A volte, in ospedale, le giornate trascorrono immerse nella quotidianità, nel lavoro di routine. Spesso è difficile rompere la monotonia. Anche se abbiamo a che fare con persone diverse, si ripetono gli stessi momenti: il pianto, il disorientamento, l’attesa estenuante prima di un addio che non vogliamo, una diagnosi che ci blocca la vita, una solitudine indesiderata, un dolore persistente e cronico…
In mezzo a tutta questa sofferenza, e nel contesto del tempo pasquale che stiamo celebrando, mi chiedo sempre di nuovo: dove sei, Signore? Come posso vederti e scoprirti risorto? Quali segni di Vita posso trovare in mezzo a tanto dolore?
E poi ti vedo. Ti vedo in quelle parole piene di tenerezza che chiedono il permesso di pulire un paziente a letto, di fare un esame del sangue. Ti riconosco nelle mani che accarezzano con conforto le guance di chi soffre, negli occhi della persona costretta a letto che, con uno sguardo e un sorriso, ci dà il buongiorno. Sei nelle mani sempre pronte ad aiutare, in quelle che, nonostante la frenesia quotidiana, trovano il tempo di ascoltare.
Sì, Signore, tu abiti in tutte queste situazioni. Ed è lì che ti riconosco e ti vedo risorto, che dai VITA in mezzo a tante esperienze di morte che a volte dobbiamo vivere come operatori sanitari.
Esther Nieto, LMC