Laici Missionari Comboniani

Il Pastore che ci conosce personalmente

Commentario a Gv 10, 11-18: Quarta DOMENICA di Pasqua, 26 aprile 2015

Leggiamo oggi il capitolo decimo del vangelo di Giovanni, che ci riferisce l’allegoria del Buon Pastore, un’immagine molto significativa per i popoli antichi, che dipendevano molto da pecore, capre e vacche. Noi che abitiamo maggiormente in grandi città non abbiamo esperienza diretta dell’importanza dei pastori, ma l’immagine rimane comunque assai ricca a ispiratrice anche per noi. A questo proposito, vorrei offrirvi tre punti di meditazione:

P10104231.- Il salariato e il pastore “di-centrato”
Gesù, camminando per i popoli e le città della Galilea e della Giudea, osservava, come lo facciamo noi oggi, che c’erano molti “salariati”, persone che lavoravano “solo per la paga”, che erano centrate su se stessi, sul suo denaro, il suo prestigio, la sua fama… senza interessarsi veramente a le persone che dovevano servire e che “andavano come pecore senza pastore”: molti politici pensavano più ai suoi interessi che a organizzare onestamente la società; molti genitori erano più preoccupati della loro “auto-realizzazione” e immagine che della vocazione dei loro figli; molti dirigenti religiosi agivano, non a partire dal cuore di Dio, ma come “salariati”, più preoccupati di accumulare ricchezza, onori o potere che di cercare il bene integrale delle persone.
Di fronte a questa situazione, Gesù, Figlio amato dal Padre, che da tempo si era dichiarato, attraverso i profeti, “pastore del suo popolo” (Ezechiele 34, salmo 23), si presenta come un pastore “di-centrato”, il cui centro non è lui stesso ma le “pecore” del suo Padre: malati, peccatori, discepoli… Per Lui le persone non sono strumentali ad altri fini: personali, politici, religiosi… Per Lui le persone sono, in primo luogo, figli del Padre, e non dubita di metterli al centro della su vita, disposto anche a sacrificarla per loro, libera e gratuitamente.
A me questa riflessione mi porta a due conclusioni:
– Gesù è il vero pastore della mia vita. Nessun’altro. Certo, tutti abbiamo bisogno degli altri: famigliari, amici, professori, politici, dottori, preti… Tutti loro sono, in qualche modo, “pastori” della nostra vita. Ma per me una cosa è chiara: Solo Gesù è la persona in cui io metto tutta la mia fiducia. Da lui mi faccio guidare ed amare, sicuro che mi porterà a buoni “pasti”: Parole di Verità e Amore gratuito e incondizionato. Questo fa di me una persona libera, che non si lascia trascinare dalla voce di molti pretesi pastori che vogliono usarmi come strumento per il suo interesse e gloria.
-Anche io mi sento chiamato a diventare pastore “di-centrato”. Anche io sono chiamato a fare il pastore, stile Gesù, con altri a altre. Guardando Gesù voglio imparare a pensare negli altri, non come strumenti per la mia auto-realizzazione, ma come persone con vita e vocazione propria, a cui io posso contribuire con parole e azioni e, soprattutto, con affetto sincero e testimonianza umile.

aaa2.- Conoscere ed essere conosciuto: “Io conosco le mie pecore, come il Padre mi conosce”
Lo scrittore uruguayano, Eduardo Galeano, racconta la storia di un ragazzo che, solo in ospedale nella vigilia di Natale, dice a un dottore che lo saluta prima di andarsene a casa: “Dite a qualcuno che io sono qui”… Penso che anche a voi ha colpito vedere come la gente saluta con tanto entusiasmo quando s’accorgono di essere stati ripresi dalla televisione in un atto pubblico. Mi pare che la ragione è che siamo fatti per essere “qualcuno” agli occhi di qualcuno, per essere guardati, riconosciuti da qualcuno. Senza lo sguardo di qualcuno su di noi ci sentiamo persi, insignificanti, abbandonati, come “pecore” senza un pastore che li guardi. A volte possiamo sentirci soli e che neanche le persone più vicine a noi ci conoscono veramente o ci conoscono solo “dal di fuori”.
Quello che Gesù ci dice oggi è che Lui ci conosce, che noi non siamo anonimi, persi nella massa; che siamo QUALCUNO per Lui. Gesù mi assicura che mi conosce dal di dentro e che ha con me la stessa relazione che il Padre ha con Lui: di conoscenza vera, di amore limpido, di mutua appartenenza.

P10202723.-Una comunità non esclusiva né escludente
La comunità dei discepoli di Gesù è precisamente quel gruppo di persone, in cui ognuno à conosciuto e accettato per quello che è, senza maschere, molto aldilà del suo valore “strumentale”. In una comunità cristiana le persone non vengono misurate per la sua utilità, ma per il suo essere figli amati dal Padre. In questo senso, è bello quando in una comunità, dopo la Messa, le persone rimangono salutarsi a vicenda, conoscersi e diventare qualcuno importante in mezzo ad altri ugualmente “importanti ”.
Questa comunità di persone “conosciute” dal Pastore Gesù è una comunità aperta, no esclusiva né escludente; sempre disponibile ad accettare altre “pecore”, non perché vogliamo accrescere i numeri (per potere e prestigio), ma perché vogliamo che tutti godano di questo meraviglioso Pastore e perché con Lui anche noi siamo diventati pastori-missionari “di-centrati”, perché altri “abbiano vita a l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).

P. Antonio Villarino
Roma

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