Laici Missionari Comboniani

Ci servono missionari

MozambiqueDurante questo periodo dove ho avuto la fortuna di poter servire in seno all’organizzazione internazionale degli LMC, ho avuto modo di incontrare e interagire con numerosi missionari in tutto il mondo.

Abbiamo letto molte lettere di missionari provenienti da ogni luogo. Molti comunicano la gioia di una vita al servizio degli altri e come nel loro impegno si sono resi conto di vivere una vita piena e sono ora più felici. Molti ci parlano dei loro sogni e delle difficoltà incontrate nel loro lavoro, delle periferie delle grandi città, delle difficoltà nell’insegnare in scuole con poche risorse ma a studenti straordinari. Alla ricerca di una buona formazione professionale per gli studenti e le famiglie delle comunità in cui vivono, nella cura dei malati negli ospedali e nei centri sanitari dove si trovano.

Essi condividono anche la loro esperienza di fede nelle comunità dove vivono; la responsabilità di ogni membro della comunità nel portare la Parola di Dio, in luoghi remoti a piedi, in bici, con la jeep o in canoa.

Si trova inoltre in queste lettere una miriade di esperienze, di gioia e di difficoltà condivise con la gente.

Ma ho anche molte richieste di personale. I missionari sono necessari! In molti luoghi la chiamata si ripete. Ci sono persone disponibili a venire nella nostra comunità?

I progetti di cooperazione sono importanti, le scuole, gli ospedali, le cooperative, la denuncia delle ingiustizie… tutto è importante e servono persone per continuare ad incoraggiare e ad essere ponti. Qualcuno però mi ha ricordato che “i mattoni non abbracciano.” Ed è vero, se c’è qualcosa che di solito sento dalla gente semplice è un ringraziamento nei confronti della società che offre missionari per essere con loro, per sostenerli nei momenti difficili, per celebrare le gioie insieme… per ricevere questro stretto abbraccio. Rendere presente l’amore di Dio attraverso le loro mani per sostenerli ed accompagnarli nel loro cammino.

Quindi, in questa celebrazione della solennità di Pentecoste, lasciamo che lo Spirito ci riempia, ci faccia uscire dai nostri ambienti chiusi e ci porti al centro delle piazze, sulle strade.

Se senti dentro di Te una chiamata alla missione, Ti invito a trovare il gruppo di riferimento più vicino nel luogo in cui vivi. È anche possibile visitare il nostro sito web, dove troverai i contatti di 20 paesi in cui siamo in Europa, Africa e America. Cerca altre persone come te e prenditi del tempo per discernere la Tua vocazione.

Non aspettare, ora è tempo! Non ritardare la risposta e inizia la Tua formazione che può portarTi a scegliere di vivere al servizio della missione.

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Comboni dice che “la missione è un progetto di amore per il quale non dobbiamo risparmiare alcuno sforzo“.

Sta a Te decidere…

 

[Mozambico] Corso di formazione per il monitoraggio dell’alfabetizzazione e dell’educazione degli adulti

Dal 24 al 26 aprile si è tenuto un corso di alfabetizzazione presso il centro pastorale di Mutoro. Il corso di formazione includeva 33supervisori di diverse aree della parrocchia di Carapira. Relatore principale era il professor Dr. Adelino Zacarias Ivala. Il corso di formazione si è svolto in un ambiente favorevole essendosi creata una buona collaborazione tra il relatore e i presenti. Hanno partecipato anche tre laici missionari comboniani di Carapira e suor Paola, missionaria Comboniana. Tre, fra i 33, partecipanti erano LMC mozambicani.

Vi ringraziamo per aver partecipato al corso che sarà di aiuto allo sviluppo della nostra formazione missionaria.

Che Dio ci benedica sempre nel nostro cammino.

Ancha, Margarida and Zeferino, LMC in formazione.

 

La visione ecclesiale che emerge dal “Piano” di Comboni

Comboni

“Comboni – credendo nell’unità del genere umano e nel fatto che il Vangelo debba, perciò, essere annunciato a tutti – si pone in un atteggiamento di demistificazione profetica di quella forma culturale razzista…” (Prof. Fulvio De Giorgi, Consiglio di Direzione di Archivio Comboniano).

 

Collocazioni di contesto
Una riflessione attuale sul “Piano” di Comboni che non sia puramente storica, ma sia di tipo spirituale, pastorale, missionologico (che cioè assuma un punto di vista di fede, di appartenenza alla Chiesa cattolica e di ‘figliolanza’ comboniana) deve, comunque, partire da alcune collocazioni di contesto e non porsi su un piano di lettura diretta e immediata (cioè senza mediazioni), come se si trattasse di un testo scritto oggi. L’attualizzazione deve sfuggire ai rischi di un certo ingenuo fondamentalismo attualizzante: che sarebbe, nel migliore dei casi, una banalizzazione, ma correrebbe anche rischi di deformazione grave. Qualsiasi testo del tempo (non solo di Comboni) non può essere letto senza filtri di contesto: altrimenti chi, in quel momento storico, era – per esempio – antirazzista, rischierebbe perfino di apparire, oggi, razzista.

Non si tratta soltanto di tradurre un linguaggio ottocentesco in linguaggio corrente (con un’operazione che non è unicamente di semantica storica): anche se già solo questo semplice aspetto segnala un più vasto problema, quello cioè delle forme di continuità/discontinuità culturale (e spirituale) tra noi e i nostri Padri e le nostre Madri del passato, tra la nostra visione e la loro visione.

Comboni si collocava all’interno della Chiesa cattolica: ma anche noi oggi. E però la Chiesa cattolica è un organismo vivo che cresce: è perciò ‘cresciuta’ rispetto all’Ottocento. In questa crescita è compresa anche l’autoconsapevolezza: la stessa visione ecclesiale. Ecco allora che non possiamo ritrovarci ‘perfettamente’ nei panni ottocenteschi: altrimenti vorrebbe dire che tutto è fermo, che il cristianesimo non è vivo ma morto, che il nostro compito non sarebbe storico ma archeologico…

Attualità e profezia
Insomma è ben evidente che il paradigma ecclesiologico di Comboni, la sua visione ecclesiale, era quello del Vaticano I e non del Vaticano II e che la sua cultura, al cui interno si definivano tanti aspetti della medesima visione ecclesiale, era quella lombardo-veneta del XIX secolo e non quella del XXI. Ma, allora, cosa significa questa osservazione (ovvia) sul piano della nostra lettura? Quali insomma i tratti di continuità e di attualità e di profezia e quali quelli di discontinuità, nei quali c’è stato un superamento (cioè una crescita)?

Più gli elementi culturali di Comboni si avvicinano al Vangelo più c’è continuità: la Chiesa annuncia il Vangelo di Cristo come una proposta di alleanza liberatrice rivolta da Dio a tutto il genere umano (il che, e non era ovvio allora come non è ovvio oggi, implica l’unità del genere umano: c’è un solo genere umano e tutti gli uomini e tutte le donne sono figli e figlie di Dio, uguali in dignità personale). Così se, alla metà del XIX secolo, si formava, nel cuore della Europa, una forma culturale nuova che era il razzismo, Comboni era estraneo e ostile rispetto a questi processi culturali. Il razzismo implica due punti essenziali, come forma culturale: 1. Esistono le razze umane (in genere ridotte a tre); 2. Ci sono razze inferiori e razze superiori. Comboni – credendo nell’unità del genere umano e nel fatto che il Vangelo debba, perciò, essere annunciato a tutti – si pone in un atteggiamento di demistificazione profetica di quella forma culturale razzista. Su questo, pertanto, non solo c’è continuità, ma c’è una permanente attualità di tale approccio, poiché in forma esplicita o più spesso dissimulata permangono, ancora oggi, visioni razzistiche, che possono insinuarsi persino nella visione ecclesiale.

Discontinuità come crescita
Elementi culturali di discontinuità sono quelli, invece, più legati alle specificità di mentalità e di pensiero del tempo: un’ignoranza ‘geografica’, etnografica, culturale degli Europei rispetto ancora a tante parti del pianeta e a larghi strati di umanità; una presenza – pertanto – di fantasie mitiche e di luoghi comuni tradizionali (anche religiosi: come la cosiddetta ‘maledizione di Cam’) che colmavano questi vuoti cognitivi e che oggi possono apparire come ‘pregiudizi razzistici’ (pre-giudizi, sì, come tutti noi ne abbiamo; razzistici no, perché non partecipavano – come ho già detto – agli aspetti specifici di quella forma culturale).

Capire questa differenza è, sul piano metodologico, essenziale per inquadrare la riflessione sul “Piano” di Comboni, sulla sua visione ecclesiale e sulla sua attualità profetica.

Unità, utilità e semplicità
Se infatti partiamo da un’ottica razzista, allora riteniamo la civiltà europea come superiore e perciò destinata a dominare sulle altre: condannandole ad uno sviluppo ‘separato’ (apartheid) o ‘civilizzandone’ dall’alto e dall’esterno alcuni aspetti, per meglio dominarle e sfruttarle, ai fini dello sviluppo maggiore della Civiltà ritenuta superiore. Comboni nel “Piano” assumeva invece un opposto paradigma: quello dell’unità del genere umano. In questo quadro, è possibile che alcuni popoli (storicamente sono stati gli europei, ma potevano essere altri) arrivino prima, per casualità storiche, a conquiste da considerarsi positive (per esempio la scrittura, l’alfabetizzazione, la medicina, la scienza e la tecnica): queste conquiste allora vanno fatte conoscere a tutti, vanno condivise, messe a disposizione per ‘rigenerare’ tutta l’umanità, per migliorarne cioè l’esistenza reale, diminuendo tutte le forme di sofferenza, di povertà, di ingiustizia, ai fini insomma della utilità comune. Ma questa ‘civilizzazione’ (cioè ‘condivisione di conquiste di civiltà’) non va imposta dall’alto e dall’esterno: se così fosse, anche con le migliori intenzioni, si introdurrebbe un’asimmetria e perciò un possibile squilibrio e dominio. La civilizzazione/condivisione va proposta e realizzata dal basso e dall’interno, con un protagonismo in prima persona dei beneficiati, senza furbizie o mediazioni complicate, ma nella semplicità: solo così è ri-generatrice (cioè intrinsecamente emancipatrice). Gli esiti saranno, allora, sempre generanti e generatori, cioè creativi e innovativi, autoctoni e originali, non estrinsecamente simili (cioè as-similati) a quelli europei, ma neppure ad essi ostili: perché frutto di un incontro fraterno, in cui si ricerca il bene di tutti, e non di un incontro squilibrato (cioè, in realtà, di uno scontro di culture), in cui si cerca il bene solo di una parte (quella più forte).

I presupposti, dunque, della visione ecclesiale di Comboni nel “Piano” si possono riassumere in queste sue parole-simbolo, ancora attualissime: unità, utilità, semplicità.

L’approccio del Piano
Tale approccio del “Piano” è in effetti tanto più attuale oggi, in un mondo globalizzato e interdipen­dente (molto più di quanto non fosse nel XIX secolo), perché indica l’unica via possibile per uno sviluppo unitario ma non uniforme del genere umano, su un piano di nonviolenza e di condivisione sempre rispettosa dell’altro. L’approccio del “Piano” demistifica due prospettive che costituiscono, oggi, i due rischi maggiori di disumanizzazione: da una parte dinamiche di sviluppo diseguale, con logiche (come quelle del neoliberalismo) che tendono ad aumentare la forbice della ricchezza, con chiusure comunitariste e xenofobe, con il rifiuto della uguaglianza in diritti e in dignità personale; dall’altra un’occidentalizzazione culturale feroce, come massiccio diserbamento di ogni cultura locale, come omologazione universale, come mcdonaldizzazione del mondo.

Questo approccio del “Piano”, che appare in sintonia profetica con l’insegnamento sociale della Chiesa (e si pensi, solo, agli attuali indirizzi di papa Francesco), pur essendo stato formulato in un periodo in cui questa stessa espressione di “insegnamento sociale della Chiesa” non esisteva ancora, era, per Comboni, una conseguenza di una visione ecclesiale che si doveva radicare nel Vangelo di liberazione di Gesù di Nazareth. Al Vangelo va dunque, ancor oggi, sempre riportato, per meglio comprenderlo e attualizzarlo in fedeltà al carisma: è questo un essenziale criterio ermeneutico nella lettura odierna del “Piano”.

Di conseguenza, alcuni tratti essenziali della visione ecclesiologica del “Piano” (che, all’epoca, non erano per nulla né maggioritari né scontati, anche se potevano ricollegarsi ad una tradizione significativa di Propaganda Fide) appaiono profetici e, ancor oggi, portatori di rinnovamento evangelico: l’Implantatio Ecclesiae come fondazione di vere Chiese locali, con un clero indigeno; la parità di genere, in ogni ambito significativo, specialmente spirituale e di vita cristiana; l’importanza – ad intra e ad extra – del laicato cattolico.

Un discorso ampio, fecondo e ricco di possibili nuovi sviluppi – ma che mi limiterò, in questa sede, solo ad accennare – è infine quello dell’impianto pedagogico del “Piano” che, con originalità, combina elementi diversi: la portata emancipatrice dell’ istruzione per tutti; l’educazione come carità intellettuale; la pedagogia degli oppressi.

Visione ecclesiale armonicamente unitaria
Proprio tale impianto pedagogico consente una visione ecclesiale armonicamente unitaria – perché unitariamente fondata sulla “istituzione” (che significa formazione della coscienza) – di evangelizzazione e promozione umana: “L’istituzione che dovrà darsi a tutti gl’individui d’ambo i sessi appartenenti agli Istituti che circonderebbero l’Africa, sarà d’infonder loro nell’animo e radicarvi lo spirito di Gesù Cristo, l’integrità dei costumi, la fermezza della Fede, le massime della morale cristiana, la cognizione del catechismo cattolico, e i primi rudimenti dello scibile umano di prima necessità” (S 826).
Prof. Fulvio De Giorgi
(Consiglio di Direzione di Archivio Comboniano)

Saluti da Franz Agreiter dall’Uganda

Franz

Ciao!

Io sto molto bene qui a Matani, solo il tempo vola e agosto è alle porte.

A Pasqua ci godiamo un paio di giorni di vacanza che fa molto bene ogni tanto. Si è lontani dal lavoro e si ha più tempo per se stessi.

Il mio passaporto è ancora a Kampala, ma mi è stato promesso che presto tutto sarà sistemato.

A breve incontrerò Elena, che verrà a Matany per un paio di giorni

Auguro a Te e a tutti ogni bene e una buona Santa Pasqua.

Cari saluti da Matany,

Franz

Alleluia, Alleluia!!!

Pascua LondresIl giorno della gioia é arrivato.

Cristo é risorto dalla morte!

Dobbiamo rallegrarci e guardare il futuro pieni di fiducia. Facciamo che questo tempo speciale sia il tempo della Fede e del incontro vero con il Signore Risorto. Che la gioia di questo meraviglioso evento riempa i nostri cuori e ci faccia brillare ogni giorno della nostra vita.

Acholi´s team