Laici Missionari Comboniani

Convegno in occasione dei 150 anni del “Piano per la rigenerazione per l’africa”

congreso RomaAFRICA, CONTINENTE IN CAMMINO.

Cari amici, partecipando al Convegno del 13-14-15 Marzo 2015, “Africa in cammino” organizzato in occasione dei 150 anni del “Piano per la rigenerazione dell’Africa” del nostro fondatore S. Daniele Comboni, vi offro come riflessione la sintesi conclusiva di Fulvio del Giorgi, che coglie la sostanza dei lavori di questi tre giorni, vissuti intensamente e gioiosamente nello scambio e nell’incontro di tutta la famiglia comboniana.

Il Convegno ha visto la sua conclusione con la celebrazione eucaristica, celebrata da S.E.R. Card. Fernando Filoni.

Ringraziamo la madre generale Luzia Premoli che ha aperto i lavori donandoci il benvenuto ed esponendoci il programma di questi giorni e ringraziamo anche il padre generale Enrique Sanchez González che ha chiuso i lavori con un invito a sviluppare nella nostra vita e nella nostra missione le riflessioni che sono emerse nel convegno. “Abbiamo fatto un cammino insieme come un’opportunità per ricevere un’aria nuova, fresca, un’aria che riconosciamo che stà cambiando l’umanità e non possiamo negarlo. Ora partendo con questa sensibilità nuova – dice p. Enrique- il sogno del Comboni si rivela bello, attuale e una grande sfida.

Ricordiamoci che l’Africa non ha bisogno di benefattori, perché è capace e sempre più consapevole di se stessa e i nostri missionari se ne rendono conto sul campo.

Non è accidentale che i nostri istituti si stanno rinvigorendo attraverso tanti fratelli che vengono dall’Africa e questo dimostra quanto è veritiero il “Piano” del Comboni. L’Africa deve diventare protagonista della sua storia.

congreso RomaIl dono ricevuto da Comboni è un dono, non tanto per lui ma per tutti quelli che dopo di lui ne vivono la forza dello Spirito in esso contenuto.

Perché l’Africa ha qualcosa che nessuno ha. Ha una vita propria, è un dono particolare, prezioso per tutta l’umanità. Non si può spiegare, deve essere vissuto; è un’esperienza d’amore. Quindi auguro a tutti di continuare questo cammino, di continuare questa esperienza d’amore con una nuova freschezza per una nuova giovinezza africana”.

Vi lascio dunque questa bella sintesi sui temi del Convegno curata da Fulvio De Giorgi e che ho portata a casa per condividerla con voi! Un saluto e buona missione a tutti.

Rosanna Braglia, LMC Italia

 

 

congreso Roma“Vedendo tutto questo, se Daniele Comboni, fosse qui avrebbe il cuore pieno di consolazione e gioia, vedere l’Africa cosi cresciuta. Vedere i figli e le figlie dei suoi istituti coinvolti in questo grande progetto.

Vedere il suo sogno, in parte compiuto con tanti frutti, anche e soprattutto nel laicato delle donne e in parte, pista per le intuizioni ancora da seguire nel futuro.

Questo il principale frutto del nostro convegno che continua a chiamarci ad una svolta. E’ fondamentale dirlo, che tutti hanno sottolineato, è che non ci deve mai più essere: uno sguardo negativo, catastrofico e triste, sull’Africa.

Papa Francesco ci ricorda che “Può essere missionario solo chi cerca la felicità del prossimo!”.

Partendo dal pensiero del Comboni che diceva “E’ il Sacro Cuore di Gesù che mi fa sormontare tutte le enormi difficoltà per realizzare il mio ‘Piano di rigenerazione della nigrizia con la nigrizia stessa!’.

Le parole chiave, sono due: “PIANO” e “CUORE”.

Prima parola “PIANO”. Cos’è un Piano? E’ un progetto che mette alla prova le capacità critiche di ciascuno e che impegna le volontà sorrette da una grande speranza.

Sono chiamati tutti da ogni continente a decolonizzare la nostra speranza, i nostri disegni, piani, sguardi, affidandoli ad una speranza che è più grande di noi e che ci sorregge nelle fatiche.

La decolonizzazione dello sguardo, rende limpido il nostro occhio e ci fa vedere un’Africa che continua a crescere, alla quale l’Europa può essere patners dei fattori positivi. Un giovane Rinascimento africano in atto.

L’Europa può cooperare, camminando insieme in amicizia.

L’Africa degli africani ci ha detto che vuole vivere in pienezza la sua vita, accanto a tutti i popoli.

Dunque decolonizzando lo sguardo e superando stereotipi, la diaspora e l’emigrazione trans-continentale in tutte le direzioni sono una risorsa, nonostante sia causata da squilibri interni al Paese a causa di grandi sofferenze.

Ma è importante non fissarle per sempre in un orizzonte negativo di morte, ma liberarle e rigenerarle come occasione, come chance per un mondo più plurale e più bello.

Ecco ‘più bello’, le mostre fotografiche esposte qui, le sculture, il films, la musica offerta in questo convegno, ci fanno constatare l’insieme di grande bellezza e di creatività estetica che ci viene dalla nuova arte, dalla nuova cinematografia. E la nostra speranza vede cosi meglio la tramatura positiva che si ricostruisce in un progetto, e in un piano che cresce intorno a noi.

“Piano”, richiama ancora l’appianare; cioè colmare le valli e abbassare i monti, mettere tutti sullo stesso “Piano”.

E qui il discorso richiama quello di Matteo, quello di Gesù sulla montagna; Luca chiama il discorso del ‘piano’ della pianura e Luca dice anche “Guai a voi ricchi…”.

Se siamo sullo stesso ‘piano’ ci guardiamo direttamente negli occhi, cosi le ingiustizia, le disuguaglianze, diventano intollerabili. “Rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili” è la dinamica del MAGNIFICAT.

Capiamo cosi come ci ha detto Samia Nkrumah (ministro nel suo Paese) che è giusto che gli africani possono controllare la loro economia a beneficio degli africani stessi e che ritrovano la via del Pan-africanesimo.

Appianare, significa colmare le valli o i baratri della corruzione delle liste di governo.

Riconoscere che il cammino della democrazia africana deve essere autonomo e nuovo e non nelle forme europee; certo sarà un cammino che presenta luce e ombre, di governi corrotti e dittatoriali che neanche un fallimento delle leadership africane, deve rallentare la coscientizzazione dei cittadini, per migliorare le dirigenze politiche che siano disinteressate per formare agenti di “trasformazione sociale” come diceva Efrem Tresoldi (Nigrizia), citando Pierli.

“Appianare” significa abbattere le montagne delle inimicizie e degli odi, delle guerre interne e montagne di armamenti come ci ha mostrato Maurizio Simoncelli (Archivio Disarmo); “cercando sempre la via appianata della pace e della stabilità” come ha osservato Alfredo Mantica (interventi dell’Italia in Africa).

E allora le Afriche al plurale, verso le quali continua il nostro cammino, sono l’ Africa della giustizia, l’ Africa della Pace, l’ Africa della salvaguardia del creato, l’ Africa dei diritti.

Ma “Piano” ci dice pure che è meglio andare ‘piano’. Chi conosce le lettere che scriveva Comboni ai suoi missionari, diceva che “Si, molti missionari hanno fretta, ma voi andate piano!”.

Elogio alla ‘lentezza’, se vuol dire “paziente perseveranza, ascolto e discernimento, camminare insieme senza lasciare indietro nessuno”. Significa dunque un piano ecclesiologico inclusivo e partecipativo e dal profilo femminile, come ha detto suor Luzia Premoli (generale comboniane) e suor Elisa Kidanè (ComboniFem), che si realizza nelle comunità di base, come ci ha detto il cardinale Peter Turkson.

Da più parti si è fatto notare l’importanza delle conoscenze storiche per superare le ferite delle discriminazioni passate e delle guerre civili più o meno recenti.

Tutti i Paesi e i Continenti le hanno vissute, ma tutti dobbiamo dirci che per andare avanti occorre parlarsi e cercare insieme una purificazione della memoria e una storia se non condivisa, almeno inclusiva da diversi punti di vista.

Ci vuole pazienza, ricerca non semplificazione sbrigative e sommarie.

Pazienza = andare piano. Anche come Chiesa che riconcilia e che vive come famiglia di Dio, abbiamo il compito di interrogarci sulla storia della salvezza che si dipana nell’oggi di Dio e sulle responsabilità alle quali siamo chiamati.

La seconda parola è “CUORE”. IL Cuore di Cristo. Il cuore ha due fondamentali movimenti di sistole e diastole.

Nel Cuore di Cristo questi due movimenti sono l’incarnazionismo e l’escatologismo.

Da una parte l’incarnazione. Il Vangelo entra e si fa carne in tutte le culture di oggi per farle fiorire alla liberazione e alla salvezza.

Un Vangelo che entra, assume su di se, si incultura, si incarna oggi nelle complessità culturali, nel pluralismo delle identità in evoluzione, nei confini intellettuali ed esistenziali, nelle culture scartate, nei crescenti meticciati culturali. Oggi il Vangelo ha un volto meticcio.

Questa incarnazione allora sa scoprire, accogliere e valorizzare, come ci ha detto (il teologo) Martin N’Kafu, tutti i segni del tempo, ovunque siano. Solo cosi, si avrà una teologia africana, non perché rielaborata in Africa, ma perché sa accogliere e far fiorire tutti i semi del Verbo sparsi nelle culture, religioni africane, senza escludere nessun tessuto culturale, geografico e umano.

Questa incarnazione come ci ha detto Cécile Kyengue (parlamentare europea), cerca il primato della vita e perciò si oppone e lotta contro il traffico degli esseri umani e contro la nuova schiavitù; cioè contro gli orizzonti di violenza e di morte in cui è Cristo stesso incarnato nei piccoli, che viene violentato e ucciso.

In questa inculturazione col passo dell’incarnazione, un grande ruolo e una grande responsabilità è affidato alla comunicazione, ai media, e al giornalismo. P. Giulio Albanese e Fabrizio Colombo hanno sottolineato questo aspetto, insieme agli ospiti della tavola rotonda.

Quindi una crescita in positivo della comunicazione dell’Africa nell’integrazione digitale e cartacea, corre sul filo della rete, ma sempre rendendo visibile e trasparente il positivo che cresce in lei, come “LA PERLA”, definita da suor Elisa Kidanè, nel rispetto profondo della persona.

Non si tratta come dice suor Elisa di dare voce a chi non ne ha, ma si tratta forse, di non darne ulteriore voce a chi ne ha troppa.

E perciò continuare a decolonizzare lo sguardo anche nella stampa missionaria comboniana.

Ma accanto al movimento dell’incarnazionismo, il Cuore di Cristo ha il movimento dell’escatologismo, cioè la capacità di staccarsi da ogni ingiustizia, da ogni idolo, da ogni orizzonte intra-mondano, tutti i cristiani di ogni continente, siamo tutti extra-comunitari in questo mondo. “Siamo nel mondo, ma non siamo del mondo”.

Françoise Kankindi ha detto “Mi sento a casa in tanti posti”. Ciò è bello ma possiamo dire di più. “Il Regno di cui siamo cittadini, la nostra vera patria, non è di questo mondo”.

Termino con un’affermazione del 12° secolo, diceva un grande mistico, Ugo da S. Vittore “Colui che trova dolce la sua patria, non è che un tenero principiante. Colui, per il quale ogni terra è la propria, è già una persona forte”.

“Ma solo è perfetto colui, per il quale tutto il mondo, non è che un Paese straniero”, io ho preso questa frase da un autore bulgaro vissuto in Francia, il quale l’ha preso in prestito da Eduard Said palestinese vissuto negli Stati Uniti, il quale l’ha preso a sua volta da un autore tedesco esule in Turchia! “

Fulvio De Giorgi

 

 

Pace, gioia, perdono, missione

Commentario a Gv 20, 19-31: Seconda Domenica di Pasqua, 12 aprile 2015

vigo-hermanitas++++In questa seconda domenica di Pasqua, leggiamo ancora il capitolo 20 di Giovanni, che ci parla di quanto è accaduto in quel “primo giorno della settimana”, cioè, al’inizio della “nuova creazione”, della nuova epoca storica che stiamo vivendo come comunità di discepoli missionari di Gesù. La presenza di Gesù vivo in mezzo alla comunità si ripete di nuovo otto giorno dopo, per toccare il cuore di Tomasso, esattamente come succede con noi ogni domenica, quando la comunità cristiana si raduna (ogni otto giorni) per celebrare la presenza del Signore.
Il vangelo ci dice che Tomaso non credette fin che non vide il costato ferito di Gesù. Precisamente da quel costato ferito, da quel cuore che amò sino alla fine, sorge lo Spirito che fa vivere la Chiesa come corpo di Cristo. Con lo Spirito la comunità-chiesa riceve i suoi doni: pace, gioia, perdono, missione. Vediamo brevemente:

P10009071) “Pace a voi”
Gesù usa la formula tradizionale del saluto tra gli ebrei, una formula che alcune culture usano ancora oggi in un modo o un altro. Nel nostro linguaggio di oggi potremmo dire: “Ciao, come stai, ti voglio bene, sono il tuo amico, voglio essere in pace con te”. Vi pare poco? A me pare moltissimo. Ricordo quando Papa Francesco, appena eletto, si presentò alla logia della Basilica di S. Pietro e semplicemente disse: “Buona sera”. E’ bastato questo piccolo saluto per che la moltitudine saltassi di gioia. Non c’era bisogno de una profonda riflessione né di una dichiarazione speciale; soltanto quello: una semplice parola di riconoscimento dell’altro con un atteggiamento di apertura e amicizia.
In questo senso, penso all’importanza e bellezza di un saluto cordiale e affettuoso tra i membri di una famiglia, riaffermando ogni giorno la vicinanza vicendevole, che riempie la vita di gioia; penso al saluto rispettoso e positivo tra i colleghi di lavoro, che fa la vita più leggera e produttiva; penso a quella mano che ci diamo durante la Messa riconoscendo nell’altro un fratello, anche se non ci conosciamo; penso al gesto di comprensione e appoggio allo straniero… Penso alla pace mondiale di cui tanto bisogno né abbiamo in questi tempi di violenza generalizzata. In tutte queste situazioni, Gesù risorto è il primo a dirmi: “Ciao, pace a te”. Così anch’io posso diventare strumento di pace.
In oltre, è interessante notare che, salutando, Gesù mostra le sue mani e il suo costato, con i segni della tortura cui era stato sottomesso. Questo vuol dire che la pace di Gesù non à una pace “buon mercato”, superficiale; è una pace a caro prezzo, pagata con la propria vita. Ci fa ricordare che salutare con la pace non sempre è facile… anzi tante volte è molto difficile. Ma Gesù –e noi con lui– è un “guerriero” della pace, una persona coraggiosa, che non ha paura della sofferenza. La pace è frutto del coraggio, non della debolezza.

2) Gioia: “I discepoli gioirono vedendo il Signore”.
L’arrivo di Gesù, con il suo saluto di pace, produce gioia. Come produce gioia, l’arrivo di un amico; come c’è gioia in una famiglia o in una comunità, quando c’è accettazione mutua. Non si tratta di una gioia “superficiale”, che nasconde le difficoltà, i problemi o i peccati; non è la gioia di chi falsa la realtà, di chi si droga con il vino, i piaceri di ogni tipo o l’orgoglio insensato.
E’ la gioia di chi si sente rispettato e rispetta; la gioia di chi si sente riconosciuto e riconosce; la gioia di chi si sa amato e ama gratuitamente; la gioia di chi crede di essere figlio del Padre. E’ la gioia di chi ha trovato un senso per la sua vita, una missione per la quale spendere il suo tempo e le sue energie, anche se questo implica lotta e sofferenza. E’ la gioia di chi ha trovato in Gesù un amico fedele, un maestro affidabile, un Signore che vince il male con il bene.

3) Perdono: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi”.
La gioia del discepolo non è quella di una persona incosciente o di chi si crede “perfetto” e capace di fare tutto bene. E’ la gioia di chi si sente perdonato e disposto a seminare perdono. Gesù risorto donò alla sua Chiesa lo Spirito del perdono, della misericordia e della riconciliazione. Papa Francesco ha ricuperato per il nostro tempo il chiamato “principio misericordia”. La Chiesa non à il luogo della Legge e della condanna, ma uno spazio dove è sempre possibile ricominciare da capo. Senza misericordia, l’umanità diventa un luogo dove non è possibile la vita, perché, alla fine, non è possibile vivere di sola legge. Noi tutti abbiamo bisogno di misericordia, pace, riconciliazione, fraternità… E tutto questo è un dono che riceve chi si avvicina nella fede al Cristo risorto.

4) Missione: “Come il Padre ha inviato me, così io invio voi.
La comunità dei discepoli, pacificata, perdonata, divenuta spazio di misericordia, si fa comunità missionaria, inviata nel mondo, per diventare precisamente questo: spazio di misericordia, di riconciliazione e di pace; quanto bisogno ne ha il mono di questo spazio! Quanto è necessario diffondere nel mondo queste comunità di discepoli di discepole che umilmente credenti diventano luoghi di saluto pacifico, di perdono e di gioia profonda!
P. Antonio Villarino
Roma

Cosa attendono gli Acoli?

LMC GuluLa scorsa domenica siamo entrati in un tempo molto importante per la chiesa cattolica: la Settimana Santa. Oggi è Sabato santo, giorno della grande attesa. Siamo molto felici di trascorrere questo bellissimo tempo liturgico fra la popolazione Acoli. Qui il modo in cui si celebra qualsiasi festa è incredibile. Si inizia dalla Domenica delle Palme. La chiesa era piena di gente, ciascuna di esse (dal più giovane al più anziano) teneva in mano, agitandolo, un rametto di palma. Era emozionante perché ci sembrava di essere presenti all’entrata di Gesù in Gerusalemme. Incredibile! La domenica delle palme il sacerdote ci ha fatto questa domanda: Voi cosa state aspettando? Cosa Vi aspettate da questa Settimana Santa? Cosa stanno attendendo gli Acoli? La gente di questo luogo sa quanto è importante la Resurrezione. Stanno aspettando Colui che è risorto dai morti. Stanno aspettando Colui che ha sofferto per salvarci dai nostri peccati e darci una vita nuova. Stanno aspettando Gesù che porta gioia e speranza. E noi Vi auguriamo tutto questo.

Vi auguriamo di incontrare Gesù che è risorto dai morti, Vi auguriamo di fermarVi e riflettere su questo grande mistero, riflettere su questo grande amore di Dio che ci ha donato suo Figlio il quale è morto per noi e i nostri peccati.

Gesù Vi dia la forza in questo Vostro percorso missionario, la forza per seguirlo ogni giorno e riempia di gioia, pace e speranza i Vostri cuori.

Buona Pasqua !!!

LMC di Gulu

Ringraziamo Dio per la vita di Joan Forns (Laico Missionario Comboniano di Spagna)

“Siano lieti i cuori di coloro che cercano il SIGNORE”

(Salmo 104)

Joan Fons(1955-2015)

Nella gioia della celebrazione della festa per la Pasqua del Signore, abbiamo ricevuto, la scorsa domenica, con una certa sorpresa la triste notizia della scomparsa di Joan Forns, LMC di Spagna.

Sin da giovane, sentì di essere chiamato alla missione. Egli visse intensamente tale chiamata sia in parrocchia sia in diversi altre attività sociali. Con una forte esperienza di Dio, durante la sua vita riuscì a far coincidere i suoi impegni di lavoro come fotografo con le altre attività a favore dei più bisognosi. Ciò lo ha portato ad unirsi al movimento dei Laici Missionari Comboniani nel 2008.

Il sogno della sua vita era quello di servire la missione oltre i propri confini geografici, che però, a motivo della salute cagionevole, non gli fu possibile realizzare. Ciononostante egli accettò tale condizione dedicandosi completamente al suo lavoro missionario.

Come famiglia LMC ci uniamo in preghiera e ringraziamo Dio per la sua vita e il suo servizio.

Riposi in pace.

Il Gruppo di coordinamento LMC di Spagna

Non possiamo seppellire il nostro spirito missionario!

Brasil

Il 15 marzo, a Curitiba, abbiamo proseguito i nostri incontri con le persone interessate al tema della vocazione dei laici missionari comboniani di questa regione. A questo secondo incontro di approfondimento del tema sulla vocazione e sulla missione, abbiamo avuto l’opportunità e ci siamo impegnati a pregare insieme nel giorno della festa di compleanno di St. Daniele Comboni.
In unione con tutta la famiglia comboniana, abbiamo pregato e riflettuto sulla sua vita e sul nostro impegno missionario per l’umanità.

E’ fonte di grande ispirazione vedere che Comboni non misurava gli sforzi per incontrare Cristo nel volto dei Fratelli Africani, percorreva grandi distanze, era di sostegno e di incoraggiamento per la Chiesa e portava alla luce le situazioni dove la vita era minacciata. La sua testimonianza attraeva tanta gente, incontrava le persone, si metteva in cammino, utilizzava tutte le risorse disponibili a quel tempo e non temeva le difficoltà.

Per riflettere sull’importanza della chiamata missionaria, abbiamo anche visto insieme il documentario “Mission and ecclesial communion” (Missione e comunione ecclesiale) della Campagna Missionari del 2010.

Anche nei nostri giorni, la missione richiede una risposta urgente e coraggiosa. La missione oltre i nostri confini e l’animazione missionaria sono due elementi essenziali della vocazione di tutti i battezzati. Questi momenti sono importanti per ridare vita alla nostra chiamata alla missione e ci sostiene nella formazione di una consapevolezza missionaria nella chiesa, con la speranza che in molta gente si risvegli tale vocazione.

BrasilBrasil

Abbiamo anche discusso di quando si è formata l’organizzazione degli LMC in Brasile attraverso una breve cronistoria di questi 20 anni di esistenza. Non dimentichiamo che Papa Francesco ci raccomanda nel suo messaggio durante il mese missionario che “…resta la grande urgenza della missione ad gentes, alla quale sono chiamati tutti i membri della Chiesa, in quanto essa è per natura missionaria: la Chiesa è nata in “uscita”.

Proseguiamo il nostro cammino, continuiamo ad essere un piccolo segno che condivide la vita e che si pone in difesa della promozione della vita di ciascuno.

LMC Brasile