la sovranità dei paesi viene compromessa”. Il Santo Padre ha inoltre sottolineato il fatto che « ci sono molte regioni del mondo in cui il cibo viene prodotto per essere esportato all’estero e quindi la popolazione locale impoverisce doppiamente, poiché privata sia di cibo sia della propria terra”.

Ulteriori linee guida e indicazioni in relazione ai pericoli di land grabbing sono presenti nell’enciclica del Papa “Laudato Si”, nella quale egli denuncia l’approccio di sfruttamento nei confronti della terra ricordando che : “per loro, infatti, la terra non è un bene economico, ma un dono di Dio e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con il quale hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori. Quando rimangono nei loro territori, sono quelli che meglio se ne prendono cura. Tuttavia, in diverse parti del mondo, sono oggetto di pressioni affinché abbandonino le loro terre e le lascino libere per progetti estrattivi, agricoli o di allevamento che non prestano attenzione al degrado della natura e della cultura..” (146). A sostegno dell’enciclica  “Laudato Sì” e, anticipando la conferenza sul clima COP 21 di Parigi, le conferenze episcopali di tutto il mondo hanno firmato il 22 ottobre 2015 un appello  per richiamare l’attenzione della COP 21 “a garantire alla popolazione accesso all’acqua e alla terra per sistemi alimentari sostenibili e resistenti al clima, che privilegino le soluzioni in favore delle persone piuttosto che dei profitti.

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Inviato da Flávio Schmidt (LMC del Mozambico)

Comunità internazionale di formazione in Portogallo.

Portugal LMC

Siamo felici di accogliere Barbara (LMC italiana) e Kasia (LMC polacca) che resteranno qui da noi fino ad aprile per imparare la lingua portoghese e per un periodo di formazione prima della loro partenza per Carapira in Mozambico.

In questo periodo entrambe condivideranno con noi tanti momenti e insieme cammineremo verso una maggiore internazionalizzazione della nostra famiglia di Laici Missionari Comboniani.

Diamo il nostro benvenuto a Barbara e Kasia e a Voi chiediamo preghiere per questo tempo di formazione specifica prima del loro servizio missionario.

LMC Portogallo

 

Chi semina nel pianto, raccoglie con gioia

Piquia

È stato un anno di lacrime e semi, per la comunitá di Piquiá de Baixo.

Molti giá conoscono la lotta orgogliosa, resistente e tenace di questa comunitá alle porte dell’Amazzonia orientale brasiliana.

Soffrendo da quasi trent’anni gli effetti devastanti dell’inquinamento siderurgico e minerario, gli abitanti hanno cominciato ad organizzarsi e denunciare l’omissione del Governo e le responsabilitá delle imprese, rivendicando –per cominciare- il trasferimento collettivo in una regione libera dall’inquinamento.

Il nuovo quartiere, pianificato dalla comunitá stessa con um processo partecipativo e l’appoggio tecnico di competenti architetti e sociologi, sará finanziato in parte grazie ad un programma governativo di abitazione pubblica. Nel dicembre del 2014 la comunitá era riuscita a far approvare il suo progetto dalla commissione tecnica del Governo, ma occorreva l’approvazione politica.

Dall’inizio del 2015, Piquiá de Baixo ha aspettato. Le promesse di approvazione si ripetevano durante i diversi mesi dell’anno, ma questa semente piantata con tanto sudore dalla comunitá sembrava non voler germinare.

Nel frattempo, altre lacrime sono state versate in Brasile, a causa del crimine ambientale delle imprese minerarie Vale e BHP-Billiton, con il crollo di una diga di scorie e l’inondazione di 62 milioni di m3 di fango tossico lungo tutto il bacino fluviale del Rio Doce, fino all’oceano. Dodici persone sono morte, undici scomparse, intere comunitá spazzate via o contaminate.

Una delegazione di Piquiá de Baixo si trovava a Mariana, dove la diga è crollata, poche settimane prima del disastro. Partecipava all’Incontro Internazionale delle Vittime dell’impresa Vale che, per una oscura coincidenza, era stato convocato proprio in quella regione.

È triste che le comunitá vengano ad incontrarsi e riconoscersi in funzione delle tragedie e della sofferenza che hanno in comune. Non è questo ció che vorrebbero condividere; non desiderano essere ricordate per le lacrime, ma, al contrario, per le loro forme di resistenza e vittoria.

Piquiá de Baixo ha piantato diversi semi di resistenza, nel 2015: per mantenere gli abitanti del quartiere uniti ed informati, sono stati realizzati diversi “circoli di dialogo”, in piccoli gruppi attorno alle case; è stata organizzata tutta la documentazione di ciascuna famiglia che sará trasferita; la comunitá si è articolata in diverse istanze, per mantenere forte la pressione e non cessare di rivendicare i suoi diritti: dal Consiglio Municipale al Governo del Maranhão, dal Ministero delle Cittá fino alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH).

Nel mese di ottobre, il presidente dell’Associazione Comunitaria degli Abitanti di Piquiá, con l’appoggio dell’equipe giuridica, ha partecipato ad un’udienza tematica alla CIDH, a Washington, sollecitando misure urgenti di riparazione e mitigazione dei danni, alla presenza del Governo brasiliano.

Il tempo del raccolto ha tardato, ma è arrivato! Il 29 dicembre, l’Associazione degli Abitanti ha ricevuto il titolo ufficiale di proprietá del terreno in cui il villaggio sará ricostruito.

Il 31 dicembre, il Ministero delle Cittá ha pubblicato nel Diario Ufficiale la selezione del progetto dell’Associazione Comunitaria. Dopo un anno e 14 giorni di attesa, la comunitá ha finalmente la garanzia formale del finanziamento per il nuovo quartiere!

Chi semina nel pianto raccoglie nella gioia, dice il Salmo 126, che settimana prossima l’intera comunitá proclamerá in una celebrazione di ringraziamento e festa, per rinnovare le forze.

Gli abitanti di Piquiá giá lo dicevano in altre parole, ricordando che “la nostra agonia è la nostra vittoria”. Nella lotta persistente, nella tenacia di chi non abbassa la testa e non si arrende, giá si trova un frammento di vittoria, cosí come nella semente sta nascosto il germoglio.

Puó tardare, ma la vita vincerá!

P Dário MCCJ, Xoan Carlos LMC