Laici Missionari Comboniani

Il Piano di Comboni e la ministerialità

ComboniFacendo una lettura attualizzata – in base alle sfide missionarie di oggi – del Piano di Daniele Comboni, scopriamo due intuizioni profetiche il cui valore, col passare del tempo, non ha fatto che crescere:

  1. “La rigenerazione dell’Africa con l’Africa” (Scritti 2753).

Daniele Comboni è convinto, attraverso la sua esperienza e quella di altri grandi apostoli, che per questa “rigenerazione” non c’è altra strada se non quella di coinvolgere il popolo africano come autentico protagonista della propria storia e costruttore della propria liberazione.

  1. “[Trovare] un eco di approvazione, ed un appoggio di favore e di aiuto nel cuore dei cattolici di tutto il mondo, investiti e compresi dallo spirito di quella sovraumana carità che abbraccia la vastità dell’universo, e che il Divin Salvatore è venuto a portar sulla terra” (S 2790).

Con audacia ancora maggiore, Daniele Comboni dichiara che la realizzazione di questo Piano per la rigenerazione dell’Africa ha bisogno della collaborazione incondizionata di tutte le istanze della Chiesa e della società civile, superando qualsiasi tipo di frontiera, pregiudizio o meschina argomentazione.

In queste pagine ci occuperemo di quest’ultimo aspetto, cioè dell’urgenza di unire l’impegno di tutti i “cattolici” a favore di un’unica missione. Il termine “ministerialità” (ministerium = diakonía = servizio) ci aiuta a tradurre meglio il pensiero e la prassi di Daniele Comboni, anche se siamo consapevoli del fatto che nel Piano egli non utilizza mai questa parola e che si tratta di un concetto che non corrisponde né al linguaggio barocco né alla teologia tridentina del suo tempo. Per “ministerialità” intendiamo la responsabilità missionaria di tutti i battezzati, senza eccezioni, di far emergere il Regno di amore e di giustizia (fraternità universale) instaurato dalla persona e dall’avvenimento di Gesù Cristo in mezzo a noi. Daniele Comboni non proponeva semplicemente una strategia organizzativa ma un modo di essere Chiesa matura.

Andiamo direttamente al testo del Piano, per renderci conto dell’ampiezza del suo orizzonte (cfr. l’ultima edizione datata Verona 1871, S E2741-2791):

  1. Qual è il fondamento teologico che Daniele Comboni pone alla base del suo Piano?

Si tratta di un fondamento cristologico e di una risposta martiriale:

  • Il cattolico guarda all’Africa “non attraverso il miserabile prisma degli umani interessi, ma al puro raggio della sua Fede” e lì scopre “una miriade infinita di fratelli appartenenti alla sua stessa famiglia, aventi un comun Padre su in cielo…”. Allora “trasportato egli dall’impeto di quella carità accesa con divina vampa sulla pendice del Golgota, ed uscita dal costato del Crocifisso per abbracciare tutta l’umana famiglia…” sente che si fanno più frequenti i palpiti del suo cuore e “una virtù divina [sembra spingerlo] a quelle barbare terre, per stringere tra le braccia e dare il bacio di pace e di amore a quegl’infelici suoi fratelli…” (S 2742).
  • E proprio per la forza di questa carità che sgorga dal costato di Cristo, Daniele Comboni è disposto a “versare il nostro sangue fino all’ultima stilla” (S 2753) per i suoi fratelli più poveri e abbandonati. Possiamo quindi dire che la motivazione che muove tutta la vita di Comboni è il riflesso di una fede solida nella redenzione che il mistero pasquale di Cristo ci ha meritato e che costituisce il principio di ogni azione missionaria. In altre parole, la “ministerialità” (servizio missionario) che Daniele Comboni chiede nel suo Piano è legata a Gesù Cristo, servo per eccellenza del Padre, per realizzare il suo Piano di salvezza, e alla Chiesa, che è inviata a servire l’umanità per continuare la missione misericordiosa del suo Signore.
  1. Quale visione ha, della Chiesa, Daniele Comboni nel chiedere un impegno di tale portata ai cattolici, senza distinzioni?

È una sfida che anche quell’epoca, come oggi, si presenta quasi impossibile, soprattutto se si pensa allo scoraggiamento e alla frustrazione che si annidano in molti responsabili ecclesiastici.

L’amore che Comboni nutre per la Nigrizia lo porta a chiedere concretamente:

  • l’aiuto e la cooperazione di Vicariati, Prefetture e Diocesi già stabilite attorno all’Africa (S 2763);
  • la creazione di istituti per bambini e bambine di razza nera, in luoghi strategici attorno a tutta l’Africa (S 2764-65);
  • che gli Ordini religiosi e le istituzioni cattoliche maschili e femminili approvate dalla S. Congregazione di Propaganda Fide dirigano questi Istituti (S 2767);
  • la fondazione in Europa di piccoli collegi per le missioni africane per aprire la via dell’apostolato dell’Africa a tutti gli ecclesiastici secolari (diocesani) delle nazioni cattoliche che dovessero essere chiamati da Dio a una tanto sublime e importante missione (S 2769);
  • la possibilità di stabilire Istituti religiosi femminili dell’Europa nei paesi dell’interno dell’Africa meno pericolosi, visto che la donna europea ha dimostrato una maggiore resistenza rispetto ai missionari, dovuta alla sua capacità di adattamento fisico, al suo temperamento e alle sue abitudini di vita familiare e sociale (S 2780);
  • che si costruisca, per coordinare tutto questo progetto, una società composta di persone intelligenti, generose e molto attive, capaci di trattare con tutte le Associazioni che possano assicurare i mezzi economici e materiali (S 2785) e convochino tutte le forze del cattolicesimo a favore dell’Africa (S 2784-88).

L’obiettivo che Daniele Comboni vuole raggiungere è di dare dignità all’intero popolo africano:

  • non solo ai neri dell’Africa interiore, ma anche a quelli delle coste e di tutte le altre parti del grande Continente… a tutta la stirpe dei neri (S 2755-56);
  • i giovani neri saranno formati come Catechisti, Maestri e Artigiani – virtuosi e abili agricoltori, medici, flebotomi, infermieri, farmacisti, falegnami, sarti, muratori, calzolai, ecc. (S 2773);
  • le giovani nere, da parte loro, riceveranno formazione come Istitutrici, Maestre e donne di famiglia che devono promuovere l’istruzione femminile… (S 2774);
  • nel gruppo dei catechisti si creerà una sezione con gli individui che si distinguono per pietà e sapere, nei quali si scopra una predisposizione allo stato ecclesiastico (clero indigeno), e questa sarà destinata all’esercizio del ministero divino (S 2776);
  • nel gruppo delle giovani nere, tra quelle che non sentono inclinazione allo stato coniugale si creerà la sezione delle Vergini della Carità, formata da quante si distinguono per pietà e conoscenza pratica del catechismo, delle lingue e dei lavori femminili (S 2777);
  • allo scopo di coltivare quelle menti che si dovessero distinguere, per formarle a diventare abili e illuminati responsabili delle Missioni e delle Cristianità dell’interno della Nigrizia, si potranno fondare piccole Università teologiche e scientifiche nei punti più importanti della periferia del grande Continente africano (Algeri, il Gran Cairo, St. Denis nell’isola della Riunione, e davanti all’Oceano Atlantico). In altri punti si potrebbero fondare, col passare del tempo, piccoli laboratori di perfezionamento per gli Artigiani considerati più abili (S 2782-83).

Riassumendo, in questa proposta di Daniele Comboni troviamo una visione ecclesiologica estremamente aperta e integrale, che tiene conto di tutti i ministeri (da quello del Papa fino a quello del più umile catechista o artigiano) quando si tratta di portare avanti la missione a favore dei più bisognosi. E non per semplice filantropia né per un senso romantico di ingenuo eroismo ma per la solida motivazione che scaturisce dall’evento battesimale, che ci rivela esistenzialmente l’amore di Dio e ci rende fratelli nella stessa vocazione di santità e capacità. Questo modo pratico di creare ministerialità troverà eco solo un secolo più tardi nella teologia postconciliare con il Vaticano II.

Anche se gli aspetti che abbiamo indicato meriterebbero uno studio più completo, per motivi di spazio presentiamo, sotto forma di decalogo, una serie di insegnamenti che possiamo trarre dal Piano di Comboni:

1) Daniele Comboni riconosce l’importanza del ministero del Papa (con il quale dialoga personalmente in diverse occasioni) e di Propaganda Fide. Ad essi indirizza il suo Piano dando prova di comunione ecclesiale.

2) L’audacia dei suoi “sogni” nasce dal suo confrontarsi con la realtà della sofferenza e dell’oppressione in cui vivono i suoi fratelli e sorelle. Il suo Piano è frutto della solidarietà all’interno di un metodo missionario di incarnazione.

3) Dietro il suo atteggiamento vi è la capacità di interagire con qualsiasi genere di persone con maturità umana e spirituale. La ministerialità del Piano presuppone persone integrate e capaci di rapporti autentici.

4) È presente un’antropologia che va oltre la sua epoca e guarda alle persone riconoscendone la piena dignità.

5) Nel Piano emerge un modello di essere Chiesa in comunione e partecipazione, nata dalla consacrazione battesimale e dalla comune vocazione alla vita piena in Dio.

6) Il laicato trova la sua totale espressione ministeriale. Non in senso piramidale ma come popolo di Dio in corresponsabilità.

7) La donna, in particolare, trova il dovuto spazio per la sua valorizzazione in quanto tale e nella sua consacrazione. In questo, Comboni è veramente un pioniere.

8) Il lavoro di evangelizzazione che il Piano lascia intravedere è integrale, nessuna dimensione umana viene esclusa. Tutte le dimensioni umane rientrano nel progetto di Dio.

9) L’inserzione strategica che viene proposta perché il lavoro sia possibile senza ulteriori tragedie, presuppone una preoccupazione di pianificazione e valutazione encomiabili.

10) Tutto questo viene circoscritto nel mistero della Croce, sapendo che si tratta di una consegna consapevole della propria vita ma soprattutto confidando nel fatto che le opere di Dio nascono e crescono ai piedi del calvario. E che è lo Spirito Santo che guida – ieri e oggi – la missione.

P. Rafael González Ponce mccj

Mettere i piedi sulle orme del Fondatore

Comboni

Daniele Comboni nacque a Limone sul Garda, Italia, il 15 marzo 1831. Alla scuola di don Nicola Mazza, a Verona, scoprì le sue dimensioni fondamentali: la santità, la ricerca della verità e lo slancio missionario. Ha fondato gli Istituti delle comboniane e dei comboniani che oggi sono un po’ in tutto il mondo per annunciare il Vangelo fra i più poveri e abbandonati. Dieci anni fa Comboni è stato proclamato santo. Qui pubblichiamo una guida di celebrazione per aiutarci come Famiglia Comboniana a mettere i piedi sulle orme del santo Fondatore.

 

Preghiera Comboniana
15 Marzo 2014

Il compleanno di Comboni lo troviamo all’interno dei giorni quaresimali, dove tutto nella Parola ci invita alla conversione, a svegliarci dal sonno, a darci alle opere della luce. Comboni, uomo di fede, seppe svegliarsi e lasciarsi illuminare dal Cristo; e così seppe anche svegliare il mondo intorno a se con la sua instancabile e appassionata Animazione Missionaria.

Ecco che oggi, all’insegna delle celebrazione del X° anniversario della sua canonizzazione, noi ci uniamo in preghiera come Famiglia Comboniana, per invocare il Dio della Luce su di noi, su tutti i popoli che vivono in “ombre di morte” a causa delle guerre, dell’ingiustizia, della povertà e dell’oppressione. Con Comboni chiediamo di svegliarci dal sonno.

Canto: Il Signore è la Luce che vince la notte, gloria, gloria, cantiamo al Signore.

Dalla Lettera di s. Paolo agli Efesini (5, 8-14)
Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».

Canto: Il Signore è la Luce che vince la notte, gloria gloria cantiamo al Signore.

Lettera di Comboni ad ognuno di noi
Sono con voi, vivo la sete di acqua viva e il desiderio di RIGENERARE. Prego con voi.

«Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».

Si, è il momento del risveglio, di lasciarci risvegliare dal Risorto, che sempre precede i nostri giorni e ci addita l’alba di nuovi orizzonti. Risvegliarci, spalancare le porte della nostra vita per lasciar entrare la vita di Dio, attraverso la vita dell’umanità.

            Svegliatevi dal sonno, mettete i vostri piedi sulle orme dei passi che i nostri popoli stanno compiendo nel solco della vita per cogliere l’ora della speranza pasquale che con sapienza e in mille modi continuano ad additarci, testimoniarci, condividerci. Svegliatevi al loro canto di speranza che hanno sempre il coraggio di elevare anche nella notte oscura.

            Svegliatevi dal torpore della mediocrità per lasciar echeggiare nella storia il lieto annunzio di Isaia, preludio del vangelo: «Non ricordate più le cose passate. Non vogliate pensare più alle cose antiche. Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia. Non ve ne accorgete Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa». (Is 43,18-19).

            Svegliatevi al grido degli impoveriti, oppressi, esclusi, dimenticati, di coloro che hanno fame e sete di giustizia, di coloro che non hanno ancora conosciuto la Speranza annunciata da Cristo Gesù.

            Svegliatevi alla brezza del vento per aprire i vostri orecchi e percepire l’eco della sapienza dei vostri popoli che vi sostengono nella ferialità, l’eco delle vostre Chiese locali che vibrano di vita nuova, l’eco di testimonianza fedele e martiriale di tante vostre sorelle e fratelli di ieri e di oggi. Siate vivi come il seme che marcisce sotto la terra ma che ha in se la forza per generare.

            Siate sveglie/i e attente/i come le donne alla mattina di Pasqua, le uniche che andarono al Sepolcro, mosse dal coraggio di una fede che sa vedere oltre la pietra che blocca la vita.

Daniele Comboni: “… non v’ha ora o momento che non rivolga lo sguardo della mente, e che non pensi a voi. (SS 21) “… Voi siete la mia eredità…

Canto: Mi ideal

Domanda per la riflessione: Da quali torpori senti che ti chiede San Daniele Comboni di svegliarti,  per portare avanti la sua opera con passione, gioia e radicalità?

Breve silenzio

Condivisione

Consacrazione al Cuore di Gesù e Padre Nostro

Grazie Daniele (tutti insieme)
Grazie Daniele perché ai creduto nel tuo sogno.
Tu ci insegni che è possibile guardare all’Africa con lo stesso sguardo di Dio.
Grazie perché hai guardato, e sei rimasto affascinato dagli africani, guardandoli con il puro raggio della fede, uno sguardo di fratello e non da imperialista o da schiavista.
Hai creduto nelle capacità umane degli africani, e hai visto già  l’Africa protagonista nel suo processo di liberazione.
Il tuo sogno era il sogno di Dio, tu ci hai creduto e insegni a noi a crederci.
La tua vita ci parla di due incontri fondamentali:
il primo con Dio e il secondo con gli africani.
Sei stato testimone audace dello sfruttamento dell’Africa, e non sei rimasto indifferente, né ti sei consegnato conformismo disperato ma hai sentito dentro la chiamata alla liberazione e hai voluto fare storia con gli africani la loro causa è diventata la tua.
Lo Spirito ti sussurrò un Piano sapiente:
La rigenerazione dell’Africa attraverso l’Africa stessa, e fu primavera, fu forza, fu passione, fu liberazione integrale.
Grazie perché il tuo sogno ci illumina oggi davanti ai progetti neoimperialisti che continuano ad acuire il divario tra Nord e Sud del mondo.
Il tuo sogno ci guida e ci fa prendere posizione davanti al dio denaro, davanti idolo che disumanizza la gente.

Oggi siamo immersi in un’umanità smarrita e debole e lì tu ci dici ancora di credere nell’umanità di annunciare Gesù Cristo con passione e credibilità.
Non è facile vivere in un mondo plurale e spesso diviso ma tu ci hai dato prova che l’amore tutto lo può.
Ti chiediamo di tenerci uniti a Te e uniti tra noi tutti, tuoi figli e figlie, per rimanere fedeli al sogno di Dio, le nostre differenze siano fonte di ricchezza e creatività.
Grazie Daniele, perché ai creduto al tuo sogno.

 

Giornata internazionale della donna alla Scuola Industriale di Carapira

L’8 marzo è stata la giornata internazionale della donna. E’ stato un momento per celebrare, si, ma soprattutto per riflettere e porsi domande sulla situazione della donna nella società,

In tale contesto, qui nella Scuola industriale di Carapira (ISC) i piccoli (di 10° livello), come attività dei soggetti dell’educazione morale e civica e calcolo sono stati preparati tabelloni ed organizzate attività teatrali sul tema della violenza domestica, partendo dalla lettura della legge fatta per combattere la violenza domestica in Mozambico. Durante la mattinata, nel corridoio della scuola sono stati presentati poster agli altri studenti e agli insegnanti. Non tutti erano presenti, nonostante una significativa partecipazione degli studenti. Oltre alle classi del terzo anno, ha collaborato alla presentazione anche il gruppo culturale scolastico denominato WINA WIPA WOPA, che tradotto dalla lingua locale (macua) significa CANTA-BALLA-RECITA. Hanno cantato due canzoni che trattano il tema della violenza, una all’apertura e una al termine della presentazione;  hanno dato anche un anteprima di una piccola opera teatrale che stanno preparando sul problema del traffico di esseri umani, compreso lo stato di sfruttamento sessuale delle donne.

Al termine delle attività, è stato offerto dagli studenti, dai segretari, dai volontari del Corpo di Pace (Peace Corp) e degli LMC  un piccolo omaggio alle donne della scuola, costituito da un biglietto contenente un messaggio.

E’ stato un momento di arricchimento in cui ci siamo potuti scambiare informazioni e riflessioni ed è stato bello vedere l’impegno e l’animazione degli studenti, in particolare nel teatro. Speriamo di custodire  il messaggio e mantenere l’impegno per combattere queste situazioni.

A tutte le donne va il nostro rispetto e la nostra gratitudine! E con l’intercessione di Maria Vergine d’Africa, Dio Vi benedica nella Vostra missione.

Stiamo uniti!

LMC di Carapira, Mozambico

Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2014

Quaresima 2014Papa Francesco ha pubblicato il suo messaggio per la Quaresima di quest’anno. Nel testo offerto da Francesco, che ha per tema un brano della lettera di San Paolo ai Corinzi “Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà” (Cor. 8,9), il Papa fa una riflessione sulla “povertà che arricchisce” dal punto di vista di Cristo e sulle diverse forme di povertà di cui soffre l’umanità nel momento presente.

La povertà di Cristo è per il Papa una povertà che “libera e arricchisce” e dimostra “una fiducia senza limiti in Dio Padre“.  “È stato detto che la sola vera tristezza è di non essere santi; si potrebbe anche dire che vi è una sola vera miseria quella di non vivere da Figli di Dio e da fratelli di Cristo” riferisce il Papa. In questo testo, Francesco mette in guardia da tre tipi di miseria: “miseria materiale, morale e spirituale” che affliggono l’essere umano.

Il Papa ci rivela in questo messaggio di Quaresima che Dio non si rivela attraverso il potere e la ricchezza del mondo, ma attraverso la debolezza e la povertà. Gesù, l’eterno Figlio di Dio, uguale al Padre in potenza e gloria, si è fatto povero in modo che noi ci sentiamo fratelli di tutti coloro che soffrono, i bisognosi, gli ultimi che sono i preferiti di Dio.

Il Papa ci invita nel suo messaggio a ricordare che la Quaresima è un momento di liberazione in cui chiedersi come possiamo rinunciare a noi stessi per aiutare ed arricchire gli altri con la nostra povertà. Senza dimenticare che la vera povertà causa sofferenza: una tale rinuncia non sarebbe valida senza l’aspetto penitenziale. Diffidiamo dal fare elemosina che non costa nulla e non causa sofferenza.

Per vedere il testo completo del messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2014 cliccare su questo link

Quando la guerra ha raggiunto Mongoumba

Cari LMC, amici, parenti, conoscenti…

PACE e BENE a tutti.

Eccomi di nuovo per descrivervi un pò la situazione del paese, come intendiamo proseguire le nostre attività nonostante la condizione così instabile in cui viviamo. Oggi Vi scrivo a titolo personale, senza Tere in quanto non abbiamo avuto tempo per farlo insieme.

Quando Vi abbiamo scritto in gennaio Vi avevamo parlato dei nostri timori e delle nostre ansietà. Oggi il tema è lo stesso, solo che invece di essere spettatori distanti siamo diventati spettatori molto vicini alle scene di violenza e persino “vittime di minacce”.

I giocatori sono cambiati, al posto dei “ribelli” Seleka ora ci sono i “liberatori”, anti-Balaka e gruppi di giovani chiamati di “auto-difesa” che sono presenti in ogni villaggio e il cui principale obiettivo è quello di distruggere tutto ciò che era musulmano.

Quando arrivò Seleka a Mongoumba, la popolazione non fu colpita seriamente, principalmente a motivo dell’intervento del sindaco (che era musulmano). Con l’arrivo degli Anti-balaka o Siriri, i musulmani iniziarono a temere per la loro incolumità. Con l’intensificarsi delle minacce, donne e uomini trovarono rifugio nel paese vicino; restarono quindi solo uomini che resistettero alle minacce di pericolo, tentando di difendere le loro proprietà e i loro beni. Dal momento che non si sentivano al sicuro nelle loro case, chiesero asilo e trascorsero alcune notti in casa dei missionari. Alla fine se ne andarono anche loro lasciando in custodia al sacerdote due motociclette e alcuni effetti personali.

Mentre nella capitale, Bangui, i problemi più grossi e i conflitti erano tra i Seleka e gli Anti-balaka, a Mongoumba e nei villaggi vicini c’erano, e ci sono tutt’ora, gruppi di giovani locali, incontrollati, che, in nome e per conto degli Anti-balaka, creano grande caos, distruggendo, depredando e bruciando tutto ciò che è musulmano e minacciando coloro che in qualche modo hanno aiutato i musulmani o protetto i pochi beni che essi hanno lasciato. Sono giovani adulti, giovani banditi che agiscono sotto l’influenza di droga e alcol, che vengono manipolati da persone che in qualche modo tentano di sfruttare il momento di confusione per scopi di guadagno personali. Possiedono ogni tipo di arma fatta a mano come lance, spade, machete e armi da caccia. E’ uno strano gruppo di gente che veste in modo stravagante, alcuni di essi vestono con abiti da militare, altri sembrano usciti da una sfilata di carnevale, e tutti usano, e abusano, di amuleti, fra questi non mancano crocefissi e rosari, poiché quasi tutti si autoproclamano cristiani.

CIò che ci ha toccato profondamente in questa ondata di violenza che ha spazzato via il nostro piccolo paradiso sono stati l’indifferenza e il silenzio di entrambe le autorità e della popolazione in generale. La domenica successiva al primo saccheggio, venne fatto un appello alle chiese di pregare vicino alla moschea per lanciare l’allarme e renderle consapevoli che era necessario evitare la dissacrazione e la distruzione del tempio. Tuttavia la partecipazione fu di solo venti persone. Un appello caduto nel nulla. Dopo poche ore i martelli iniziarono la loro azione distruttiva che nessuno aveva tentato di evitare. Uno spazio che avrebbe potuto essere usato per altre finalità è ora un cumulo di rovine.

Dall’indifferenza e dal silenzio, sorse un’ampia parte della popolazione ad applaudire le azioni delle milizie come se fossero degli eroi. Tale circostanza fu confermata quando il gruppo di “auto-difesa” fece pressione sul  vice sindaco per consegnare un fuggitivo, non musulmano, giunto da un’altra città dove era stato accusato di aver denunciato alcuni cristiani alle forze di Seleka, e inoltre, anche se in modo più discreto, quando chiesero la consegna delle due motociclette che erano state lasciate dai musulmani nella casa dei padri, dove questi giovani giunsero armati e con modi particolarmente arroganti ed aggressivi.

Non comprendiamo questa ondata di odio e di violenza contro persone che sono cresciute e hanno vissuto in armonia con una popolazione che fino ad oggi non aveva mai fatto nulla di male, dove i musulmani si sono comportati in modo prudente..Non comprendiamo questa avversione. E’ vero che i racconti di quanto è successo e di quanto sta succedendo in altre parti del paese hanno un’influenza negativa sulla popolazione. Nessuno dice una parola a favore dei Ciadiani se sono dei Seleka, MISCA o normali civili. Tutti parlano contro il Ciad e dimenticano che non tutti i musulmani sono Ciadiani.

Viviamo una situazione di precarietà e non siamo ben visti, poiché nonostante abbiamo cercato di muoverci con la massima prudenza, abbiamo dovuto prendere misure impopolari, come la sospensione, per una settimana, di tutte le attività parrocchiali (ad eccezione della messa). Ci hanno accusato apertamente di aver protetto i musulmani e persino sono circolate voci secondo le quali p. Jesus era considerato pro-Ciadiano avendo vissuto per molti anni in Ciad. Penso che potremo essere oggetto di minacce ma ciò non è successo fino ad ora.

Tempo fa era silenziosa la notte di Mongoumba in quanto la popolazione andava a rifugiarsi nella foresta, oggi c’è pure silenzio, ma non perché la gente se ne è andata, ma poiché durante la notte le  abitazioni sono chiuse per evitare gli scontri; in un paese dove non c’è autorità è rara la notte in cui non si sentano spari.

In rapporto a quanto è successo nel resto del paese e persino nelle altre città e villaggi della regione, la nostra situazione resta tutto sommato privilegiata. Dio continua a proteggere Mongoumba! Il villaggio di Mbata, a 40 km di distanza, la cui parrocchia fino allo scorso dicembre è stata accompagnata dai missionari Comboniani di Mongoumba, è stato in parte distrutto; ci sono stati ancge dei morti, fra musulmani e non musulmani. Persino oggi molte persone continuano a vivere nella giungla perché non hanno più mezzi e non possono riparare le loro abitazioni che sono state completamente bruciate.

I momenti più difficili nella nostra diocesi si sono avuti nelle parrocchie di Boda e Ngoto che sono state ripetutamente assaltate, ivi comprese le missioni, che durante l’ultima razzia sono rimaste senza macchine, motociclette e persino senza telefoni. Fra queste popolazioni sono frequenti i conflitti tra musulmani e non musulmani e il nostro vescovo D. Rino è il principale mediatore tra le due parti.

Le truppe francesi e africane tentarono di disarmare e neutralizzare i ribelli di Seleka, che hanno lasciato la capitale, ma che sono ancora attivi in altre zone del paese. Inoltre, con l’assunzione del potere da parte dei “liberatori” Anti-balaka , è iniziata la persecuzione dei musulmani con veri e propri massacri. Le milizie Anti-balaka che si auto-proclamano cristiani, sono spinti e manovrati da uomini che hanno sete di potere.

D. Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, che dall’inizio del conflitto è accompagnato dall’Imam e da un pastore rappresentante delle chiese protestanti, in uno sforzo comune di riportare la pace, ha detto recentemente che, complessivamente, essi chiedono a tutti coloro che hanno usato e manipolato la gioventù di assumersene la responsabilità a livello nazionale e internazionale.

In mezzo a tutta questa confusione, emergono piccolo segni di speranza. Il vescovo di Bangassou, Juan José Auguirre ha detto che nella sua diocesi le milizie di autodifesa sono state neutralizzate dalle commissioni di mediazione interreligiosa e che alcune parrocchie hanno iniziato a fare corsi di formazione con il coinvolgimentdo di cristiani, protestanti e musulmani.

Nonostante l’instabilità e la tensione in cui viviamo, il nostro lavoro prosegue normalmente su tutti i progetti, cerchiamo di dare risposte a questa missione per la quale siamo stati inviati. A volte è difficile, abbiamo avuto momenti di scoraggiamento, ma chi ha mai detto che la missione è facile?

Stanno scarseggiando molti prodotti (come sale, zucchero, farmaci…), gli impiegati non vengono pagati e c’è poca moneta in circolazione, ma… c’è sempre un ma… arrivano le NGO in forze e con loro soldi, farmaci, cibo, indumenti, acqua potabile … e lavori ben remunerati anche se temporaneamente.

Vale la pena “soffrire” per la missione. E’ bello sapere che qualcuno pensa a noi, così non ci sentiamo soli!

Pregate per noi.

Uniti nella pace.

Elia Gomes (LMC in Mongoumba).