Popoli e Culture
Cosa attendono gli Acoli?
La scorsa domenica siamo entrati in un tempo molto importante per la chiesa cattolica: la Settimana Santa. Oggi è Sabato santo, giorno della grande attesa. Siamo molto felici di trascorrere questo bellissimo tempo liturgico fra la popolazione Acoli. Qui il modo in cui si celebra qualsiasi festa è incredibile. Si inizia dalla Domenica delle Palme. La chiesa era piena di gente, ciascuna di esse (dal più giovane al più anziano) teneva in mano, agitandolo, un rametto di palma. Era emozionante perché ci sembrava di essere presenti all’entrata di Gesù in Gerusalemme. Incredibile! La domenica delle palme il sacerdote ci ha fatto questa domanda: Voi cosa state aspettando? Cosa Vi aspettate da questa Settimana Santa? Cosa stanno attendendo gli Acoli? La gente di questo luogo sa quanto è importante la Resurrezione. Stanno aspettando Colui che è risorto dai morti. Stanno aspettando Colui che ha sofferto per salvarci dai nostri peccati e darci una vita nuova. Stanno aspettando Gesù che porta gioia e speranza. E noi Vi auguriamo tutto questo.
Vi auguriamo di incontrare Gesù che è risorto dai morti, Vi auguriamo di fermarVi e riflettere su questo grande mistero, riflettere su questo grande amore di Dio che ci ha donato suo Figlio il quale è morto per noi e i nostri peccati.
Gesù Vi dia la forza in questo Vostro percorso missionario, la forza per seguirlo ogni giorno e riempia di gioia, pace e speranza i Vostri cuori.
Buona Pasqua !!!
LMC di Gulu
Pasqua in Etiopia
Il cammino attraverso la Settimana Santa qui in Etiopia richiede di togliersi i calzari per sentire il suolo pietroso sui piedi nudi. Gli Etiopi non celebrano la Pasqua in modo puramente intellettuale, al contrario, essi hanno bisogno di viverla anche con il corpo. Essi manifestano il loro cammino spirituale nella settimana con espressioni tangibili che sono allo stesso tempo profonde e semplici: l’allegria nell’agitare gioiosamente le palme mentre il Re fa il suo ingresso a cavallo di un asino vero, i 10 chilometri di processione lungo le stazioni della via Crucis sotto un sole cocente, letteralmente scalando la collina del Calvario, le rievocazioni drammatiche che sono di complemento alle liturgie, le quattro lunghe ore di prostrazioni e preghiere nella giornata del Venerdì Santo per sentire la Passione nel proprio corpo. Ancora l’espressione di fede è segnata da una semplicità umile – le processioni che si svolgono nel fango lungo mandrie di bestiame, le croci disadorne composte da due pezzi di legno incrociati, fissati con un chiodo, il Battesimo della Domenica di Pasqua impartito da una ciotola di plastica in una piccola cappella dalle pareti di fango. Tutto qui è bello e ricco di significato allo stesso tempo. Perché la Passione di Gesù sia totalmente redentiva necessita di essere vissuta anche con il corpo.
Processione della Domenica delle Palme:
Via Crucis del Venerdì:
Vigilia di Pasqua e Domenica:
Mark & Maggie Banga
Laici Missionari Comboniani al servizio in Awassa, Ethiopia
I primi mesi in Etiopia
Sono arrivato in Etiopia i primi di gennaio. E’ iniziata qui la mia prima esperienza di missione! Ho lavorato inizialmente come fisioterapista nel centro sanitario di Bushullo, vicino ad Awassa (zona sud dell’Etiopia) dove vivono Maggi & Mark con i loro figli!
Attualmente questi primi mesi li trascorro ad Addis Abeba (presso la comunità MCCJ). Frequento un corso di Aramaico, la seconda lingua semitica più parlata nel mondo, dopo l’arabo. Il sistema di scrittura aramaica è chiamato fidel. Ogni parola è rappresentata da una sequenza di consonanti+vocali e ve ne sono più di 230! E’ motivo di grande soddisfazione per me essere riuscito a leggere qualche parola (finalmente!). Ovunque mi trovo cerco di capire i testi che mi circondano: sugli autobus, sui palazzi …. 😉
Terminata la scuola mi dedico al volontariato, sfruttando le mie capacità di fisioterapista e allo stesso tempo miglioro l’aramaico provando a comunicare con i pazientiJ. Qui la gente è molto cordiale con me, mi aiuta in tutto, è sempre sorridente e cordiale. E’ una gioia essere qui. Essi mi insegnano la loro cultura – attraverso la cerimonia del caffè o della enjera. Ho avuto modo di assistere anche alla festa del Timkat – una fra le più importanti della Chiesa ortodossa Etiope, che celebra l’Epifania e il Battesimo di Gesù. E’ molto interessante fare esperienza della varietà di chiese qui – la chiesa cattolica è solo l’1%, la più importante è la chiesa Ortodossa, cui si aggiungono le chiese protestanti e la religione islamica. La religione sembra essere una parte importante della vita di questa popolazione, anche nel linguaggio le espressioni più comuni includono la parola “Dio” – come per esempio la risposta ad un saluto è: “Sto bene, grazie a Dio”.
Sto facendo piano piano conoscenza di questo luogo, di questa gente, di questa cultura, di questa lingua. E, giorno dopo giorno, sono sempre più felice del fatto che Dio mi abbia portato fino a qui. 😉
Madzia Plekan. LMC in Etiopía
Sì significa No
“Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Rivoltosi al primo disse: “Figlio, vai a lavorare oggi nella vigna.” Il ragazzo rispose: “Non ne ho voglia.” Ma poi ci ripensò e vi andò. Rivoltosi al secondo gli fece la stessa domanda. Il ragazzo rispose: “Vado signore” ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? …” Matteo 21:28-31
Dopo la lettura di questa parabola una domenica durante la messa celebrata nella missione rurale di Dadim, il parroco, p. Antonio, missionario nigeriano, si immerse nella sua omelia sicuro di sé. Una vigna era difficile da immaginare lì in quella terra rossa arida nel sud dell’Etiopia. Quindi decise di cambiare i dettagli della parabola utilizzando immagini di vita quotidiana conosciute alla gente del posto. Dadim è una regione in cui si vive di pastorizia ed è ubicata in prossimità della frontiera con il Kenya, dove bovini e cammelli si muovono liberamente e la vita dei semi-nomadi Borana si svolge attendendo al proprio bestiame. Così p. Anthony decise di equiparare la storia a quella di un figlio cui viene richiesto di portare ad abbeverare il gregge. La storia era però la stessa: il primo figlio disse “No”, ma poi vi andò; il secondo figlio disse “Sì” ma poi non vi andò. In seguito egli chiese alla comunità raccolta “Chi dei due ha compiuto la volontà del genitore?” i parrocchiani risposero all’umanimità: “il secondo figlio!” Il parroco, un po’ confuso, raccontò di nuovo precisamente la storia. Tuttavia, la comunità non aveva capito male. Essi avevano risposto chiaramente – infine il secondo figlio aveva fatto ciò che era giusto.
Nella loro cultura, un “No” non è mai espresso, mai pronunciato o addirittura mai sussurrato. Per insultare qualcuno, rifiutare una richiesta, soprattutto nei confronti di un padre, è il massimo del disprezzo. L’unica risposta possibile è “Sì”. Ma il Tuo “Sì” deve voler dire “Sì” fra i Borana? La risposta sembra essere no. Si può concordare un orario di incontro e un luogo e mai presentarsi, si possono accettare taluni lavori e mai compierli, si può decidere di fermarsi e invece partire, o decidere di partire e invece restare. E’ possibile che realmente essi intendano dire di “Sì” con buone intenzioni, ma poi subentrano fattori che nel loro stile di vita difficile possono far fallire i loro piani così che molti “Sì” non sono in realtà mai portati a compimento. Dire “No” è così grave che anche facendo in seguito l’azione giusta, questa non può modificare in bene ciò che era l’atteggiamento sbagliato di origine.
Non si raggiunse un accordo tra il sacerdote (che era arrivato da poco tempo) e i parrocchiani. Per i Borana era l’atteggiamento iniziale del primo figlio che era sbagliato. Con quale audacia dire “No” a suo padre? Il lavoro del missionario presenta spesso queste situazioni di perplessità. Questa esperienza mi ha fatto venire in mente le diversità fra le culture e le sfide del messaggio evangelico in uno specifico contesto culturale. Forse p. Anthony ha imparato una lezione importante per il suo futuro lavoro con la comunità di quest’area, anche se è certo che egli spera ancora che il “Sì” si concretizzi autenticamente in azione ed impegno.
– Maggie
Maggie, Mark, Emebet, Isayas e Therese Banga, Laici Missionari Comboniani, Awassa, Etiopía