Commentario a Gv 15, 1-8: Quinta Domenica di Pasqua, maggio 2015
Se nella domenica scorsa Gesù usava un’immagine sorta del mondo culturale dei allevatori di bestiame (per costruire l’allegoria del Buon Pastore), quest’oggi l’immagine scelta è quella della vite, legata alla vita degli agricoltori della riva orientale del Mediterraneo, dove è cresciuto Gesù stesso. Oggi il vino è molto conosciuto e consumato ovunque e penso che, anche se molti no conoscono direttamente la pianta che produce questa deliziosa bevanda, l’immagine usata da Gesù diventa significativa per tutti noi, di qualunque cultura. Vediamo di usarla per approfondire il nostro discepolato:
- La vite, la pianta capace di trasformare gli elementi chimici in nuova vita
Gesù compara se stesso con la vite, che viene piantata e coltivata dal Padre perché dia buoni grappoli ‘uva. Gesù Cristo, con la sua personalità radicata nel Amore del Padre, passa ai suoi amici, comparati con i “rami” di un albero, la sua stessa vita ricevuta dal Padre, in modo che anche noi possano dare frutti abbondanti. Ci sono alcuni oggi che sembrano pensare che la vita può crescere e svilupparsi “autonomamente”, come se la vite potesse crescere e dare frutto senza una terra o senza un “coltivatore”. I discepoli di Gesù, invece, sappiamo molto bene che, senza l’amore fondante del Padre e senza la “vite” Gesù Cristo, noi non diamo frutto o i nostri frutti diventano acervi.
Altri, alcuni cristiani inclusi, sembrano confondere la Chiesa con una associazione politica, un’organizzazione umanitaria o un club di filosofi. Ma la Chiesa è, in primo luogo e soprattutto, la comunità di coloro, la cui vita è legata a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Certamente, la Chiesa è e fa molte cose: La Chiesa possiede, per esempio, molte scuole e ospedali, e porta avanti molte altre attività con effetti sociali, economici, culturale or anche politici… Ma non confondiamo le cose: La Chiesa è, in primo luogo, un spazio di fede e di relazione con il Padre per mezzo di Gesù Cristo. Se venisse a mancare questa fede, subito mancherebbe anche la Chiesa e i suoi frutti sociali.
2.- I tralci, che sorgendo dalla pianta e danno frutto
Gesù ci dice, che se Lui è la vite, noi siamo i tralci. San Paolo, usando un’altra immagine, dice che noi siamo i membri del suo corpo. Le due immagini sono molto efficaci per farci capire che senza Gesù noi non abbiamo vita né siamo capaci di dare frutto. Per questo dobbiamo evitare due pericoli:
-Rompersi, separarsi dalla pianta: Mi ricordo di quando ero giovane e accompagnavo mio padre a lavorare nella vigna. Quanta attenzione facevamo a non rompere y tralci, specialmente quelli molto carichi! Era tanto facile strapparli e perdere il promissorio frutto che portavano nella loro fragilità. La stesa cosa succede con noi, quando per incoscienza or orgoglio, arriviamo a pensare che possiamo arrangiarci fare da soli e ci separiamo da Gesù. Se cadiamo in questa tentazione, molto presto diventiamo secchi e sterili, incapaci di dare frutto o di maturare quelli che abbiamo già prodotto. E’ fondamentale rimanere uniti a Gesù nell’amore personale, nell’obbedienza ai suoi comandamenti, nella comunione ecclesiale, nella apertura allo Spirito Santo.
-Dimenticarsi la potatura: Gli agricoltori sanno molto bene che una vigna non potata diventa subito una vigna invecchiata e incapace di fare uve. Io stesso ricordo una vite che avevamo in una delle nostre comunità. Per qualche anno, nessuno si è preoccupato di potarla, con il risultato che, non solo non dava più uve, ma la vite stessa stava morendo. Quando abbiamo deciso di potarla, in molto poco tempo la vite si riprese vigorosamente e diede già al primo anno frutto abbondante. Il significato di questa allegoria per la nostra vita è molto chiaro, se vogliamo ascoltarlo: una vita che si “abbandona”, che non viene “potata” mediante la preghiera, l’ascolto della parola, il discepolato continuo… è una vita che diventa sterile e muore.
La vita e la missione del discepolo trovano la sua forza nella unione con Gesù; questa vita non darà frutto e muore, se non viene continuamente coltivata con l’ascolto della Parola, l’apertura allo Spirito, l’obbedienza ai comandamenti, la fedeltà alla comunità…
3.- Il frutto: l’uva che produce il vino, capace di trasformare la vita in un banchetto di festa
Tutti noi vogliamo dare frutto, essere portatori di vita per noi e per gli altri. Ma bisogna ricordare che il frutto non è qualcosa di artificiale che si può “appicciare “dal esterno sui rami degli alberi. Il frutto non viene dall’esterno ma dall’interno. Soltanto la vita interiore della pianta può portare la pianta a dare frutto. Lo stesso succede con il discepolo/discepola: darà frutto soltanto se ha una vita interiore, una relazione profonda con Gesù Cristo, e se si fa potare dal Padre continuamente. Se così fa, la sua vita darà molti frutti, come dice S. Paolo, frutti di bontà e generosità, di gioia e di pace, di umiltà e di servizio… frutti di vita nuova, la cui radice sta in Gesù Cristo, e i cui rami sono continuamente potati e coltivati dal Padre mediante il suo Spirito.
P. Antonio Villarino
Roma