Laici Missionari Comboniani

Messaggio in occasione della Solennità del Sacro Cuore di Gesù

SC

Formarsi è configurarsi al Cuore di Gesù Buon Pastore

SC

“Qual è il tuo nome?… Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te” (Marco 5,9ss)

“Nel mistero del Cuore di Cristo, il comboniano contempla, nella loro espressione più piena, gli atteggiamenti interiori di Cristo e li assume: la sua donazione incondizionata al Padre, l’universalità del suo amore per il mondo e il suo coinvolgimento nel dolore e nella povertà degli uomini” (RV 3.2)

“La formazione deve operare prioritariamente sulle motivazioni interiori e deve educare ad affrontare con creatività, competenza e malleabilità le sfide che emergono dalle nuove situazioni” (Ratio Fundamentalis 113)

Carissimi confratelli,

In comunione con tutta l’umanità, quest’anno celebriamo la solennità del Sacro Cuore di Gesù in un contesto particolare segnato dalla pandemia del COVID-19 che sta tuttora causando tanta tragedia e tanto dolore nel mondo intero. Con fiducia in Dio, rivolgiamo a tutto l’Istituto l’invito a contemplare il Cuore di Gesù aprendo i nostri cuori al mistero del suo amore affinché questo mistero possa toccarci profondamente, liberarci da tutte le forze che ci tengono rinchiusi o isolati e aiutarci ad essere fedeli alla nostra consacrazione e missione.

Come discepoli missionari entriamo nella scuola del Cuore di Gesù che nella sua umanità ci rivela il Cuore di Dio – il Cuore del Buon Pastore che esce, si avvicina ai poveri, ai sofferenti e agli emarginati invitandoli ad uscire dal loro isolamento, dalla loro incomunicabilità, abilitati ad una comunicazione e ad un incontro di qualità con Dio, con gli altri e con il creato. Si tratta di partecipare all’amore che sempre si comunica, sempre comunica e che, se viene ricevuto dall’amato, sempre dà vita, fa crescere ed educa nel senso del latino educere che significa far emergere ciò che c’è di meglio nell’essere umano.

È importante notare che questo incontro con Cristo mette in moto un processo di conversione, di formazione e trasformazione o, meglio ancora, di “Cristificazione” che dura tutta la vita e che deve toccare il cuore. Il contenuto della nostra formazione iniziale e permanente è la santità e la trasformazione della persona in Gesù Cristo per il duplice orientamento complementare della sequela e imitatio Christi. Dunque, il convertirsi in un altro Cristo è per noi un privilegio della misericordia e grazia di Dio e, al contempo, una responsabilità che impegna alla coerenza di vita con la domanda pressante e incessante: “Che avrebbero fatto Cristo e Comboni in questa mia stessa situazione storica?”.

È Cristo con il suo cuore misericordioso che prende l’iniziativa e ci viene incontro chiedendo a ognuno di noi Qual è il tuo nome?”,come ha fatto con l’indemoniato nel passo citato sopra.Conoscere il nome di qualcuno, secondo la mentalità ebraica, significa entrare nel profondo della sua realtà personale. Questa domanda mostra il suo interesse per noi come persone amate da Dio e ci aiuta, da una parte, a fare una rilettura di ciò che c’è dentro e attorno a noi per scoprire ciò che ci sta a cuore, chi siamo realmente e, dall’altra, ci manifesta il Cuore di Cristo pieno di amore, compassione, accoglienza e tenerezza.

In quanto Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, nel cammino della formazione inziale così come in quello della formazione permanente, coltivare, approfondire, contestualizzare la nostra spiritualità del Cuore di Gesù rimane l’impegno personale e dell’Istituto, affinché tutta la nostra vita aderisca sempre più al “programma” contenuto nel nostro nome.

È Cristo che, con il suo cuore accogliente, mostra piena fiducia nell’altro, in qualsiasi situazione si trovi, lo valorizza e lo restituisce alla comunità, alla sua casa, simbolo del luogo della speranza, della cordialità e del calore umano. La vita è fatta di comunicazione e relazione di qualità. San Daniele Comboni parla dell’Istituto “come Cenacolo di Apostoli, un punto luminoso che manda altrettanti raggi che splendono, riscaldano, e rivelano insieme la natura del Centro da cui emanano” (cfr. Scritti 2648). L’augurio è che il Cuore di Gesù sia veramente il Centro di comunicazione tra tutti i confratelli e che possiamo fare della comunicazione fraterna uno strumento per costruire ponti, per unire e condividere la bellezza di essere fratelli in missione in un tempo segnato da contrasti, divisione e indifferenza.

In fine, riflettendo quest’anno sul tema della ministerialità nell’Istituto, preghiamo perché la contemplazione del Cuore di Gesù possa aiutarci a vivere la missione non superficialmente come un ruolo da svolgere ma come servizio al Regno di Dio e come espressione di un processo di kenosi e di decentramento. Buona Solennità del Sacro Cuore di Gesù a tutti voi!

Il Segretario Generale della Formazione e il Consiglio Generale MCCJ

Messaggio di solidarietà alla Famiglia Comboniana nell’emergenza coronavirus

Comboni
Comboni

Roma, 15 marzo 2020

Giorno della nascita di San Daniele Comboni

”… sento un’ oppressione al cuore e sono costretto a volare in cielo colle mie idee, e riflettere che avete un appoggio più sublime, sicuro, ed infallibile del mio, cioè, siete meglio appoggiati sotto la custodia di Dio, che sotto la mia” (S 219)

S. Daniele Comboni a suo padre per la mamma ammalata

Carissimi sorelle e fratelli,

Vi salutiamo con affetto in questo momento di emergenza che, nel nome del nostro Signore Gesù e insieme al nostro Padre San Daniele Comboni, ci unisce maggiormente come Famiglia Comboniana. 

Viviamo in una situazione senza precedenti, causata dalla pandemia di coronavirus, che è già presente in più di 100 paesi dei cinque continenti. Uno dei paesi più colpiti è l’Italia, che sta combattendo con tutti i mezzi possibili per fermare i contagi. I più vulnerabili agli effetti di questo virus sono gli anziani o coloro che soffrono di malattie croniche, categoria in cui rientrano diversi dei nostri fratelli e sorelle.

Questa situazione inaspettata ci ha lasciato perplessi e ha sconvolto tutti i nostri piani. Siamo stati costretti ad adottare misure preventive molto severe in seguito alle indicazioni delle autorità competenti.  Quest’anno viviamo la Quaresima in un modo molto speciale, ma il Signore ci accompagna in questa realtà sconosciuta per la quale nessuno di noi era preparato. Eppure, nella debolezza, nella confusione, nella paura, Cristo si manifesta nella croce, soffre e muore per tutta l’umanità:  “dalle sue piaghe siete stati guariti” (1 Pe 2, 24). Ma al di là della croce noi crediamo che con la Sua Resurrezione si aprono le porte della Vita nella sua pienezza: “perché abbiano la vita e l’abbiano in sovrabbondanza” (Gv 10, 10). Inoltre, entro questo limite imposto, siamo chiamati a vivere la nostra missione: innanzitutto condividendo la vita dei nostri popoli in solidarietà con la realtà che vivono come segno di speranza. In secondo luogo, anche se non possiamo svolgere, in alcune parti del mondo, celebrazioni liturgiche e pregare con la gente, possiamo intensificare la nostra vita di preghiera personale e comunitaria cercando Dio che ci parla dal profondo.

Questo virus ha abbattuto le barriere e i confini fra popoli e nazioni. Tutta l’umanità si sente unita nella stessa lotta per fermarlo. Tuttavia, è un momento per scoprire la nostra vulnerabilità. Al di là delle nostre culture e nazionalità, siamo tutti fratelli e sorelle di un’unica famiglia umana pellegrina con un destino comune. Per questo sentiamo che, come famiglia comboniana, oggi più che mai, siamo chiamati  a vivere più uniti, pregando gli uni per le altre, con uno sguardo attento a ciò che accade in tutto il mondo perché è parte del nostro carisma. Davanti all’impotenza di non potere aiutare in questo momento chi ha più bisogno, ricordiamo le parole di San Daniele Comboni:  “L’onnipotenza della preghiera è la nostra forza” (S 1969). Che questa crisi ci aiuti a riconoscere ciò che è essenziale nella nostra vita e a metterci nelle mani di Dio. 

Seguiamo con attenzione l’evoluzione della situazione. Imploriamo il Signore della Vita di proteggere tutti i suoi figli e le sue figlie in questo tempo di incertezza. Ringraziamo il Signore per il coraggio di tutti coloro che si prendono cura dei malati e soprattutto di quelli che vivono nelle nostre case di riposo. Preghiamo anche per tutti quelli che sono più vulnerabili agli effetti di questo virus: le persone anziane e sole, i migranti, i senza tetto e i carcerati. Che il Signore ci dia tutte le forze per vivere questo momento in modo responsabile, nella solidarietà e nella fede.

Novena Comboniana

O Padre,

che mostri la tua infinita carità

nell’opera di chi ha dato la vita

per le sorelle e i fratelli sofferenti,

ti chiediamo per intercessione dei nostri Venerabili

Giuseppe Ambrosoli e Giuseppa Scandola,

di liberare il mondo dal flagello del virus

che raggiunge popoli e continenti

seminando morte, sofferenza, paura, disagio.

O Padre,

mostraci il tuo Volto di misericordia

e salvaci nel tuo immenso amore per l’umanità tutta.

Te lo chiediamo per intercessione di Maria,

Madre della salute,

Tu che vivi e regni con tuo Figlio Gesù e lo Spirito Santo

nei secoli dei secoli. Amen.

Gloria.

Consiglio Generale delle SMC

Consiglio Generale dei MCCJ

Consiglio Centrale delle MSC

Commissione Centrale LMC

Oggi è un giorno pieno di gioia!

Asamblea LMC
Logo LMC

“La gioia del Vangelo riempie i cuori e le vite di tutti coloro che incontrano Gesù. Coloro che accettano la sua offerta di salvezza sono liberati dal peccato, dal dolore, dal vuoto interiore e dalla solitudine. Con Cristo la gioia nasce continuamente di nuovo. Desidero incoraggiare i fedeli cristiani a intraprendere un nuovo capitolo dell’evangelizzazione segnato da questa gioia. ”(Evangelii Gaudium, 1)

Oggi è un giorno pieno di gioia!

In questa domenica la parola centrale è Gaudete. Gaudete è la parola latina che significa “rallegrarsi”, e questa domenica siamo chiamati a sospendere il nostro Avvento per ricordare la gioia e l’anticipazione della Redenzione Promessa. Nella prima antifona della Messa di oggi abbiamo potuto ascoltare “Rallegrati sempre nel Signore. Lo dirò di nuovo: rallegrati! ”(Filippesi 4, 4). Queste parole dovrebbero accompagnarci in ogni momento, in ogni situazione, anche se a volte non è così facile.

E per noi come LMC c’ è anche un altro motivo per gioire oggi. L’anno scorso durante l’assemblea internazionale del LMC a Roma è stato deciso che la terza domenica di Avvento sarà la nostra festa, quando potremo riunirci anche con altri membri della Famiglia Comboniana per celebrarla insieme.

Asamblea LMC

Questa giornata può essere molto stimolante per noi come missionari. Nell’esortazione apostolica di Papa Francesco “Evangelii Gaudium” è scritto molto chiaramente come siano collegati la gioia e la missione.

Prima di tutto dobbiamo ricordare la fonte della gioia. La vera gioia cristiana è diversa da quella che offre il mondo. Viene solo dall’incontro personale con Gesù Cristo, che deve essere rinnovato ogni giorno senza sosta. La presenza di Dio nelle nostre vite e il suo amore incondizionato rafforza questa gioia. I cristiani devono essere persone piene di gioia e in grado di irradiarla intorno a loro. Non possiamo mantenere questa gioia solo per noi stessi. Siamo chiamati a condividerla con gli altri affinché possa raggiungere tutti, specialmente quelli più poveri e abbandonati che potrebbero rischiano di essere oppressi dalle mille difficoltà delle loro vite. Questo è il cuore della missione indipendentemente dal luogo in cui ci troviamo.

Asamblea LMC

Nell’omelia d’apertura del mese missionario straordinario, Papa Francesco ha pronunciato belle parole su questo argomento. Forse alcuni di voi le avranno già sentite, ma è comunque bene riprenderle e rifletterci su ancora: “Possiamo noi, che abbiamo scoperto di essere figli del Padre celeste, tacere la gioia di essere amati, la certezza di essere preziosi agli occhi di Dio? Questo è un messaggio che molte persone stanno aspettando di sentire. Ed è nostra responsabilità. Chiediamoci: quanto sono bravo come testimone?

Pecchiamo di omissione, e quindi contro la missione, ogni volta che, anziché diffondere gioia, pensiamo a noi stessi come vittime, o pensiamo che nessuno ci ami o ci capisca. Pecchiamo contro la missione quando ci tiriamo indietro dicendo: “Non posso farlo: non sono all’altezza”. Come può essere? Dio ti ha dato talenti, ma ti ritieni così povero da non poter arricchire una sola persona? Pecchiamo contro la missione quando ci lamentiamo e continuiamo a dire che tutto sta andando di male in peggio, nel mondo e nella Chiesa. Pecchiamo contro la missione quando diventiamo schiavi delle paure che ci immobilizzano quando ci lasciamo paralizzare pensando che “le cose non cambieranno mai”. Pecchiamo contro la missione quando viviamo la vita come un peso e non come un dono, quando mettiamo al centro noi stessi e le nostre preoccupazioni e non i nostri fratelli e sorelle che aspettano di essere amati ”.

Asamblea LMC

Oggi è una bella giornata di festa in comunione con tutti gli altri LMC nel mondo. Ma è anche una buona giornata per riflettere personalmente e condividere nei gruppi:

  • Oggi è una bella giornata di festa in comunione con tutti gli altri LMC nel mondo. Ma è anche una buona giornata per riflettere personalmente e condividere nei gruppi:
  • In che modo Dio mi invita a ritornare alla fonte della mia gioia?
  • Come sto coltivando la fonte della mia gioia, il mio rapporto con Gesù?
  • Sto vivendo la mia vita quotidiana in un modo che permette alla bontà del Vangelo di diffondersi agli altri?

Mentre riflettiamo su queste domande, ricordiamo che la gioia stessa è un segno sicuro che il Vangelo viene proclamato e che porta frutto (Evangelii Gaudium # 21). Possa tutto il nostro ministero essere pieno della gioia del Vangelo che fonda le sue radici nei nostri incontri personali con Gesù.

Asamblea LMC

Celebrare la memoria della vera nascita di san Daniele Comboni

Comboni

DARE LA VITA PERCHÉ TUTTI ABBIANO VITA

Solennità di san Daniele Comboni

10 ottobre 2018

“Io sono il Buon Pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore”
(Gv 10,14-16)

Comboni

Cari confratelli,
Celebrare la memoria della vera nascita di san Daniele Comboni ci introduce nel grande mistero della vita del Buon Pastore dal cuore trafitto che ha donato la sua vita perché tutti abbiano vita e vita in abbondanza, soprattutto quelli che ancora non appartengono alla mensa del corpo di Cristo, i più poveri e abbandonati, perché diventino un solo gregge e un solo pastore.

Noi Missionari Comboniani, fedeli a questa tradizione, al carisma e alla pratica pastorale del nostro Fondatore, siamo invitati a rinnovarci in questo impegno missionario ogni giorno per “essere nelle frontiere testimoni e profeti di relazioni fraterne, basate sul perdono, la misericordia e la gioia del Vangelo” (AC ’15 n. 1).

La missione alla frontiera richiedeva da Comboni la capacità di rimanere saldo in tempi difficili e la fedeltà al prezzo della vita stessa, perché aveva lo sguardo nel cuore trafitto del Crocifisso, una visione di fede degli eventi e l’abbraccio alla Nigrizia con un cuore segnato dall’amore divino. Una santità incarnata che percorre i sentieri della povertà e dell’emarginazione umana, accogliendo l’altro, i diversi, i poveri, in un abbraccio di comunione e di dialogo; una santità che è la passione divina che vive in un cuore umano.

È questo che abbiamo cercato di esprimere nella riflessione e nella preghiera all’Intercapitolare che abbiamo da poco concluso. Siamo stati costantemente attenti alla voce delle vittime, degli emarginati, di grandi moltitudini di esseri umani la cui vita si vede minacciata da un sistema senza cuore che produce la morte anticipata e violenta dei più deboli.

Questa realtà continua ad interpellare profeticamente la nostra presenza e la qualità del nostro servizio missionario come ha interpellato Comboni nel suo tempo. Per rispondere, però, a queste sfide, abbiamo bisogno di avvicinarci, ogni giorno, al mistero dell’amore di Dio, rivelato in Gesù Cristo, con lo spirito, lo sguardo e il cuore di Comboni, con un cuore aperto e traboccante di amore e di misericordia del Trafitto e, come Lui, lasciarci trafiggere da tante situazioni di povertà e abbandono.

Per san Daniele Comboni era chiaro che la contemplazione del mistero di Dio, crocifisso per amore, aveva come scopo condurre i suoi missionari ad un modo di essere missione per testimoniare una vita vissuta in ‘spirito e verità’, frutto di una preghiera succosa e concludente, della pratica dell’umiltà e dell’obbedienza, come segni di una spiritualità profondamente comboniana. Ossia, irradiare con la nostra vita il mistero di Dio Crocifisso per avvicinare a Cristo, fonte della Vita, tutti coloro che hanno fame e sete di giustizia.

È con questi sentimenti che vogliamo celebrare questa solennità di san Daniele Comboni come Famiglia Comboniana. Entrare in questo mistero del Buon Pastore dal cuore trafitto e bere la linfa che ci rinnova, che ci fa guardare la realtà con gli occhi della fede, della speranza e della carità, che ci guarisce e ci umanizza, che ci fa diventare missione, “cenacolo di apostoli”, dono per gli altri. “Io prendo a far causa comune con ognuno di voi, e il più felice dei miei giorni sarà quello in cui potrò dare la vita per voi” (S 3159).

Che san Daniele Comboni interceda presso il Padre per ognuno di noi, per tutta la Famiglia Comboniana e per le missioni che in questo momento si trovano in situazioni difficili: Eritrea, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centroafricana.

Buona Festa a tutti.
P. Tesfaye Tadesse Gebresilasie
P. Jeremias dos Santos Martins
P. Pietro Ciuciulla
P. Alcides Costa
Fr. Alberto Lamana

Jesús Ruiz Molina, vescovo ausiliare di Bangassou

Jesus Ruiz Il missionario comboniano spagnolo Jesús Ruiz Molina è stato ordinato vescovo ausiliare di Bangassou lo scorso 12 novembre nella Repubblica Centroafricana. La celebrazione ha avuto luogo a Bangui, perché la sua nuova città è raggiungibile solo in elicottero. In realtà, le autorità politiche e altri invitati non volevano andare a Bangassou a causa dell’insicurezza della zona. Dopo il Ciad e la città centroafricana di Mongoumba, Jesús Molina ha accettato di essere destinato in una località gravemente colpita dalla violenza di una guerriglia senza fine, per collaborare con il vescovo titolare Juan José Aguirre Muñoz, altro comboniano spagnolo, trovare strade per la pace e la riconciliazione e per servire i più poveri.

Dopo 25 anni in Africa, lei è stato nominato vescovo…

Jesus Ruiz

È stata una doccia fredda, anzi gelata, perché non mi sento degno né umanamente attratto. Alla fine di quest’anno avevo previsto il mio rientro in Spagna per lavorare nella pastorale vocazionale e con Giustizia e Pace; allo stesso tempo avrei potuto occuparmi dei miei anziani genitori e rimettermi un po’ in forma in tutti i sensi. Affidandomi a Dio ho detto sì e questo ha cambiato completamente la mia vita, che è già unita a questo popolo in forma sacramentale fino alla fine.

Bangassou è la zona dell’Africa più complessa nella quale è stato?

Ho vissuto 15 anni nella savana del Ciad in un contesto difficile, con carestie e guerre. Ho passato questi ultimi nove anni nella selva con i pigmei e con una popolazione poverissima. Bangassou in questo momento è una delle zone più in guerra dell’Africa. Vi si può arrivare solo in elicottero; le dodici parrocchie che abbiamo sono state saccheggiate dai 14 gruppi armati che si contendono il paese. La violenza e i massacri sono all’ordine del giorno. La maggior parte della popolazione è sfollata e la maggior parte dei sacerdoti e delle suore sono fuggiti. Nella cattedrale abbiamo passato quattro mesi senza celebrare la Messa perché abbiamo accolto 2100 rifugiati musulmani che gli antibalaka vogliono uccidere. Nessun funzionario dello stato accetta di venire qui. Per questo abbiamo deciso di celebrare la mia consacrazione episcopale a Bangui. La mia gente di Bangassou non potrà essere presente ma l’8 dicembre celebreremo una Messa di rendimento di grazie, per ringraziare Dio che non ci abbandona nel nostro dolore.

¿Quale deve essere, secondo lei, la missione di un vescovo in un luogo come Bangassou e, in concreto, la sua?

Non ho nessun piano prestabilito. Vado per stare con questa gente che soffre. Per me, essere vescovo non è una promozione, è la fiducia in Colui che amo e che mi invita a seguirlo sul cammino che sale a Gerusalemme: “Vieni e seguimi”. Non ho mai studiato per essere vescovo, la gente mi insegnerà. Il vescovo è colui che non abbandona il gregge quando arriva il lupo, che veglia su tutti, quelli di dentro e quelli di fuori, che denuncia la morte dell’ingiustizia e annuncia la salvezza che è vita in Gesù Cristo. Oggi a Bangassou abbiamo bisogno di pace, di molta pace per curare le tante ferite del corpo e, soprattutto, dello spirito; abbiamo bisogno di riconciliarci e di perdonarci; abbiamo bisogno di costruire assieme un futuro per questa popolazione che è traumatizzata, per questo continueremo a sforzarci per mettere in piedi le scuole, curare gli ammalati, occuparci degli ultimi e degli abbandonati; staremo dalla parte dei più deboli, lavoreremo per la giustizia, unica garanzia di una pace autentica, e in tutto ciò continueremo ad annunciare la buona notizia di Gesù, che è venuto perché abbiamo la vita e vita in abbondanza. Al mio popolo oggi hanno strappato questa vita.

Lei ha Mons. Aguirre e il card. Nzapalainga come referenti…

Indubbiamente avere dei referenti come Aguirre o il card. Nzapalainga, che quotidianamente incarnano il Vangelo, mi incoraggia e mi stimola nella mia condizione di novizio. Ma sono tanti i maestri che mi incoraggiano, dalle suore che lavorano dalla mattina alla sera in mezzo ad una violenza enorme ai preti locali che rischiano la loro vita pur di salvare qualcuno; quei cristiani che vivono la misericordia nel quotidiano… il popolo di Dio è un grande stimolo per un pastore, il popolo ci insegna ad essere pastori.

Lei è sempre stato accanto ai poveri, è questa la sua opzione preferenziale?

Jesus Ruiz

Questa opzione preferenziale per gli ultimi, quelli che non contano, gli scartati, come dice il Papa, viene da Gesù di Nazareth. Gesù ci ha mostrato un Dio imparziale che si china gratuitamente e amorevolmente verso quelli che il mondo disprezza. E io, che sono uno che ricerca sempre e non è mai soddisfatto, ho scoperto che proprio in ciò che questo mondo disprezza si trova il vero volto di Dio. I poveri, gli umili, gli affamati, quelli che piangono, i perseguitati, quelli che invocano giustizia… sono loro la Bibbia fatta carne. Ho ricevuto questo grande tesoro di poterli servire un po’ e sono contento di essere il grande beneficiario, poiché sono i poveri che mi danno Dio.

Come missionario comboniano il suo legame con l’Africa è molto forte. È ancora il continente dimenticato del nostro tempo?

L’Africa non conta nell’organigramma economico mondiale; il terribile attentato di Barcellona è stata una notizia internazionale, eppure, lo stesso giorno, centinaia di persone assassinate nella mia diocesi non hanno avuto neanche una riga dalla stampa. Un sottile neocolonialismo si impone oggi in Africa; le potenze mondiali si contendono senza scrupolo le sue ricchezze, provocando guerre, distruggendo culture, sterminando intere popolazioni… Ma l’Africa è vita con la maiuscola. L’origine dell’umanità è in Africa e, ripeto, il futuro di questa umanità passa per l’Africa.

Jesus Ruiz Vescovi della Repubblica Centroafricana.